Raid su Gaza, è strage di bambini.

Raid su Gaza, è strage di bambini
di Michele Giorgio

da www.ilmanifesto.it del 29/02/2008

Quattro bimbi uccisi dall’aviazione israeliana mentre giocavano a
pallone. Trenta palestinesi morti in 48 ore di attacchi. I razzi
qassam di Hamas raggiungono Ashqelon. Il premier Olmert s’allinea a
Barak, soltanto il ministro Shitrit contrario: l’invasione della
Striscia sembra inevitabile

Rioccupare Gaza o continuare l’ondata di attacchi aerei di questi
ultimi giorni? Su questo interrogativo si spacca l’establishment
politico-militare israeliano anche se il partito dell’invasione della
Striscia si rafforza sotto la pressione di giornali e televisioni. Si
dice che sia rimasto solo il ministro dell’interno Meir Shitrit a
respingere con forza l’idea di una rioccupazione militare del lembo di
terra palestinese evacuato da Israele nel 2005. A Gaza in ogni caso le
discussioni all’interno dell’esecutivo israeliano contano ben poco,
perché il bagno di sangue è immenso e la gente attende il compiersi di
un disegno noto da tempo. Tra mercoledì e giovedì almeno 28
palestinesi sono rimasti uccisi nei raid israeliani, 13 dei quali
ieri, tra cui altri quattro bambini. Un’escalation che non risparmia
la Cisgiordania: ieri altri due militanti dell’Intifada sono stati
uccisi a Nablus. Hamas nel frattempo sta dimostrando tutta la sua
capacità di reazione. Anche ieri ha sparato razzi artigianali verso i
centri abitati del sud di Israele, otto dei quali hanno raggiunto
Ashqelon danneggiando una abitazione e colpendo il cortile di una
scuola. Uomini politici e persone comuni si sono recati a Sderot a
portare la loro solidarietà alla famiglia dello studente ucciso due
giorni fa da un razzo.
Israele ormai spara su tutto ciò che si muove lungo la sua frontiera
con Gaza e persino con l’Egitto. Ufficialmente, per fermare chi lancia
razzi, ma gli effetti sul terreno sono devastanti per i civili
palestinesi. Ieri sera un pastore è stato ucciso, a nord della
Striscia, da un missile aria-terra sganciato da un elicottero da
combattimento. Un paio di ore dopo una ragazzina egiziana di 13 anni è
stata ferita alla testa mentre giocava non lontano dal valico di Kerem
Shalom, dove si incrociano i territori dello Stato ebraico, di Gaza e
dell’Egitto.
Secondo testimoni a centrarla è stato il fuoco israeliano. La famiglia
ha riferito che suo cugino, un uomo di 40 anni, aveva subìto la stessa
sorte all’inizio di gennaio, nella stessa zona. Il gioco si trasforma
in morte. Lo dicono i tre bambini uccisi due giorni fa mentre
giocavano a pallone a Jabaliya, lo ribadiscono i tre fratelli Darduna
– Deib, Omar e Ali, rispettivamente di 11, 14 e 8 anni – e il loro
compagno di partitelle di calcio Mohammed Hammuda, 7 anni, uccisi
ieri, sempre nei pressi di Jabaliya, in uno dei tanti attacchi aerei
che hanno investito Gaza.
La «colpa» dei bambini palestinesi è quella di non avere una
percezione esatta del pericolo, di non capire cosa significhi
esattamente una guerra, di non sapere che la morte può arrivare dal
cielo, sbucando all’improvviso dalle nuvole. Per loro, che non hanno a
disposizione cortili di scuole e campetti ben curati dove tirare calci
a un pallone, le campagne alla periferia dei centri abitati e dei
campi profughi sono il terreno dove con due grosse pietre si segna una
porta e si comincia a giocare. Terreni agricoli che Israele di fatto
considera aree proibite e dove prima apre il fuoco e poi si accerta
dell’intenzioni di coloro che vi erano entrati. La giustificazione è,
sistematicamente, quella di «figure sospette impegnate a lanciare
razzi» individuate dai soldati o dall’aviazione. Poi si scopre che in
non pochi casi erano bambini o contadini.
Il numero delle vittime aumenta con il passare dei giorni. A morire
sono soprattutto i militanti armati o i poliziotti di Hamas. Ieri ne
sono stati uccisi nove, in vari attacchi aerei che hanno preso di mira
obiettivi non lontano dalla casa del premier del movimento islamico,
Ismail Haniyeh. Tra i morti c’è anche Hamza Al-Hayya, figlio del
deputato e alto dirigente di Hamas, Khalil al-Hayya. Forte del
sostegno espresso dal Segretario di stato Condoleezza Rice e delle
ambiguità del Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, soggetto alle
pressioni della stampa e dell’opinione pubblica il premier israeliano
Olmert esclude l’ipotesi di un cessate il fuoco che pure ieri è stato
sollecitato anche dall’Unione europea.
«Prenderemo tutti i terroristi, li attaccheremo, proveremo a
fermarli», ha detto Olmert, ormai in pieno accordo con il ministro
della difesa Barak, pronto a dare luce verde all’invasione di Gaza.

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