Ramallah, manifestazioni contro il veto dell’amministrazione Obama

Di Nasser Abu Bakr.

Ramallah – AfpIeri, 20 febbraio, circa 3mila cittadini palestinesi si sono ritrovati in Cisgiordania per protestare contro il veto statunitense con il quale la risoluzione di condanna delle colonie israeliane è stata bloccata presso il Consiglio di sicurezza Onu. 

La folla, radunata a piazza Manara, a Ramallah, punto nevralgico della città, ha sfilato esibendo striscioni e slogan di condanna dell'amministrazione americana. 

“Obama, sei un uomo spregevole, noi vogliamo l'autodeterminazione!”, hanno urlato i manifestanti, molti dei quali erano membri o simpatizzanti del Movimento Fatah, partito del presidente Mahmud 'Abbas. 

Rivolgendosi alla folla, Mahmud al-'Alul, membro del Comitato centrale di Fatah, ha dichiarato: “Questa decisione è ostile al popolo palestinese e alla sua libertà; è un evidente supporto all'ingiustizia israeliana, alla sua oppressione e all'occupazione”. 

E mentre i manifestanti lo interrompevano urlando: “Fuori Obama, fuori i coloni”, al-Alul ha aggiunto: “Vogliamo dire al presidente Barak Obama che il nostro popolo non si piega di fronte a nessuno”. 

A Jenin, il premier palestinese Salam Fayyad ha accusato gli Stati Uniti di ricatto (taglio degli aiuti, se la risoluzione sulle colonie non fosse stata ritirata): “Non accetteremo estorsioni e non lo farà nemmeno il nostro popolo. Non siamo interessati agli aiuti da parte di chi minaccia di tagliarli per ragioni politiche. 

“L'approccio Usa deve cambiare, perché il doppio standard non può continuare. Questa situazione è inaccettabile”. 

La protesta è stata indetta da Fatah subito dopo il veto Usa dell'amministrazione Obama, utilizzato per impedire l'approvazione di una risoluzione di condanna degli insediamenti israeliani. 

Stilata dalla leadership palestinese nel tentativo di costringere Israele a fermare le costruzioni edilizie in Cisgiordania e ad al-Quds (Gerusalemme), la risoluzione era appoggiata da tutti i 14 membri del Consiglio di Sicurezza. 

Gli Stati Uniti hanno affermato che il veto non deve essere interpretato come un supporto ai piani edilizi di Israele, ma che non ritengono che le Nazioni Unite siano il foro adatto per risolvere il decennale conflitto tra israeliani e palestinesi. Tuttavia, a Ramallah il veto ha prodotto furia e delusione. “Nessun negoziato con le colonie israeliane e l'arroganza americana”, si leggeva su uno striscione. 

Tawfiq Terawi, altro membro del comitato centrale di Fatah, ha affermato che la manifestazione ha voluto lanciare due importanti messaggi: “Anzitutto, nel momento in cui i popoli arabi sono impegnati a rivoltarsi contro i propri leader, il popolo palestinese oggi esprime il proprio sostegno alla coraggiosa decisione della propria leadership. 

“In secondo luogo, dimostra la falsa pretesa Usa di essere il Paese della libertà, poiché dichiara ufficialmente il proprio sostegno all'occupazione e alle colonie, all'oppressione e all'ingiustizia contro il nostro popolo”. 

Gli Stati Uniti avevano spinto per il rilancio di colloqui diretti tra Israele e palestinesi, lo scorso settembre, dopo uno stallo durato circa due anni. I negoziati si erano arrestati dopo appena due settimane dall'inizio, quando la moratoria israeliana sul congelamento delle attività edilizie in Cisgiordania era scaduta senza essere prorogata. 

Da allora, i palestinesi insistono sul fatto che non negozieranno con Israele mentre questi costruisce sulla terra su cui essi vogliono edificare il futuro Stato.

I dirigenti palestinesi hanno affermato che presenteranno una nuova bozza di condanna degli insediamenti israeliani, portando la risoluzione davanti all'Assembela generale dell'Onu.

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