Assemblea generale delle Nazioni Unite 5 settembre 2006
Consiglio dei diritti umani
Rapporto del relatore speciale John Dugard
sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal ’67
(sintesi a cura di Pax Christi Italia)
Il segretario generale sottopone allattenzione dei membri del consiglio il fatto che questo rapporto fa seguito al viaggio intrapreso dal relatore speciale tra il 9 e il 17 giugno 2006.
1. Introduzione
1.Mi sono recato nei Territori palestinesi occupati (TPO) e in Israele dal 9 al 17 giugno 2006 per raccogliere le informazioni necessarie alla redazione del rapporto che dovevo presentare al Consiglio dei diritti umani nella sessione di settembre. Poco dopo la mia partenza dai TPO, si è aperta una grave crisi a Gaza in seguito alla cattura, da parte di militanti palestinesi, di un soldato israeliano, il caporale Gilad Shalit. La reazione di Israele a questo avvenimento ha provocato la convocazione del Consiglio in sessione straordinaria con lo scopo di discutere sulla situazione nei TPO. In questa sessione straordinaria, il 5 e il 6 luglio 2006, il Consiglio ha deciso di inviare, sotto la mia direzione, una missione atta a stabilire gli accadimenti in corso. Questa missione non poteva aver luogo senza il consenso del Governo israeliano. Questi ha rifiutato. Il presente rapporto è dunque redatto nellintenzione di portare a conoscenza del Consiglio la situazione dei diritti umani nella regione così come si presentava durante il mio soggiorno, e degli avvenimenti accaduti in seguito nei TPO. Come ci si poteva aspettare, non mi sono potuto recare nella regione in luglio, e le informazioni su ciò che è accaduto fino al 9 agosto provengono da fonti secondarie: articoli di stampa, rapporti di organizzazioni non governative, pubblicazioni, ecc..
2. Nel corso della mia missione, mi sono recato a Gerusalemme, a Gaza, nei villaggi situati nei dintorni di Gersulemme gravemente penalizzati dalla costruzione del muro; a Ramalla; a Hebron e nelle località poste nelle alture a sud di Hebron, a Betlemme e presso la tomba di Rachele; nel villaggio di Wallaja , dove delle case sono state demolite; nella valle del Giordano compresa Gerico e nelle località dove i diritti umani subiscono le conseguenze delle politiche e delle pratiche israeliane; a Nablus, nel campo profughi di Balata; al villaggio di Jayyous vicino al tracciato del muro e nelle località agricole vicine al muro; ai checkpoint attorno a Nablus e nelle strade attorno.
3. Nel corso di questo viaggio, ho incontrato persone molto diverse, sia palestinesi che israeliane, con le quali ho affrontato i temi della violazione dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario. Ho tenuto una conferenza alla Hebrew University di Gerusalemme, sotto il patrocinio del Minerva Centre for Human Rights e del Comité international dela Croix-Rouge (CICR). Nella mia esposizione davanti a più di un centinaio di persone, ho analizzato gli aspetti del diritto umanitario legati al conflitto nei TPO. Non sono potuto entrare in relazione con ufficiali israeliani, poiché il governo israeliano non riconosce il mio mandato: era al corrente della mia presenza e comunque non ha fatto nulla per turbare il mio lavoro.
4.Allo scoppio della violenza a Gaza dopo la cattura del caporale Shalit e larresto di membri del Consiglio legislativo palestinese e dellANP, hanno fatto seguito linvasione del Libano da parte di Israele e le violenze su vasta scala in Libano, Israele e Gaza. Non cè spazio in questo rapporto per commentare gli avvenimenti libanesi e della frontiera a nord dIsraele, che non riguardavano il mio mandato. Ciononostante, esaminerò in maniera approfondita la situazione a Gaza. Si noterà che gli avvenimenti occorsi in Libano hanno fatto dimenticare in larga misura le violenze nella striscia di Gaza e lungo le sue frontiere
5. Utilizzerò di seguito il termine muro al posto di barriera o chiusura. È stato deliberatamente indicato e scelto dalla Corte internazionale di giustizia nel suo avviso consultivo del 2004 sulle Conséquences juridiques de l’édification d’un mur dans le Territoire palestinien occupé. Non vedo alcuna ragione per utilizzarne un altro.
II. La questione dell’occupazione
6. Prima di giungere al nucleo centrale del mio rapporto, desidero precisare una questione preliminare. È quella delloccupazione. Il governo israeliano evita di riconoscere che i TPO, cioè la Cisgiordania e la striscia di Gaza, compresa Gerusalemme est, sono un territorio occupato. Preferisce parlare di territori contestati e affermare che il ritiro dei coloni e delle forze di difesa israeliane dalla striscia di Gaza nellagosto 2005 ha messo fine alloccupazione di questultima. Questa è una rappresentazione erronea sia sul piano del diritto che su quello dei fatti.
La Corte internazionale di giustizia, il Consiglio di sicurezza e la stessa Alta corte israeliana hanno affermato che i TPO sono e restano un territorio occupato e in quanto tale sono sottoposti a un regime giuridico particolare. Secondo questo regime, Israele è tenuto a rispettare, per quanto concerne i palestinesi, il diritto internazionale umanitario e i diritti umani. Si tratta, bisogna riconoscerlo, di una occupazione desueta, poiché dura da circa quattro decenni. La lunghezza del periodo non riduce pertanto la responsabilità della potenza occupante; al contrario, laumenta. La durata delloccupazione a condotto certi autori a a qualificarla come colonialismo o apartheid. Nonostante la condotta di Israele assomigli talvolta a quella di una potenza coloniale o di un regime di apartheid, è più esatto vedere in Israele una potenza occupante e giudicare i suoi atti a fronte delle regole del diritto internazionale che si applicano in unoccupazione.
III. La crisi attuale nella Striscia di Gaza
7. La questione di sapere se la Striscia di Gaza resta un territorio occupato non è di puro interesse teorico. Nel corso delloperazione cinicamente intitolata Pioggia destate, le FDI hanno fatto sentire la loro mano pesante non solo bombardando intensivamente la zona, ma anche essendo militarmente presenti.
8. Nellagosto 2005 Israele ha ritirato i suoi coloni e le sue forze armate dalla striscia di Gaza. Le sue dichiarazioni, secondo cui questo ritiro metteva fine alloccupazione, sono molto lontane dalla verità. Anche prima dellinizio delloperazione Pioggia destate, questo territorio è stato sottomesso alliniziativa effettiva di Israele, che si faceva sentire i molti modo. Innanzitutto, Israele vi conservava il controllo dello spazio aereo, di quello marittimo e delle frontiere. Degli accorgimenti particolari erano stati presi per lapertura del valico di Rafah verso lEgitto, sotto sorveglianza del personale dellUnione Europea. Ma la maggior parte degli altri passaggi restavano chiusi. La chiusura di Karni, dove il passaggio delle merci era stato vietato per lunghi periodi, ha avuto conseguenze particolarmente gravi per Gaza. Perché significava che era impossibile far entrare derrate, medicinali e carburante. Un progetto che doveva permettere alle persone di Gaza di recarsi in Cisgiordania non è mai stato concretizzato. Di fatto, dopo il ritiro dIsraele, Gaza è divenuta una società mozzata dallesterno, imprigionata. La realtà del controllo israeliano si è realizzata ancora una volta sottoforma di bangs supersonici causati dagli aerei che hanno cercato di terrorizzare la popolazione di Gaza, dal bombardamento periodico di case e campi lungo la frontiera e di assassinii mirati di militanti, realizzati come nel passato senza molti riguardi per il passaggio di civili innocenti. In un incidente del giungo 2006, una famiglia di sette persone che faceva pic nic sulla spiaggia di Gaza è stata uccisa da obici delle FDI. Le azioni compiute dalle FDI mostrano con evidenza che la tecnologia moderna permette ad una potenza occupante di assicurarsi efficacemente un territorio senza essere militarmente sul luogo.
9. Il cronista israeliano Gideon Levy riassumeva la situazione in questi termini nel numero di Haaretz del 7 luglio 2006: «Il ritiro delle Forze di difesa israeliane da Gaza [.] non ha praticamente cambiato nulla per quanto riguarda le condizioni di vita dei residenti della striscia di Gaza. Questa resta una prigione e i suoi abitanti sono tuttora condannati a vivere nella miseria e sotto oppressione. Israele le separa via mare, via spazio aereo e via terra, tranne che per il passaggio di Rafah che è una stretta valvola di sicurezza. Non possono recarsi dai loro parenti in Cisgiordania, né cercare in Israele quei posti di lavoro da cui leconomia di Gaza dipende da più di 40 anni. I prodotti a volte riescono ad essere trasportati, a volte no. La striscia di Gaza non ha alcuna chance di uscire dalla miseria in queste condizione. Nessuno verrà a investire, nessuno la valorizzerà, nessuno può sentirvisi libero. Israele ha lasciato la gabbia, gettato le chiavi e abbandonato gli abitanti allamarezza della loro sorte. Oggi, un anno dopo il ritiro, Israele torna con violenza e forza.».
10. Ancora prima dellinizio delloperazione « Pioggia destate », Israele aveva rinforzato la propria occupazione su Gaza come reazione allelezione di Hamas allAutorità Palestinese nel gennaio 2006. L11 giugno mi sono recato a Gaza. Per ragioni di sicurezza, non ho potuto passare la notte come facevo nei miei precedenti soggiorni nei Territori Occupati. Sono andato allOspedale dei Martiri di Al-Aqsa e ho incontrato il Direttore dei servizi ospedalieri e dei medici esperti. Era chiaro che i servizi ospedalieri stavano affrontando una crisi perché il personale non era stato pagato e delle restrizioni erano state imposte sui medicinali e sui vaccini che passavano per Karni. Per me non vera alcun dubbio sul fatto che il Governo israeliano aveva cominciato un assedio per provocare un cambio di regime. I diritti delluomo non richiamavano affatto lattenzione mentre i bombardamenti e i bang supersonici violavano il diritto fondamentale alla vita e alla dignità umana, e ancor meno attenzione era prestata alle limitazioni imposte al diritto umanitario internazionale; era già chiaro che il castigo collettivo sarebbe stato il mezzo tramite cui si sarebbe provocato il cambio di regime desiderato.
11. Il 25 giugno 2006, un gruppo di militanti palestinesi ha attaccato una base militare nei pressi della frontiera israelo-egiziana, provocando la morte di due Palestinesi e di due soldati delle FDI. Nel ritirarsi, il gruppo ha fatto prigioniero il caporale Gilad Shalit. Ha richiesto, per il rilascio, la liberazione delle donne e dei bambini detenuti nelle prigioni israeliane. Questa operazione e i continui lanci di razzi Qassam contro Israele hanno provocato una reazione selvaggia da parte del Governo israeliano. Inizialmente, ha fatto arrestare otto ministri del Governo di Hamas e 26 membri del Consiglio legislativo palestinese a Ramallah. Al momento della redazione del presente rapporto, la maggior parte di queste persone erano ancora detenute. Israele dice di trattenerle perché sosterrebbero attività terroristiche, ma è difficile accantonare lidea che siano tenute in ostaggio, in violazione dellarticolo 34 della (quarta) Convenzione di Ginevra relativa alla protezione dei civili in tempo di guerra. Impressione confermata dal dibattito che ha avuto luogo in seno al Governo sulla sorte da riservare loro. Il servizio di sicurezza Shin Bet propone di trattenerli come moneta di scambio sotto la copertura della legge sui combattenti illegali. Sembra però che il Procuratore generale, Menachem Mazuz, abbia insistito affinché unazione giudiziaria sia intentata loro per partecipazione ad unorganizzazione terroristica (v. Haaretz del 30 giugno 2006). Il problema dei membri di Hamas arrestati è stata aggravata dallarresto, il 5 agosto 2006, di Aziz Dweik, portavoce del Consiglio legislativo palestinese, e dalle informazioni secondo cui sarebbe stato ferito durante il suo interrogatorio.
12. Lattacco e lassedio di Gaza da parte di Israele nel quadro delloperazione « Pioggia destate » hanno assunto diverse forme, che saranno scritte nei paragrafi che seguono.
A. Bombardamenti di opere pubbliche
13. Il 28 giugno 2006, lAeronautica israeliana ha distrutto i sei trasformatori dellunica fabbrica di produzione elettrica della Striscia di Gaza. Questa centrale fornisce a Gaza il 43% del suo consumo quotidiano, il resto proviene dallIsrael Electrical Corporation. Dei 1,4 milioni di abitanti di Gaza, 700 000 si sono ritrovati inizialmente senza elettricità. Ad ora, la Gaza Electrical Distribution Company (GEDCO) prende a prestito il resto dellelettricità necessaria da Israele, ma la distribuzione di corrente a tutte le abitazioni della striscia di Gaza è intermittente. Poiché la maggior parte dei pozzi sono collegati alla rete elettrica nazionale ora distrutta, è necessario utilizzare dei gruppi elettrogeni per far funzionare le pompe e la razione quotidiana dacqua fornita alle abitazioni ha dovuto essere ridotta. Le operazioni militari israeliane hanno ugualmente distrutto le condutture dacqua e la rete di scolo. Infine, la chiusura frequente delloleodotto di Nahal Oz, lunico ad alimentare la striscia di Gaza di carburante, ha compromesso la soluzione dellutilizzo dei gruppi elettrogeni come mezzo per assicurare la distribuzione dellacqua.
14. Il 19 luglio, lAeronautica israeliana ha bombardato dei trasformatori elettrici durante un attacco contro il campo di rifugiati di El-Maghazi, privando di elettricità tutto il centro della striscia di Gaza.
15. La riduzione considerevole delle quantità di corrente elettrica e di carburante, unita alle interruzioni di alimentazione dacqua ha avuto gravi conseguenze per la vita quotidiana dei Palestinesi, che sono senza luce la notte e cucinano senza elettricità. Daltra parte, è impossibile pompare lacqua per distribuirla ai piani alti degli stabili. Le fognature minacciano di debordare. Gli ospedali sono rimasti gravemente menomati e sono stati obbligati a ricorrere a gruppi elettrogeni per far funzionare il materiale dimportanza vitale.
B. Bombardamenti di installazioni e di edifici pubblici
16. Gli aerei da guerra israeliani hanno deliberatamente preso di mira degli edifici pubblici a Gaza. Gli immobili sede dei Ministri degli Interni, degli Esteri e delleconomia nazionale, e del Gabinetto del Primo Ministro sono stati tutti distrutti. Questi attacchi non hanno alcuna finalità in termini di sicurezza e li si può considerare unicamente come un tentativo di destabilizzazione delle istituzioni ufficiali. Sono stati demoliti anche alcuni edifici scolastici. Sei ponti che collegavano la città di Gaza al centro della striscia di Gaza sono stati distrutti, così come diverse strade. Il 28 giugno, le FDI hanno occupato laeroporto internazionale di Gaza e ne hanno demolito una gran parte.
C. Chiusura delle frontiere
17. Anche se, in teoria, il passaggio di Rafah non è controllato da Israele, le FDI hanno impedito agli osservatori europei che lo devono far funzionare di recarvisi. È quindi chiuso dal 25 giugno e non è stato aperto che durante due brevi periodi. La chiusura di questo passaggio per tre settimane nel luglio 2006 ha lasciato abbandonati sul lato egiziano della frontiera e in condizioni difficili più di 3 000 Palestinesi di cui 578 in stato di urgenza umanitaria che erano andati a farsi curare allesterno. Otto Palestinesi sono morti perché alla frontiera sono state loro rifiutate cure mediche, acqua e riparo.
18. La chiusura di Rafah ha avuto conseguenze gravi anche per i Palestinesi che si trovavano a Gaza, soprattutto per coloro che vivono allestero e che erano venuti per far visita alla propria famiglia. Ciò porta ad interrogarsi seriamente sul ruolo dei controllori europei. Dovrebbero sorvegliare questo punto di passaggio secondo i termini dellaccordo siglato il 15 novembre 2005 dallAutorità palestinese e Israele con i buoni uffici degli Stati Uniti. Il loro incontestabile dovere è di far prova di coraggio e di compassione nellesercizio delle loro funzioni invece che inclinarsi semplicemente davanti alle volontà del Governo israeliano.
19. Karni, punto per cui passano i prodotti, è stato chiuso ad intermittenza. Limportazione di centinaia di derrate e di rifornimenti medici è stata autorizzata verso Gaza, ma lesportazione dei prodotti è stata seriamente limitata.
20. Le navi da guerra israeliane hanno impedito ai Palestinesi di pescare lungo il litorale e ciò ha fatto sparire il pesce dai mercati locali.
D. Vittime
21. Dal 25 giugno 2006, 184 Palestinesi (almeno per metà civili) sono stati uccisi, di cui 42 bambini. Circa 720 persone sono state gravemente ferite, di cui 168 bambini e 21 donne. Un soldato israeliano è stato ucciso e 25 Israeliani feriti, di cui 11 da razzi artigianali lanciati da Gaza.
E. Incursioni militari provocanti morti e distruzione
22. Dal 25 giugno 2006, le FDI hanno fatto diverse irruzioni nella striscia di Gaza, uccidendo dei civili e distruggendo alcune case. Le incursioni più gravi sono state a Beit Hanoun, Beit Lahia, Sajiyeh, Deir el-Balah, al campo profughi di el-Maghazi, a Rafah e a Khan Younis. Nel corso di queste operazioni condotte da blindati e bulldozer, delle case sono state requisite e trasformate in basi militari. Queste sono state gravemente danneggiate e diverse centinaia di abitazioni distrutte. Una scuola dellUfficio di soccorso e dei lavori delle Nazioni Unite per i rifugiati della Palestina nel Vicino-Oriente (UNWRA) è stato attaccata e danneggiata. Degli ulivi e degli alberi di agrumi sono stati sradicati e delle terre agricole distrutte dai lavori di terrazzamento. Strade, condutture dacqua e piloni elettrici e telefonici sono stati danneggiati. Molte famiglie sono dovute fuggire dalle proprie case e si stima che siano circa 3 400 i Palestinesi a cui lUNWRA deve al momento fornire un riparo in seguito a queste operazioni militari. Nonostante sia vietato utilizzare civili come scudi umani secondo lAlta Corte israeliana, le FDI hanno arrestato dei civili e ne hanno fatto degli scudi umani mentre radevano al suolo case e mentre procedevano con gli arresti. Queste incursioni militari sono state accompagnate da bombardamenti massicci e da distruzioni di case con dinamite che hanno provocato la morte di numerosi civili.
23. Gli attacchi lanciati contro il campo profughi di el-Maghazi tra il 19 e il 21 luglio 2006 e lattacco di Rafah allinizio del mese di agosto sono esempi tipici delle incursioni israeliane. Nel primo caso, 19 Palestinesi hanno trovato la morte (di cui 4 bambini e 1 donna) e 25 sono stati feriti, per la maggior parte civili disarmati. Quattro case sono state rase al suolo e nove parzialmente demolite. Inoltre, le terre agricole sono state rase al suolo e le infrastrutture elettriche, idrauliche e stradali sono state a loro volta distrutte. Nel secondo caso, 16 Palestinesi sono morti, di cui 10 civili, e 39 sono stati bruciati o feriti da esplosioni; 4 bambini sono stati uccisi e 13 feriti.
24. Ci sono stati scambi di raffiche intensi tra militanti palestinesi e FDI. Queste si sono servite di carriarmati e bulldozer oltre a elicotteri che hanno lanciato razzi illuminanti e che hanno sparato raffiche di mitragliatrice per coprire le forze terrestri.
F. Bombardamenti e bang supersonici
25. Israele ha spogliato bombardato senza tregua la striscia di Gaza dopo il 25 giugno; diverse migliaia di granate sono state lanciate, tra 200 e 250 circa al giorno secondo le stime. La sua aeronautica ha portato avanti almeno 220 bombardamenti fino al 3 agosto e i suoi caccia hanno lanciato missili aria-terra. Queste operazioni sono state accompagnate da sorvoli di F-16 a bassa quota a da superamenti della barriera del suono sopra Gaza, che hanno provocato dei bang supersonici potenti quanto un vero bombardamento. Questi fenomeni hanno causato panico generale tra la popolazione, soprattutto nei bambini. Se la parola terrorismo ha un senso, è sicuramente questo che designa. Un medico di Gaza ha descritto gli effetti che i bang supersonici e i bombardamenti dartiglieria hanno su sua figlia di 13 anni nei seguenti termini: «Mia figlia è sconvolta, angosciata, ha paura di uscire ed è perciò frustata perché non può vedere le sue amiche. I caccia israeliani, che volino di giorno o di notte, fanno un rumore terrificante. Di solito, mia figlia salta nel mio letto, tremante di paura. Finiamo entrambi stesi per terra. Il mio cuore batte allimpazzata ma provo comunque a calmarla e rassicurarla. Ma quando le bombe scoppiano, io cedo e urlo. Mia figlia sente la mia paura e capisce che ci dobbiamo calmare a vicenda. Sono un medico, una donna detà matura, ma questi bang supersonici mi rendono isterica.» (Dr Mona El-Farra, The Boston Globe, 10 luglio 2006).
26. I Palestinesi non sono irreprensibili per quanto riguarda le raffiche dartiglieria. I militanti continuano a lanciare ciecamente razzi Qassam artigianali contro Israele, ferendo civili israeliani, devastando opere civili e seminando paura tra la popolazione civile che vive vicino alla frontiera della striscia di Gaza. Si stima sia di otto o nove il numero di razzi lanciati ogni giorno.
G. Assassini mirati
27. Gli assassinî mirati sono continui, con inevitabili « danni collaterali » per i civili.
H. Terrorismo telefonico
28. Lesercito israeliano ha trovato un nuovo modo per creare terrore psicologico. I Palestinesi vengono chiamati al telefono da agenti dellinformazione militare israeliana, che annunciano loro che la loro casa verrà fatta saltare entro meno di unora. A volte questa minaccia viene eseguita, a volte no. Questo metodo non può che provocare sgomento psicologico e panico. Coloro che sono stati obbligati a lasciare la propria casa in questa maniera sono diventati esuli nel loro paese e che devono vivere dentro gli edifici scolastici dellUNWRA.
I. Ospedali e servizi sanitari
29. Le FDI hanno demolito il muro di cinta del nuovo ospedale di pronto soccorso di Beit Hanoun. Lospedale continua comunque a funzionare, ma con molte difficoltà. Dei gruppi elettrogeni servono il reparto di radiologia e le sale operatorie. Il trasferimento di pazienti allesterno della striscia di Gaza ha sofferto molto per la crisi attuale. Come abbiamo già fatto notare, le postazioni di controllo sono state chiuse per i pazienti, le autorizzazioni rifiutate. Problemi particolarmente gravi si sono presentati al passaggio di Rafah verso lEgitto. Gli stock di alcuni medicinali essenziali si stanno a loro volta esaurendo. Il 27 luglio, il Ministero della salute dellAutorità palestinese ha annunciato che 67 dei 473 articoli della lista dei medicinali essenziali erano esauriti.
30. La salute pubblica è minacciata dalla mancanza di acqua salubre e da perdite dalle fognature; i casi di diarrea sono aumentati del 163% rispetto allo stesso periodo dellanno scorso. Bisogna temere la ricomparsa di malattie contagiose come il colera e la poliomelite.
31. Molti Palestinesi hanno riportato bruciature sullintera parte inferiore del corpo, e ciò spiega perché le amputazioni si sono moltiplicate. Il Ministero della salute palestinese ha chiesto che venga aperta uninchiesta su questo fenomeno.
J. Alimentazione e povertà
32. La proporzione dei poveri raggiunge, a Gaza, il 75% della popolazione, e ciò si spiega essenzialmente con lassedio. La penuria di viveri ha in parte come origine la mancanza di potere dacquisto dato che poche persone oggi hanno abbastanza soldi per soddisfare i bisogni fondamentali della loro famiglia. Il prezzo delle derrate è aumentato e lofferta si è ridotta con le operazioni in corso. Comè stato detto, non si trova più pesce a causa del blocco marittimo. I mulini, le fabbriche alimentari e i panifici sono stati obbligati a ridurre la produzione per mancanza di corrente. Inoltre, siccome le capacità di conservazione dei beni perituri nel clima caldo di Gaza sono ridotte, le perdite sono elevate. Le riserve di zucchero, di prodotti caseari e di latte sono quasi terminate perché pochi rifornimenti commerciali arrivano da Israele.
33. Come è stato detto, le risorse dacqua sono state gravemente affette dalla distruzione della centrale elettrica di Gaza e la rottura delle condotte a causa delle esplosioni. Lacqua potabile è dunque rara. LUNRWA e il CICR sono stati obbligati a distribuirne tramite camion-cisterna.
K. Valutazione giuridica dellazione dIsraele
34. Le azioni dIsraele devono essere valutate sia al riguardo delle norme relative ai diritti umani, sia con rispetto al diritto internazionale. Secondo il parere consultivo della Corte internazionale di Giustizia citata sopra, questi due regimi si applicano al comportamento di Israele nei Territori palestinesi occupati.
35. Israele ha violato molti dei diritti consacrati nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, in particolare il diritto alla vita (art. 6), il diritto a non essere sottomessi a tortura né a trattamenti disumani o degradanti (art. 7), il diritto a non essere arrestati o detenuti arbitrariamente (art. 9), il diritto a circolare liberamente (art. 12) e il diritto dei bambini a misure di protezione (art. 24). Ha inoltre violato diritti consacrati nel Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, tra cui il diritto ad un livello di vita sufficiente per sé stessi e la propria famiglia, compresi cibo, vestiti e un alloggio sufficienti, il diritto ad essere al riparo dalla fame e il diritto allalimentazione (art. 11), così come il diritto alla salute (art. 12).
36. Israele ha violato anche le regole più fondamentali del diritto internazionale umanitario, il che costituisce crimine di guerra secondo larticolo 147 della quarta Convenzione di Ginevra e larticolo 85 del Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali (Protocollo I). Queste violazioni hanno assunto svariate forme: attacchi lanciati direttamente a civili e a beni di carattere civile, e attacchi lanciati senza distinzione tra obiettivi militari e civili o i beni di carattere civile (art. 48, 51 4) e 52 1) del Protocollo I); il ricorso ad una forza eccessiva per attacchi sproporzionati contro civili e beni di carattere civile (art. 51 4) e 51 5) del Protocollo I); terrore tra la popolazione civile (art. 33 della quarta Convenzione di Ginevra e art. 51 2) del Protocollo I); distruzione di beni non giustificata da necessità militari (art. 53 della quarta Convenzione di Ginevra). Infine e soprattutto, il Governo israeliano ha infranto linterdizione di infliggere pene collettive ad un popolo occupato, fissata allarticolo 33 della quarta Convenzione di Ginevra. Lutilizzo di forza eccessiva e senza distinzione contro civili e beni di carattere civile, la distruzione di opere che forniscono elettricità e acqua, la distruzione con esplosivo di edifici pubblici, le restrizioni imposte alla libertà di circolazione e le conseguenze di tutte queste azioni per la salute pubblica, lalimentazione, la vita delle famiglie e lo stato psicologico del popolo palestinese costituiscono una flagrante punizione collettiva. La cattura del caporale Gilad Shalit e il lancio incessante di razzi Qassam contro Israele sono senza scuse. Ma nulla può giustificare che un popolo intero sia oggetto di un castigo draconiano come quello che ha imposto Israele.
IV. CISGIORDANIA
37. Numerose politiche e pratiche seguite da Israele in Cisgiordania rappresentano gravi infrazioni ai diritti umani dei Palestinesi. Il muro attualmente in costruzione sul territorio palestinese, i posti di controllo e gli sbarramenti stradali, le colonie, il regime arbitrario dei permessi, le demolizioni onnipresenti delle case, gli assassinî mirati, gli arresti e gli imprigionamenti violano tutta una gamma di diritti civili e politici. I diritti economici e sociali hanno a loro volta sofferto per la crisi umanitaria dovuta alloccupazione.
Il Muro
38. Il Muro che Israele sta costruendo per gran parte in territorio palestinese è incontestabilmente illegale. Nel suo parere consultivo, la Corte internazionale di Giustizia ha affermato che era contrario al diritto internazionale e che Israele aveva lobbligo di interromperne la costruzione e di smantellare i pezzi dellopera già posizionati. Il 20 luglio 2004, lAssemblea generale ha adottato la sua risoluzione ES-10/15 con 150 voci contro 6, e con 10 astensioni, esigendo che Israele adempiesse ai propri obblighi di diritto come definiti dal parere consultivo. Laltra Corte di Giustizia israeliana, nel decreto di settembre 2006 reso nel caso Mara.abe v. il Primo Ministro dIsraele (HCJ 7957/04), ha respinto il parere consultivo della Corte internazionale di Giustizia col pretesto che questa non aveva tenuto conto delle considerazioni di sicurezza che motivavano la costruzione del Muro. Questo decreto è stato reso fragile nel suo fondamento quando il Governo israeliano ha in seguito ammesso che il Muro doveva servire un disegno politico e non solo per fini di sicurezza. Essendo stato riconosciuto che il Muro era in parte costruito per inglobare delle colonie della Cisgiordania nella sua cinta, lAlta Corte ha rimproverato il Governo per averla indotta in errore nel caso Mara.abe e in altri casi che mettevano in causa la legalità del Muro (vedi Haaretz del 14 e 16 giugno 2006). Non si può ulteriormente dubitare in maniera seria sul fatto che il Muro ha lobiettivo di captare i terreni circostanti le colonie delle Cisgiordania e di iscrivere queste stesse colonie nelle frontiere di Israele: il fatto che 76% dei coloni della Cisgiordania siano protetti dal Muro è sufficiente per provarlo. La politica attuale del Governo che consiste nel ritirarsi unilateralmente dalla Cisgiordania o nel riallineare le frontiere del paese è un modo a malapena mascherato di annettere le terre situate tra la Linea verde e il Muro, ovvero il 10% circa del territorio palestinese.
39. Il 30 aprile 2006, il Governo israeliano ha ridisegnato il tracciato del Muro. Quando sarà terminato, la sua lunghezza sarà dora in poi di 703 km, non più di 670 km. Ad oggi, lopera è terminata per più di metà. Si stima che alla fine dei lavori 60 500 Palestinesi di Cisgiordania di 42 villaggi e agglomerati vivranno nella zona chiusa tra il Muro e la Linea verde. Più di 500 000 Palestinesi che vivono ad 1 km dal Muro si trovano sul lato Est e devono attraversarlo per andare nei campi o al lavoro e per mantenere le relazioni con le loro famiglie. Il Muro si trova per l80% in territorio palestinese e, per inglobare il blocco delle colonie di Ariel, fa unincursione di 22 km in Cisgiordania. Ad oggi, conta 73 porte ma solo 38 sono accessibili ai Palestinesi e, inoltre, solamente a coloro che detengono il permesso necessario.
40. Chi vuole ottenere questo permesso deve aspettarsi una serie di difficoltà. Le pratiche amministrative sono vessatorie e costituiscono un ostacolo. Anche se non vi sono cifre precise, sembra che la proporzione di permessi rifiutati sia del 40% a dir poco. I motivi di rifiuto vanno da considerazioni di sicurezza allimpossibilità per i richiedenti di stabilire il proprio diritto di proprietà. Questultima ragione viene ora spesso invocata dagli Israeliani perchè è diventato evidente che i Palestinesi, le cui proprietà risalgono ad un regime fondiario ottomano caotico, sono spesso incapaci di addurre prova dei loro titoli soddisfacendo le autorità decise a rifiutare loro il passaggio. Le traversie e le umiliazioni associate alle domande di permessi dissuadono molti Palestinesi dal presentarne una. Lapertura e la chiusura delle porte che danno verso la zona chiusa vengono decise in maniera completamente arbitraria e di rado operate allora prevista, il che aggrava la situazione. Infine, ai trattori e mezzi agricoli viene spesso vietato laccesso in questa zona, ed è a piedi o a dosso dasino che gli agricoltori devono andare sulle loro terre e riportarne i prodotti.
41. Gli ostacoli che rendono difficile laccesso alla zona chiusa vi hanno gravemente compromesso i lavori nei campi. Molti Palestinesi tornano alla terra perché il salario dei funzionari non viene pagato e perché molte imprese private in città hanno dovuto chiudere, ma il regime dei permessi ha gravi conseguenze per limpiego e la sussistenza dei Palestinesi
V. GERUSALEMME E IL MURO
42. È bene ripetere sin dallintroduzione di questa parte del rapporto che Gerusalemme Est non è parte dIsraele. E un territorio occupato a cui si applica la quarta Convenzione di Ginevra. Questa verità incontestabile è stata rilevata dalla Corte internazionale di Giustizia nel suo parere consultivo. Il tentativo illegale che sta facendo Israele di annettere Gerusalemme Est non deve far dimenticare questo stato di fatto.
43. Il Muro di 75 km che fa il giro di Gerusalemme (di cui solo 5 km coincidono con la Linea verde) è il mezzo utilizzato per portare cambiamenti maggiori nella città; si tratta di dare a questa un carattere essenzialmente ebraico indebolendo così le pretese dei Palestinesi che vogliono farne la capitale di uno Stato palestinese indipendente. E per questo che il Muro attraversa i quartieri palestinesi di Gerusalemme Est e che i quartieri che si trovano sul suo lato Est vengono considerati parte della Cisgiordania. Ciò ha gravi conseguenze per i diritti umani dei 230 000 Palestinesi che vivono a Gerusalemme.
44. Innanzitutto, mentre i Palestinesi che vivono sul lato ovest del Muro potranno conservare la propria qualità di abitanti di Gerusalemme, con alcuni vantaggi, in particolare per quanto riguarda la sicurezza sociale; gli stessi avranno sempre più difficoltà nel recarsi presso città della Cisgiordania, per esempio a Ramallah e Betlemme, dove molti lavorano. Inoltre, se questi scelgono di risiedere in Cisgiordania per avvicinarsi al loro lavoro, rischiano di perdere il loro status di abitante di Gerusalemme e il diritto di viverci in quanto il cosiddetto principio del centro di vita della politica israeliana vuole che i Palestinesi provino che vivono a Gerusalemme per conservare il loro diritto di residenza nella città.
45. Successivamente, i Palestinesi relegati in Cisgiordania dal Muro, ovvero circa un quarto della popolazione palestinese della città (230 000 persone), perderanno il loro status di abitante di Gerusalemme e i privilegi che questo comporta. Avranno bisogno di un permesso per entrare in città e non potranno farlo che attraverso 4 dei 12 passaggi nel Muro, cosa che allungherà considerevolmente le loro andate e ritorni e impedirà loro di recarsi negli edifici scolastici, nelle università, negli ospedali, nei luoghi di culto e nei luoghi di lavoro.
46. La costruzione del Muro per giudeizzare Gerusalemme è unoperazione di ingegneria sociale cinica che impone rigidità considerevoli in tutti gli aspetti della vita palestinese.
VI. COLONIE
47. Le colonie ebraiche di Cisgiordania sono illegali. Violano il paragrafo 6 dellarticolo 49 della quarta Convenzione di Ginevra e la loro illegalità è stata confermata dalla Corte internazionale di Giustizia nel suo parere consultivo sul Muro. LAlta Corte israeliana ha sempre rifiutato di pronunciarsi sulla loro legalità, il che mostra che anche la giurisdizione suprema israeliana non vuole riconoscere loro un legittimità.
48. Nonostante questa illegalità delle colonie, nonostante la loro condanna unanime da parte della comunità internazionale, il Governo israeliano continua a lasciare che si sviluppino. Questo sviluppo in certi casi si opera apertamente e con approvazione senza riserve. È così che nel 2000 è stata approvata lespansione delle colonie di Givat Zeev, Kfar Sava, Maskiyot e Beitar Ilit (vedi Haaretz del 21 maggio 2006). Più spesso però, lo sviluppo viene portato avanti discretamente, sotto la copertura di « crescita naturale », cosicché le colonie crescono ad un tasso medio di 5,5%, contro l 1,7 % delle città israeliane. A volte infine, le colonie si estendono illegalmente per quanto riguarda il diritto israeliano ma nulla viene fatto per fare rispettare la legge. Delle postazioni avanzate vengono spesso create e, quando ne viene minacciato lo smantellamento, le minacce non vengono eseguite.
49. Con questa espansione, la popolazione dei coloni di Cisgiordania raggiunge circa le 245 000 persone, quella di Gerusalemme Est circa 200 000. Come indicato di seguito, il Muro è, attualmente, costruito in Cisgiordania e a Gerusalemme Est in maniera da inglobare la maggior parte delle colonie nella sua cinta. Inoltre, i tre grandi blocchi di colonie di Gush Etzion, Maaleh Adumim e Ariel dividono il territorio palestinese in distretti, distruggendo così lintegrità territoriale della Palestina.
50. È evidente dalle dichiarazioni del Governo israeliano che i grandi blocchi di colonie intendono rimanere in Israele. Il 3 maggio 2006, il Primo Ministro Olmert ha detto alla Knesset che «ciò che il movimento di colonizzazione ha fatto nei principali centri di insediamento rimarrà per sempre parte integrante dello Stato sovrano dIsraele, come Gerusalemme, nostra capitale unificata» (vedi Haaretz del 4 maggio 2006).
51. La politica di «ritiro unilaterale», di «convergenza» o di «riallineamento» del Governo israeliano prevede chiaramente lannessione illegale di vaste superfici di territorio palestinese. Gli eufemismi utilizzati per qualificare questa politica non devono mascherare questa dura realtà.
52. La violenza dei coloni rimane un problema grave. Nel giugno 2006, il Gruppo di sorveglianza della Palestina ha pubblicato un resoconto sui casi di violenza, che ritraggono bene il problema: «Alcuni coloni israeliani hanno cercato di rapire una studentessa delluniversità nel distretto di Salfit; hanno percosso dei civili a Hebron e altri civili vicino alla colonia di Maon; hanno chiuso una strada nel distretto di Qalqiliya; hanno preso a sassate delle case di civili nel quartiere di Tel Rumeida a Hebron e rubato una pompa dacqua in una casa dello stesso quartiere. Hanno appiccato il fuoco a due veicoli civili e ad un camion a Huwara; hanno appiccato il fuoco a raccolti e ad ulivi a Salim, vicino a Nablus, e ad Al Jaba vicino a Betlemme; hanno fatto pascolare le loro greggi di montoni nei campi coltivati del distretto di Hebron».
VII. IL SUD DI HEBRON ET IL « MINI-MURO»
53. I piani che prevedevano la costruzione del Muro a sud di Hebron sono stati abbandonati; secondo il nuovo progetto, il Muro seguirà essenzialmente la Linea verde. In cambio, Israele costruisce un «mini-muro» lungo il lato nord delle by pass road dei coloni della regione. Questo muro, di circa 1 metro di altezza, dovrebbe impedire ai veicoli palestinesi di penetrare sulla grande strada e dare ai coloni libero accesso alle by pass road. Questo dispositivo permetterà ai coloni di spostarsi in tutta sicurezza tra le colonie e il resto di Israele senza dover attraversare terre palestinesi. Ventidue località palestinesi e più di 1 900 Palestinesi si troveranno rinchiuse tra la barriera stradale del mini-muro e il Muro attualmente in costruzione lungo la Linea verde. Il mini-muro impedirà ai pastori palestinesi e alle loro 24 000 teste di bestiame di recarsi sui pascoli dallaltro lato. Aggiungerà ulteriori difficoltà a quelle che già toccano le località palestinesi che si trovano a sud di Hebron, che non hanno né centri di soccorso, né scuola, né alimentazione dacqua sufficiente; lacqua devessere portata da camion e la rete di irrigazione di acqua piovana comincia a svuotarsi. Il Governo israeliano ha rifiutato di allacciare le località palestinesi alla propria rete di approvvigionamento e alimenta solamente i coloni. Aggravando ulteriormente la situazione, rifiuta di rilasciare dei permessi di costruire per le case.
54. La sorte delle località palestinesi del sud di Hebron è esemplificata dal caso del villaggio di Tuwani, dove mi sono recato in diverse occasioni. Questo villaggio non ha né elettricità, né acqua, né servizi sanitari ed è vietato costruirvi nuove case. Inoltre, gli abitanti devono subire violenze da parte dei coloni di Maon. Per andare a scuola, i bambini devono essere scortati dalle FDI, che li proteggono dai coloni. Questi ultimi sono responsabili anche dellavvelenamento delle terre.
VIII. VALLE DEL GIORDANO
55. Israele ha abbandonato il progetto che aveva di costruire il Muro lungo lasse dei Territori palestinesi occupati e di appropriarsi formalmente della valle del Giordano, come ha fatto lungo la frontiera ovest dei TPO. Ma esercita la sua autorità sulla regione, che rappresenta il 25% della Cisgiordania, così come fa sulla zona chiusa tra il Muro e la Linea verde, alla frontiera occidentale della Palestina. La sua intenzione di rimanere definitivamente nella valle del Giordano si esprime chiaramente nelle dichiarazioni ufficiali e si manifesta anche, prima di tutto, dalle restrizioni imposte ai Palestinesi, e in seguito dai controlli esercitati e dallaumento del numero di colonie nella valle.
56. I Palestinesi che vivono nella valle del Giordano devono avere documenti di identità con un indirizzo nella valle. Solo le persone che posseggono tale documento possono recarsi nel settore senza un permesso israeliano. Gli altri, compresi i proprietari fondiari e i lavoratori non residenti, devono richiedere un permesso che però non autorizza il detentore a passare la notte nella valle e ciò lo obbliga a compiere viaggi di andata e ritorno quotidiani e a perdere tempo ai posti di controllo che collegano la valle del Giordano al resto della Cisgiordania. La valle del Giordano si trova quindi isolata. Le restrizioni imposte sugli spostamenti fanno sì che gli agricoltori della valle abbiano difficoltà a recarsi nei mercati della Cisgiordania, essendo le derrate spesso trattenute e rovinandosi ai posti di controllo. I tentativi di vendita lungo le strade non sono riusciti perché le FDI hanno distrutto gli stand.
57. La maggior parte delle terre della valle del Giordano sono controllate dalle colonie ebraiche o servono come terreni militari. Solamente il 4% è accessibile ai 47 000 Palestinesi, per valorizzazione o residenza. Circa 8 300 coloni vivono nella valle, e il loro numero continua a crescere in ragione della reinstallazione dei coloni di Gaza. Mentre i Palestinesi non hanno né elettricità né acqua nella maggior parte delle località, i coloni sono collegati alle reti israeliane. Inoltre, questi 8 300 coloni consumano ogni anno più acqua dei 47 000 Palestinesi.
IX. DEMOLIZIONI DI CASE
58. La demolizione delle case è un fatto ordinario delloccupazione, di cui il bulldozer è divenuto simbolo odioso. Tradizionalmente, la potenza occupante demolisce una casa a titolo di punizione (quando uno dei suoi abitanti ha commesso un crimine contro Israele), a seconda delle necessità militari o perchè la costruzione è stata eseguita senza permesso. In questi ultimi tempi si sono viste comparire ulteriori motivazioni: in primis, il passaggio del Muro, poi larresto di persone ricercate. Si ricorderà che lanno scorso lAlta Corte israeliana ha vietato lutilizzo di civili palestinesi come scudi umani durante le operazioni di arresto. Oggi, se cè il sospetto che una persona ricercata si trovi in questa o quellaltra casa e rifiuta di arrendersi, la casa viene rasa al suolo. Ho visto con i miei occhi delle case distrutte in questa maniera nel campo profughi di Balata, vicino a Nablus.
59. È da anni che Israele demolisce le case costruite senza permesso, adducendo come motivazione il far rispettare le leggi municipali sullalloggio, come fa ogni società sviluppata. Questa argomentazione non tiene conto di due considerazioni. Prima di tutto, una potenza occupante non ha il diritto di demolire labitazione di persone protette dal diritto internazionale umanitario (vedi. Par. G) dellarticolo 23 del Regolamento concernente le leggi e costumi della guerra su terra annesso alla Convenzione IV concernente le leggi e costumi della guerra su terra de LAia, e larticolo 53 della quarta Convenzione di Ginevra. Ciò vale per le case dei Palestinesi di Cisgiordania , della striscia di Gaza e di Gerusalemme Est. Inoltre, i permessi di costruire vengono concessi di maniera così arbitraria e rifiutati di maniera sistematica che è diventato praticamente impossibile per un Palestinese costruire una casa con autorizzazione. Il regime dei permessi a Gerusalemme Est è amministrata di maniera completamente differente per i Palestinesi e per gli Israeliani. Il carattere discriminatorio dellapplicazione di questo regime a Gerusalemme Est è stato recentemente messo in luce da Meir Margalit in Discrimination in the Heart of the Holy City (2006).
X. POSTI DI CONTROLLO
60. Il numero dei posti di controllo, sbarramenti stradali, riporti e trincee compresi, è passato da 376 dellagosto 2005 a più di 500. Questi posti dividono la Cisgiordania in quattro zone distinte: il nord (Nablus, Jenin e Tulkarm), il centro (Ramallah), il sud (Hebron) e Gerusalemme Est. Allinterno di queste zone, sono state create delle enclavi con una rete di posti e di sbarramento. Le città sono divise le une dalle altre perché è necessario un permesso per passare da una zona allaltra e, comunque, questo permesso è difficile da ottenere. Le regole che ne regolano il rilascio continuano a cambiare, soprattutto dal punto di vista delletà dei richiedenti a cui viene rifiutato. Inoltre, liter amministrativo necessario per ottenerlo è arbitrario e frustrante. La situazione è peggiorata con larrivo di Hamas al governo, perché coloro che hanno bisogno di un permesso devono rivolgersi direttamente allAmministrazione civile israeliana, e il Governo israeliano si rifiuta di cooperare con qualsiasi autorità ufficiale della Palestina. Questo sistema dei permessi spiega anche il declino economico dei TPO dato che la manodopera e i prodotti non possono circolare liberamente.
61. Nel giugno 2006, mi sono recato a Nablus, città completamente circondata da posti di controllo, al punto che la maggior parte dei suoi abitanti non possono né entravi né uscirvi. Nablus è diventata di fatto una città prigioniera.
62. Gli Israeliani giustificano i posti di controllo con considerazioni di sicurezza. È difficile accettare questa giustificazione per la maggior parte di essi. Dopotutto, il Muro costituisce una barriera di sicurezza efficace tra Israele e i TPO e cè, lungo la striscia di terra dovè stato installato il blocco di colonie di Ariel, una linea di posti di controllo che dovrebbe efficacemente gli Israeliani. I posti installati altrove, ad esempio attorno a Nablus, non rispondono apparentemente ad alcuna necessità di sicurezza. Si può quindi concludere che lobiettivo principale di molti di essi è in realtà di impedire ai Palestinesi di dimenticare che Israele è padrone delle loro vite e di umiliarli allo stesso tempo.
XI. SEPARAZIONE DELLE FAMIGLIE
63. Il diritto ad una vita famigliare è riconosciuto da tutti gli strumenti relativi ai diritti delluomo. Nei TPO Israele ne ostacola lesercizio in diverse maniere. Prima di tutto, il Muro alzato tra i quartieri di Gerusalemme costituisce una separazione tra i Palestinesi a seconda che abbiano dei documenti didentità di Gerusalemme o della Cisgiordania. Quando due coniugi hanno dei documenti diversi, spesso non hanno altra scelta che vivere separati affinché colui che possiede i documenti di Gerusalemme possa conservare i vantaggi che vi sono legati. Il 18 % delle famiglie palestinesi di Gerusalemme sono quindi separate dal padre 12 % dalla madre. Inoltre, le autorità hanno di recente lanciato una politica che consiste nel respingere i Palestinesi titolari di passaporto straniero. In passato, questi Palestinesi erano autorizzati a vivere in Cisgiordania a condizione di rinnovare il loro visto ogni tre mesi. La nuova politica concerne circa 50 000 Palestinesi di Cisgiordania, ai quali viene ormai rifiutato il visto (vedi Haaretz del 10 luglio 2006). Infine, una legge israeliana relativa alla cittadinanza vieta ai Palestinesi che sposano degli Arabi israeliani di vivere in Israele con il proprio congiunto. Questa legge è stata di recente oggetto di un decreto controverso dellAlta Corte di giustizia israeliana che ha giudicato che il testo, che non si applica agli Israeliani ebrei che sposano degli stranieri, era costituzionale per ragioni di sicurezza. Secondo la Corte, lo Stato ha il diritto di impedire ad un Palestinese di vivere con il proprio congiunto israeliano in Israele perché dei Palestinesi che minacciano la sicurezza di Israele potrebbero approfittarne per entrare nel paese.
XII. AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA
64. E chiaro che Israele non cerca di conquistarsi i cuori e animi quando rende giustizia; agisce piuttosto con un pugno di ferro per gli arresti e nel trattamento dei detenuti e dei prigionieri. Sembra che la situazione si sia degradata dopo che Hamas è stato eletto al Governo.
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