Rapporto: le forze di occupazione hanno arrestato 3500 palestinesi durante la prima metà del 2018

Ramallah/Gaza-Addameer. Le forze di occupazione hanno arrestato 3533 palestinesi dall’inizio del 2018 fino al 30 giugno, tra cui 651 bambini, 63 donne e 4 giornalisti.

Nel contesto delle continue violazioni del diritto internazionale e dei diritti del popolo palestinese, le organizzazioni palestinesi per i diritti umani che lavorano sulla questione dei prigionieri (The Palestinian Prisoners Club, Addameer Prisoners Support e Human Rights Organization, The Prisoners Commission e Al Mezan Centre for Human Rights) hanno registrato un totale di 449 palestinesi detenuti dalle forze di occupazione durante il mese di giugno 2018.

Questo numero include 117 arrestati provenienti da Gerusalemme; 55 arrestati a Ramallah e Al-Bireh; 75 arrestati a Hebron; 29 arrestati a Jenin; 51 provenienti da Betlemme; 49 da Nablus; 30 da Tulkarem; 14 da Qalqiliya; 7 da Tubas; 6 da Salfit; 4 da Gerico; e 12 dalla Striscia di Gaza.

Per quanto riguarda la politica di detenzione amministrativa, ci sono stati 83 ordini emessi a giugno mese da parte dell’occupazione. Di questi  83 ordini, 36 sono nuovi, mentre i rimanenti sono stati dei rinnovi.

Per quanto riguarda le cifre complessive sui prigionieri, il numero è rimasto stabile a circa 6000 prigionieri. Di questa cifra, 61 sono donne con 6 ragazze di età inferiore ai 18 anni. Il numero di bambini detenuti ammonta a circa 350. Nel contesto della detenzione amministrativa le forze di occupazione hanno emesso 502 ordini di detenzione amministrativa dall’inizio dell’anno. 197 di essi sono nuovi ordini, portando il numero di prigionieri amministrativi a 430.

La politica della negligenza medica.

Il Servizio carcerario israeliano continua a negare ai prigionieri il diritto a cure mediche adeguate. Dall’inizio del 2018, le organizzazioni palestinesi per i diritti umani, che lavorano su questioni relative ai detenuti, hanno documentato diversi casi di negligenza medica nelle carceri israeliane causando gravi complicazioni.

Un esempio di tale negligenza è il caso di Hassan Al-Tamimi. Al-Tamimi era un ex-prigioniero di 18 anni  rilasciato alla fine di maggio 2018. A causa di un’estrema negligenza medica, Hassan ha perso la vista. Ciò è stato dovuto al fatto che gli sono state negate cure adeguate per i suoi problemi al fegato e ai reni, e il carcere non soddisfaceva il suo bisogno di una dieta rigorosa. Senza queste cure, Hassan è stato esposto al rischio di morte. Allo stesso modo, e a causa della stessa politica, il 2018 ha visto numerosi casi di gravi complicanze che hanno colpito persone affette da tumore. Tra questi il ​​caso di Yaser Rabia di Betlemme e Rajai Abd-alQader di Deir Ammar.

Yaser Rabia, che sta scontando una condanna a vita, soffre di un tumore all’intestino e sta ancora aspettando un intervento chirurgico per la sua rimozione. Nel caso di Rajai Abd al-Qader, che attualmente sta scontando una condanna a 45 mesi, l’amministrazione penitenziaria non gli ha fornito nient’altro che antidolorifici da quando gli è stato diagnosticato un cancro ai polmoni e al fegato.

Le organizzazioni summenzionate hanno riferito che a circa 30 detenuti sono stati diagnosticati tumori a  diversi stadi. Questi 30 prigionieri fanno parte di una popolazione carceraria alquanto numerosa, che soffre a causa della politica di negligenza medica. Tale negligenza include il ritardo nel trattamento e nei controlli e alla fornitura ai detenuti di farmaci non corretti o insufficienti.

Vale la pena notare che 61 prigionieri sono morti all’interno delle celle del carcere a causa della politica di negligenza medica a partire dal 1967.

Esecuzioni e cadaveri delle vittime.

Le organizzazioni hanno documentato la morte di 4 prigionieri nella prima metà del 2018, rendendo il numero totale di prigionieri morti nelle carceri israeliane 216 dal 1967.

Uno di questi casi è stato quello di Yassine Omar al-Saradih,  33 anni di Gerico, morto poche ore dopo il suo arresto all’alba di giovedì 2 febbraio. Un video del suo arresto mostrava soldati dell’IDF mentre attaccavano brutalmente Al-Saradih. Il rapporto dell’autopsia ha in seguito rivelato che è stato ucciso da un proiettile, rinvenuto al di sotto del suo stomaco e sparato da distanza zero. Il rapporto mostrava anche bacino fratturato, bozzi e lividi in tutta la testa, collo, petto e spalle.

Il rapporto menzionava pure il caso di Mohammad Abd Al-Karim Marshud, un trentenne del campo profughi di Balata, a est di Nablus. Marshud è stato ucciso da un colono israeliano l’8 aprile 2018 nei pressi di Maale Adumim, insediamento illegale a est di Gerusalemme. Dopo essere stato gravemente ferito, è stato arrestato e trasferito all’ospedale Hadassa Ein Karem, dove ha perso la vita la sera del giorno seguente.

Mohammad Subhi Asmar Anbar, detenuto di 44 anni proveniente dal campo profughi di Tulkarem, è stato colpito di fronte al posto di blocco militare di Jbara vicino a Tulkarem. In seguito arrestato e trasferito all’ospedale di Meir. Anbar ha perso la vita, dopo pochi giorni, l’8 aprile 2018. A seguito di un esame fisico, il rapporto ha mostrato la causa della morte dovuta a rottura degli intestini e delle arterie e anche ad avvelenamento del sangue.

Un altro esempio di morte è il caso di Aziz Awisat, un 53enne di Gerusalemme, brutalmente aggredito e attaccato dai suoi carcerieri nella prigione di Eshel. L’assalto ha provocato un ictus presso la clinica carceraria Ramleh il 9 maggio. È stato trasferito al centro medico di Assaf Harofeh, dove ha perso la vita il 19 maggio 2018.

Dopo queste 4 morti, il rapporto osserva che il numero totale delle morti tra i prigionieri, dal 1967, è arrivato a 216: 73 sono morti a causa di torture, 61 a causa della politica di negligenza medica e 7 sono stati uccisi come risultato di spari diretti delle guardie e/o dei carcerieri nelle prigioni.

Detenzione dei cadaveri delle vittime.

L’occupazione ha continuano con la sua politica sistematica di sottrazione dei cadaveri adducendo varie giustificazioni. Attualmente detiene un totale di 253 cadaveri, inclusi 24 dall’ottobre 2015. Tra i corpi vi sono quelli di Aziz Awisat, Mohammad Anbar, Mohammad Marshud, Misbah Abu Sbaih e molti altri.

Il 3 marzo 2018, l’autorità generale del Knesset ha ratificato un progetto di legge presentato dal ministro della Pubblica sicurezza Gilad Erden. Questa legge conferisce all’occupazione il diritto di detenere cadaveri palestinesi e di porre condizioni severe ai funerali per i martiri. Le condizioni possono includere, ma non sono limitate a, limitare il numero di partecipanti al funerale, controllare chi può partecipare, controllare il percorso del funerale, decidere quando si terrà e decidere il materiale consentito da usare durante i funerali. In alcuni casi, la legge concede anche alla polizia e all’autorità di occupazione il diritto di determinare il luogo di sepoltura e di multare i responsabili del funerale.

Omar Kiswani.

Omar kiswani venne arrestato dal campus dell’Università di Birzeit il 7 marzo 2018 verso le 16:00. Durante il suo arresto, Kiswani fu aggredito da 5 membri dell’unità speciale. Inoltre, fu preso a calci in testa, schiena, faccia.

Kiswani ha riferito a Addameer e all’avvocato del Club dei Prigionieri Palestinesi, che lo ha visitato a Ofer, di essere stato brutalmente aggredito durante il trasferimento sia fisicamente che verbalmente. Durante il suo trasferimento è stato ammanettato con polsini di plastica, bendato e lasciato a terra per 15 minuti prima di essere trasferito in un altro campo militare, la cui posizione non è stato in grado di identificare. In quel punto, è stato poi lasciato fuori al freddo.

Non appena Kiswani ha raggiunto il centro per gli interrogatori di Al-Mascobiyeh alle 22:00, è stato sottoposto a interrogatorio. Dopo la sessione d’interrogatorio è stato  trasferito in una piccola cella (2×2 metri) dove ha trovato un materasso sul pavimento, una coperta e un buco da usare come toilette. Il posto aveva un cattivo odore ed era gelido.

Ad una settimana dal suo arresto, le forze di occupazione hanno portato la madre di Kiswani ad Al-Mascobiyeh. Quando ha saputo che lei era presente in una delle stanze per gli interrogatori, ha finito per ammettere tutte le richieste e le accuse israeliane. È seguita una lunga serie di interrogatori, che includevano una forte privazione del sonno. In risposta, Kiswani ha fatto uno sciopero della fame della durata di 13 giorni.

Durante tutte le sessioni d’interrogatorio le mani di Kiswani erano ammanettate sul retro della sedia, con sessioni che duravano fino a 20 ore di fila. A Kiswani è stato negato anche il diritto di parlare con un avvocato fino al 26 marzo 2018. Al termine degli interrogatori, è stato inviato nella prigione di Ofer vicino a Ramallah.

Vale la pena notare che le testimonianze raccolte in queste circostanze illegittime sono accettate nei tribunali di occupazione e sono utilizzate contro il detenuto il giorno del processo. Queste politiche sono in conflitto diretto con il diritto internazionale, incluso l’articolo 2 (1) della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, firmata e ratificata il 3 ottobre 1991. Anche se il diritto di essere liberi da tortura è un diritto inalienabile, e non include eccezioni, l’occupazione continua a infrangere ogni giorno leggi e trattati internazionali usando vari metodi disumani di tortura in piena vista e senza essere ritenuti responsabili.

Detenzione amministrativa.

Le forze di occupazione continuano a utilizzare ampiamente la politica di detenzione amministrativa. Dall’inizio di quest’anno (2018) fino alla fine di giugno, sono stati emessi 502 ordini di detenzione amministrativa. I detenuti amministrativi includono due bambini, Hussam Khalifa di Al-Walajaa vicino a Betlemme e Laith Kherma di Kufur Ein vicino a Ramallah.

La politica di detenzione amministrativa è utilizzata anche contro i membri del parlamento palestinese. Tre sono attualmente detenuti sotto detenzione amministrativa: Mohammad Jamal Al-Natsheh, Hassan Yousef e il deputato Khalida Jarrar. Inoltre, questa politica si rivolge anche alle donne palestinesi. Ci sono attualmente due detenute amministrative femminili.

Nel febbraio 2018, i detenuti amministrativi hanno annunciato che avrebbero boicottato tutti i procedimenti giudiziari relativi alla detenzione amministrativa. Ad oggi, prosegue il boicottaggio, con 430 detenuti che hanno boicottato i procedimenti giudiziari durante l’intero periodo. In risposta, le guardie, i tribunali e i pubblici ministeri stanno cercando di costringere le persone a presenziare e partecipare alla farsa legale.

L’uso continuo della detenzione amministrativa da parte delle forze di occupazione è considerata una grave violazione della quarta convenzione di Ginevra, in particolare degli articoli 78 e 147. La detenzione amministrativa è anche considerata un crimine di guerra ai sensi dell’articolo 8 dello Statuto di Roma.

Traduzione per InfoPal di Laura Pennisi