Rapporto: “L’esercito israeliano ha rapito e imprigionato un milione di palestinesi dal 1967”

detaineesdrk-e1460842230195Imemc. Il Comitato dei Detenuti Palestinesi e l’Associazione dei Prigionieri Palestinesi (PPS) hanno riportato che i soldati israeliani hanno rapito circa un milione di Palestinesi, tra cui decine di migliaia di donne e bambini, dall’inizio dell’occupazione della Cisgiordania, della Striscia di Gaza e di Gerusalemme nel 1967. Due detenuti morirono nel 2015 dopo che fu negato loro l’accesso a cure mediche specialistiche.

Nel rapporto congiunto pubblicato lo scorso 17 aprile, Giornata dei Prigionieri Palestinesi, le due associazioni hanno dichiarato che l’esercito israeliano ha rapito, dall’inizio della “Intifada di Al-Aqsa” nel settembre del 2000, fino a oggi, più di 90.000 palestinesi. Tra questi ci sono 11.000 bambini, 1300 donne e ragazze e 65 deputati e ministri del governo.

La relazione rivela anche che Israele ha ordinato quasi 15.000 mandati di detenzione amministrativa, trattenendo i detenuti per mesi, in molti casi anni, senza accuse.

Inoltre, il numero attuale di palestinesi detenuti da Israele ammonta a quasi 7000, tra cui 70 donne e ragazze, detenute in 22 prigioni e centri di detenzione.

“Dal 1° ottobre 2015, l’esercito israeliano ha rapito almeno 4800 palestinesi tra cui 1400 bambini, la maggior parte dei quali provenienti da Hebron e Gerusalemme. Vittime di questi rapimenti sono bambini, anziani, adolescenti, uomini, donne, mamme, insegnanti, giornalisti, scrittori, artisti e operai”.

Il più giovane detenuto attualmente è una ragazza di 12 anni, Deema al-Wawi, di Halhoul a nord di Hebron. E’ stata arrestata il 9 febbraio 2016, dopo che i soldati perquisirono il suo zaino trovandovi, così dissero, un coltello.

Il tribunale militare israeliano ‘Ofer la condannò a quattro mesi e mezzo di carcere, imponendo alla famiglia il pagamento di una multa di 8000 shekels israeliani. La ragazza è stata ripetutamente sottoposta a duri interrogatori, senza avere alcun rappresentante legale o un membro adulto della famiglia che assistesse.

I testimoni oculari hanno contestato le accuse di Israele, dicendo che i soldati la aggredirono e portarono via perché stava camminando vicino a un insediamento illegale (costruito su terreni palestinesi), mentre andava a scuola. Al-Wawi dovrebbe essere rilasciata entro fine aprile.

Tra i detenuti nello stesso carcere ci sono 43 giornalisti palestinesi, rapiti in diverse parti della Cisgiordania occupata.

La relazione dice anche che i rapimenti e gli arresti vanno contro i principi fondamentali della legge umanitaria internazionale, e contro tutti i relativi accordi per i diritti umani, specialmente considerando che gli israeliani hanno torturato la maggior parte dei detenuti, oltre ad aver fatto irruzione all’alba e a notte fonda nelle case palestinesi.

Il rapporto afferma: “Le condizioni in cui versano i detenuti sono estremamente rigide: sono soggetti a ogni tipo di tortura, anche psicologica, sono trattenuti senza un rappresentante legale e vittime di costanti violenze”.

“Le testimonianze mostrano che in quasi in tutti i casi esaminati i detenuti sono stati sottoposti a forme di tortura e abusi; questo include violenza psicologica, abusi psicologici e pubblica umiliazione. Vengono addirittura umiliati e aggrediti davanti alle loro famiglie, dopo che i soldati fanno irruzione nelle loro case per arrestarli”.

Inoltre, nella relazione si legge che Israele detiene 750 palestinesi sotto detenzione amministrativa, per presunti “fascicoli segreti” a cui i detenuti o i loro avvocati non possono accedere.

Ci sono più di 1700 detenuti malati, tra cui 23 che si trovano nella clinica del carcere di Ramla. Molti rimangono in cella e gli vengono somministrati soltanto antidolorifici. 25 di questi soffrono di cancro, e gli vengono negate le cure mediche specialistiche.

Il rapporto ha rivelato che due detenuti palestinesi morirono in un carcere israeliano nel 2015, dopo che si erano visti rifiutare la possibilità di ricevere cure mediche specialistiche. Il numero di detenuti morti nelle carceri israeliane dal 1967 ammonta a 207.

Il primo detenuto morto nel 2015 è stato Ja’far Awad, di 22 anni, originario di Hebron, nel sud della Cisgiordania. E’ morto il 10 aprile 2015 a causa di varie malattie contratte dopo il suo arresto da parte dell’esercito. Soffriva di diabete, polmonite e problemi a varie ghiandole, oltre a numerose altre complicazioni.

Il secondo è Fadi Ali Darbi, 30 anni, dalla città di Jenin nel nord della Cisgiordania: morì a ottobre 2015 per gravi problemi di salute che gli causarono un ictus che lo mandò in coma per parecchi giorni. Ciò provocòo la morte cerebrale e poi la morte definitiva.

Israele ha inoltre ordinato nuovamente l’arresto di 70 palestinesi rilasciati sotto l’accordo di scambio di prigionieri di Shalit, nel 2014. Tra questi c’è Nael al-Barghouthi, precedentemente detenuto per 34 anni.

47 di loro avevano già subito sentenze che sono state re-imposte – violando palesemente i termini dell’accordo di rilascio negoziato con l’Autorità Palestinese. Tra queste troviamo, in molti casi, ergastoli multipli, dopo che Israele ha istituito un comitato speciale per giudicare questi casi. Uno di loro è Samer al-‘Eesawy, che ha portato avanti uno sciopero della fame prolungato finché Israele non approvasse il suo rilascio, salvo poi arrestarlo nuovamente.

Traduzione di Giovanna Niro