Rapporto OCHA: in 2 settimane, le IOF hanno ucciso 8 palestinesi, ferito 140 e demolito 29 edifici

InfoPal. Mentre gli occhi del mondo e dei media mainstream sono rivolti al conflitto in Ucraina, Israele continua la pulizia etnica della Palestina.

Secondo i dati contenuti nel rapporto bisettimanale “Protezione dei Civili“, pubblicato venerdì dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) nel Territorio palestinese occupato, nel periodo compreso tra il 22 febbraio e il 9 marzo, le forze di occupazione israeliane (IOF) hanno ucciso 8 palestinesi, ferito altri 140 e demolito 29 edifici di proprietà palestinese, due dei quali come “punizione collettiva”, sfollando 62 persone, tra cui 28 bambini.

Il 9 marzo, nei pressi del villaggio di Burqa, nel distretto di Nablus, nella Cisgiordania settentrionale, un palestinese di 23 anni è morto per le ferite riportate il 2 marzo, quando le forze israeliane gli hanno sparato.

Il 22 febbraio, vicino ad al-Khader, a Betlemme, un ragazzino di 13 anni è stato ucciso da proiettili israeliani; il 1° marzo, vicino a Beit Fajjar, sempre vicino a Betlemme, un giovane di 19 anni è stato ucciso a colpi di arma da fuoco vicino; il 6 marzo, ad Abu Dis, nella Gerusalemme Est occupata, un adolescente di 15 anni è stato ferito da proiettili.

Il 6 e 7 marzo, nella Città Vecchia di Gerusalemme, due palestinesi di 19 e 22 anni, hanno accoltellato e ferito tre poliziotti israeliani e sono stati uccisi dalla polizia israeliana. Secondo quanto riferito, uno degli assalitori è stato colpito da proiettili israeliani mentre giaceva a terra ferito. I corpi di entrambi i giovani sono ancora trattenuti dalle autorità israeliane.

Altri due palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane il 1° marzo, nel campo profughi di Jenin.

Allo stesso tempo, 140 palestinesi, tra cui 20 minorenni, sono stati feriti dalle IOF in tutta la Cisgiordania. Quasi la metà dei feriti (63) sono stati registrati vicino a Beita e Beit Dajan, entrambi nel distretto di Nablus, Kafr Qaddum, vicino a Qalqilya, nel quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme Est, e nell’area H2 della città di Hebron/al-Khalil, in manifestazioni contro gli insediamenti e in solidarietà con le famiglie a rischio di sgombero forzato.

Le forze israeliane hanno anche effettuato 82 operazioni di ricerca e arresto e arrestato 183 palestinesi durante il periodo di riferimento, ha affermato l’OCHA.

Il 7 marzo, le forze di occupazione israeliane hanno demolito, per motivi punitivi, due residenze nel villaggio di Silat al Harthiya, vicino a Jenin, appartenenti alle famiglie di due palestinesi accusati di aver ucciso un colono israeliano il 16 dicembre 2021, sfollando 12 persone, tra cui sei bambini. Un’altra casa è stata demolita nello stesso villaggio in relazione allo stesso incidente, il 14 febbraio, provocando lo sfollamento di 15 persone; durante gli scontri successivi, le forze israeliane hanno sparato e ucciso un ragazzo di 17 anni.

Inoltre, le autorità israeliane hanno demolito, confiscato o costretto i proprietari a demolire 27 case e altre strutture nell’Area C in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, adducendo la mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele. Di conseguenza, 50 persone sono state sfollate, inclusi 22 bambini, e i mezzi di sussistenza di oltre 140 altri sono stati colpiti. Sedici delle strutture, inclusa una che era stata fornita come assistenza umanitaria, si trovavano nell’Area C e 11 a Gerusalemme Est.

Inoltre, durante il periodo in esame, le forze di occupazione israeliane hanno bloccato gli ingressi principali a cinque villaggi palestinesi nella Cisgiordania settentrionale, interrompendo l’accesso di decine di migliaia di persone ai mezzi di sussistenza e ai servizi.

Sono stati anche registrati 20 casi di attacchi di coloni israeliani, il ferimento di due palestinesi e il danneggiamento di proprietà palestinesi, durante il periodo di riferimento di due settimane, ha affermato l’OCHA.

Il report completo: qui.