Rassegna stampa del 13 febbraio.

Rassegna stampa del 13 febbraio.

A cura di Chiara Purgato.

http://www.arabmonitor.info/?lang=it

   Il sogno del governo Netanyahu: liberarsi dei palestinesi con cittadinanza israeliana

 

Londra, 13 febbraio – Parlando al quotidiano panarabo Asharq al Awsat, pubblicato a Londra, il vice ministro degli Esteri israeliano Danny Ayalon ha affermato che un accordo tra Israele e l'Anp potrebbe anche prevedere uno scambio tra territori e popolazione, in modo che villaggi arabi israeliani possano passare sotto l'amministrazione palestinese in cambio di colonie ebraiche illegali costruite nei Territori palestinesi occupati della West Bank che Israele vorrebbe annettere.

Per Ayalon uno scambio consentirebbe alle parti di mantenere l'integrità territoriale e demografica. All'interno del nuovo governo di estrema destra israeliano c'è una forte corrente che vorrebbe liberarsi, grazie a un accordo con i palestinesi, di buona parte della popolazione araba di Israele: “Gli arabi d'Israele che diventano cittadini della Palestina aiuterebbero anche economicamente lo Stato palestinese”, ha detto Ayalon. 

 

 CRISTINA GRECO – intervista esclusiva
 Con la china in testa. 
 Fumetto e memoria culturale per una lettura di Maus e Palestina.
 di Valentino Sergi

“Può un fumetto veicolare la memoria di eventi drammatici? Possono i momenti tragici della storia dell’uomo e la stessa memoria culturale essere raccontati in forma di nuvole? Maus racconta la Shoah, Palestina parla del conflitto arabo-israeliano, attraverso coinvolgenti espedienti narrativi.

In Maus e Palestina non manca nulla. Torture, martiri, lotte, ribellioni, morte. Ma anche vita, quella familiare al lettore, quella apparentemente ordinaria, quella della quotidianità e non solo. E in tutta questa sofferenza Maus e Palestina ci riservano una sorpresa, quella dell’uso del discorso ironico. L’analisi semiotica ci ha permesso di avvicinarci il più possibile a questi fumetti per cercare le risposte a queste domande. L’ipotesi è quella del fumetto come luogo di ri-valorizzazione della memoria culturale, la speranza è che dall’unione di due grandi passioni possa emergere il senso che ha modellato l’intero lavoro.”

 

http://www.medarabnews.com/

raeliani e palestinesi neutralizzerebbe la minaccia dell’Iran

13/02/2010

Original version: Israeli-Palestinian peace would neutralize Iran threat 

Abraham Yehoshua, professore all’università di Haifa nonché autore di testi come “Viaggio alla fine del millennio” e “Diario di una pace fredda”, analizza la caratteristiche che rendono l’Olocausto degli ebrei il genocidio più emblematico dell’epoca contemporanea; trovando alcune affinità con la minaccia che Teheran rappresenterebbe attualmente  per lo stato di Israele, Yehoshua individua nella pace tra israeliani e palestinesi l’unica soluzione per scongiurare il conflitto diretto con l’Iran

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Sin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, il mondo è stato caratterizzato da conflitti sanguinosi nei quali, o dopo i quali, interi gruppi di popolazioni sono stati uccisi. Si potrebbe citare il massacro di milioni di persone perpetrato dai Khmer Rossi in Cambogia, o l’orribile guerra tribale in Ruanda, o le brutalità nell’ex Jugoslavia, o la devastazione nel Sudan Meridionale.  Ma nonostante tutto, le Nazioni Unite hanno deciso di dedicare un giorno di commemorazione speciale solo all’Olocausto degli ebrei  in Europa.

Cosa ha reso unico l’Olocausto degli ebrei? Non è stato solo a causa della sua portata e della sua crudeltà, ma anche della completa assenza delle circostanze che hanno causato gli altri massacri. Gli ebrei  non furono sterminati per consentire ai nazisti di prendere possesso del loro territorio, perché gli ebrei non avevano un territorio. Essi non furono sterminati perché appartenenti ad una fede differente, dato che i nazisti e i loro alleati erano atei dichiarati. La maggior parte degli ebrei era povera,  e quelli ricchi avrebbero volentieri ceduto tutto ai nazisti se solo fosse servito a salvargli la vita. Piuttosto, i nazisti vedevano gli ebrei come “un virus”, ecco perché il loro sterminio fu così brutale e accurato.

Nonostante la sua unicità, l’assurdo meccanismo che condusse all’Olocausto degli ebrei  non scomparve con la sconfitta dei nazisti, e dobbiamo stare in guardia per il timore che possa comparire di nuovo. Sessantacinque anni dopo la liberazione di Auschwitz, è possibile riconoscere spaventosi segnali di quello stesso meccanismo umano che fabbrica false e allucinanti accuse contro gli ebrei o altri. Ecco perché le Nazioni Unite hanno deciso di celebrare la memoria Dell’Olocausto invece di stabilire un giorno della memoria per tutte le generiche catastrofi umane.

I leader di Israele, che per il Giorno Internazionale della Memoria dell’Olocausto si sono recati in Europa, non ci sono andati solo per rinforzare gli anticorpi contro le manifestazioni di antisemitismo del giorno d’oggi. Piuttosto, ci sono andati per raccogliere supporto politico per opporsi all’acquisizione di armi nucleari da parte dell’Iran, che minaccia apertamente Israele di sterminio.

L’Iran non è la Germania nazista – non lo è in rapporto al suo regime politico, né alla sua ideologia, e certamente non lo è rispetto alle sue possibilità economiche e militari.

E neppure Israele somiglia alle deboli comunità ebraiche che vivevano in Europa all’epoca. Ma nonostante tutte le differenze, il regime iraniano ha adottato la stessa totale opposizione all’esistenza di Israele. Esso rischia perciò di scivolare nello stesso meccanismo umano che ha creato l’infinito odio per gli ebrei  ai tempi dell’Olocausto. E se l’Iran avrà armi nucleari potrebbe essere trascinato, come lo fu la Germania nazista, a compiere un’aggressione folle. 

Cosa si può fare? Nessuno può assicurare che le sanzioni pianificate dalla comunità internazionale persuaderanno l’Iran a desistere dalla sua corsa alle armi atomiche, e pure un tentativo di distruggere il suo potenziale nucleare esporrebbe Israele ad una lunga, estenuante guerra contro la nazione iraniana e i suoi alleati locali.

Ma c’è un altro modo per neutralizzare la minaccia iraniana, un modo che sia allo stesso tempo più appropriato e più morale: un accordo di pace con i palestinesi. Il mese scorso, il ministro palestinese dei fondi religiosi (Waqf ), Mahmoud Habash, ha tenuto un discorso che ha suscitato speranza, in una sessione di preghiera pubblica a Ramallah. Alla presenza dei massimi leader dell’Autorità Palestinese, Habash ha biasimato il coinvolgimento dell’Iran nel conflitto israelo-palestinese.

Sostanzialmente, ciò che egli ha detto è stato pressappoco questo: Cosa avete a che fare con noi? Non abbiamo bisogno della vostra protezione. State solo peggiorando il conflitto, invece di aiutare noi e gli israeliani a risolverlo attraverso il metodo ormai accettato a livello mondiale – due stati per due popoli. Incoraggiando l’estremismo di Hamas, voi state solo provocando una dura reazione da parte di Israele, e in tal modo allontanate la soluzione che tutti agogniamo. Non un solo soldato iraniano ha mai versato sangue per il nostro popolo come hanno fatto i soldati dell’Egitto e della Giordania, eppure questi due stati hanno poi firmato trattati di pace con Israele.

La pace tra Israele e Palestina neutralizzerebbe il velenoso morso dell’odio nutrito dall’Iran nei confronti di Israele, e manderebbe in frantumi il meccanismo politicamente fantasioso che gli fa vedere Israele come il “Piccolo Satana” da distruggere ad ogni costo. Un fronte di pace congiunto di israeliani e palestinesi potrebbe indurre il popolo iraniano a prendere le distanze dalla pazzia che ha preso il sopravvento sulla leadership religiosa di questa grande e onorata nazione.
Per questa ragione, la fine del conflitto israelo-palestinese avrebbe di gran lunga un maggior impatto rispetto a qualsiasi operazione militare israeliana o americana. Quest’ultima, dal canto suo, non farebbe che perpetuare il dolore e la sofferenza di questa regione. 

 

http://www.sky.it/

 

 

 

Gaza, l’infanzia e l'informazione negate: il reportage

Immagini e testimonianze uniche raccolte subito dopo la fine dell’operazione Piombo fuso, la campagna militare israeliana nella Striscia. Guarda la puntata speciale di Current tv (canale 130 di SKY) dedicata alla violazione dei diritti umani

13 febbraio, 2010

 

 

 

http://www.apcom.net/

M.O./ Hamas: Prossima guerra con Israele sarà regionale

18:04 – ESTERI- 12 FEB 2010

Meshaal: “Ma non vogliamo un altro bagno di sangue” 
Roma, 12 feb. (Apcom) – Il leader di Hamas in esilio, Khaled Meshaal, ha avvertito che se scoppierà una nuova guerra con Israele questa volta non sarà limitata alla Striscia di Gaza ma coinvolgerà l'intera regione mediorientale. Lo riporta il Jerusalem Post. Intervistato dal quotidiano arabo pubblicato a Londra, Al Hayat, Meshaal ha tenuto comunque a precisare che Hamas non desidera un'altra guerra e un altro bagno di sangue. Nel gennaio 2009 Israele condusse una massiccia offensiva contro Hamas nella Striscia di Gaza, per fermare i continui lanci di missili Qassam contro le comunità israeliane nel Negev occidentale. Nel conflitto, durato tre settimane, sarebbero morti circa 1.400 palestinesi (secondo fonti di Gaza), tra cui molti civili. 

 

http://notizie.virgilio.it/

M.O./ Ayalon: insediamenti ebraici non sono ostacolo alla pace

Viceministro Esteri Israele: disposti a sacrifici territoriali

Roma, 13 feb. (Apcom) – Gli insediamanti ebraici in Cisgiordania non costituiscono un ostacolo alla pace con i palestinesi: lo ha dichiarato il viceministro degli Esteri israeliano Danny Ayalon, intervistato dal quotidiano arabo edito a Londra, l'Al Sharq Al-Awsat.

Ayalon ha ribadito che lo Stato ebraico è disposto a sacrificare del territorio per arrivare alla pace, ma non ha specificato se un accordo includerebbe anche la Cisgiordania e Gerusalemme Est; tuttavia, si è detto disposto a degli scambi di territorio che permettano di mantenere l'integrità territoriale e demografica sia di Israele che del futuro Stato palestinese.

“Non voglio dire che Israele voglia sbarazzarsi degli arabi israeliani ma sappiamo per esperienza che i Paesi si dividono su linee demografiche, e un buon esempio è l'ex Unione Sovietica”, ha spiegato Ayalon, sottolineando come se i palestinesi vogliono che Israele accetti la loro autodeterminazione essi devono accettare il diritto dello Stato israeliano di definirsi come “ebraico”.

 

 

 

 

 

 

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