Rassegna stampa del 14 febbraio.

Rassegna stampa del 14 febbraio.

A cura di Chiara Purgato.

http://notizie.virgilio.it/

M.O./ Autorità Energia Gaza: centrale elettrica sta per fermarsi

A causa della mancanza di carburante

Roma, 13 feb. (Apcom) – L'unica centrale elettrica della Striscia di Gaza smetterà di funzionare nel giro di qualche ora a causa della mancanza di carburante. Lo ha annunciato l'Autorità per l'energia della Striscia di Gaza – il territorio palestinese controllato da Hamas -, secondo quanto scrive il sito web di Haaretz, che riprende una notizia diffusa dall'agenzia palestinese Maan.

In un comunicato, l'Autorità ha avvertito che ci saranno dei blackout a Gaza, e ha accusato Israele di aver ridotto l'ingresso di carburante per la centrale durante la prima settimana di febbraio.

 

M.O./ Aerei Israele nel cielo del Libano, esercito apre fuoco

Quattro velivoli intercettati fra sud e centro Paese

Beirut, 14 feb. (Ap) – L'esercito libanese ha aperto il fuoco contro quattro velivoli israeliani entrati nello spazio aereo del Paese dei Cedri. Lo ha annunciato l'esercito libanese in un comunicato in cui spiega che le sue unità hanno usato le batterie anti-aeree per costringere i jet israeliani a lasciare il cielo libanese. L'esercito ha annunciato che i velivoli sono stati intercettati nel sud del Libano e nella valle della Bekaa, nel centro del Paese. Aerei da combattimenti dello Stato ebraico violano di frequente lo spazio aereo libanese adducendo che si tratta di missioni di ricognizione.

 

http://www.adnkronos.com/IGN/

Gerusalemme, scoperta sotto la città vecchia una strada di 1500 anni fa

Nella foto la 'Mappa di Madaba', il mosaico bizantino che indica al centro la via principale della città

ultimo aggiornamento: 13 febbraio, ore 19:40

Gerusalemme – (Aki) – Il ritrovamento conferma quanto indicato sulla 'Mappa di Madaba', un mosaico di epoca bizantina che indicava l'antica via principale della Città Santa. L'archeologo: “David Street, attualmente una delle strade più trafficate, mantiene in realtà l'antico percorso di una strada che esiste da 1500 anni

Gerusalemme, 10 feb. – (Aki) – Una scoperta archeologica straordinaria è stata fatta a Gerusalemme, dove è tornato alla luce, sotto la centrale David Street, il lastricato di un'antica via della città, che oltre 1500 anni fa era la principale via di comunicazione di Gerusalemme.La scoperta, rivelata oggi dall'autorità israeliana per le antichità (Iaa) e dall'autorità per lo sviluppo di Gerusalemme, conferma la così detta 'Mappa di Madaba', mosaico che costituisce la più antica rappresentazione della città. Secondo la 'Mappa di Madaba', rinvenuta nel 1876 nella chiesa di san Giorgio a Madaba, 30 chilometri a sud di Amman, in Giordania, l'ampio ingresso occidentale della città di Gerusalemme conduceva a un'unica via, l'arteria principale della città.

“E' bello vedere come David Street, attualmente una delle strade più trafficate, mantenga in realtà l'antico percorso di una strada che esiste da 1500 anni”, ha commentato l'archeologo Ofer Shion, responsabile dello scavo. Il ritrovamento è avvenuto a 4,5 metri sotto il livelo della città vecchia di Gerusalemme, portando alla luce anche recipienti in ceramica, monete e piccoli pesi quadrati in bronzo.

 

 

http://www.ansa.it/

Cisgiordania: tra foto e gas fiorisce il 'turismo della barriera'

I palestinesi chiedono attenzione, anche vestiti da Avatar

13 febbraio, 19:18

BILIN (CISGIORDANIA) – Gli ultimi scatti li hanno dedicati ai dimostranti che questa settimana si sono schierati sotto i reticolati della barriera che separa la Cisgiordania palestinese da Israele agghindati, per sberleffo, come i Nàvi, i personaggi blu di Avatar hit cinematografica del momento. Sono i 'turisti dell'occupazione', viaggiatori un po' più avventurosi della media che – fra impulsi di solidarietà politica, curiosità e un tocco di presenzialismo – si vedono sempre più spesso, camere digitali al collo, sullo sfondo delle ormai abituali 'proteste anti-muro' del venerdì.

Arrivano da mezzo mondo, Italia inclusa, per fotografare e fotografarsi. O girare video amatoriali. Ci sono i turisti per caso e quelli che mostrano di volersi documentare sulla storia della controversa genesi d'una cortina che, fra recinzioni e tratti di muro in cemento armato, corre per decine e decine di chilometri lungo questa eterna linea del fronte. Cortina voluta a suo tempo dal governo di Ariel Sharon per fermare le incursioni del terrorismo kamikaze e di cui Israele – dati sul calo degli attentati alla mano – difende la necessità. Ma che la Corte internazionale dell'Onu ha definito illegale e i palestinesi avvertono come una forma d'inaccettabile punizione collettiva, quando non come “un simbolo di apartheid”. Per farsene un'idea, si possono scegliere diverse mete.

Quelle più battute dai turisti occidentali sono i villaggi cisgiordani di Nabi Selech, Naalin, al-Maasara e soprattutto Bilin: centro abitato tagliato in due dallo sbarramento nel quale il 19 febbraio sarà 'celebrato' il 5/o anniversario delle proteste. Proteste che sono il frutto della “resistenza pacifica” di migliaia di palestinesi e pacifisti israeliani e internazionali, affermano i promotori dei Comitati popolari locali. La loro linea, giurano, è la non violenza. Anche se proprio a Bilin – dove in questi anni si sono avuti contusi, feriti e qualche morto – sono più frequenti i tafferugli: le sassaiole di alcuni dimostranti, l'uso di proiettili di gomma e lacrimogeni (anche ieri) delle forze di sicurezza israeliane.

I visitatori occasionali, comunque, non paiono darsene per intesi. E d'altronde le regole d'ingaggio dei soldati sembrano più caute quando fra i manifestanti è segnalata una presenza significativa di stranieri. Ideatore “in chiave anticoloniale” della protesta modello Avatar, Mohammad al-Khatib, fermato e rilasciato a più riprese dai militari israeliani, si mostra compiaciuto. Tratteggia le sue iniziative come come uno sforzo “creativo” volto a richiamare un barlume d'attenzione dal mondo. E in questo senso, dice all'ANSA, tutto fa brodo: comprese le 'strategie di marketing' che favoriscono il coinvolgimento nei “venerdì di Bilin” di semplici curiosi e persino pellegrini, accanto ad attivisti, fotoreporter o giornalisti. Secondo Khatib, la partecipazione internazionale è importante per far conoscere all'estero la sorte dei contadini che hanno perso terra e lavoro a causa del grande steccato.

Condizione che potrà cambiare per qualcuno, dopo la recente sentenza dell'Alta Corte israeliana favorevole a un gruppo di palestinesi e l'annuncio delle autorità – formalizzato giusto ieri – dell'avvio di lavori per una deviazione parziale del tracciato che attraversa Bilin. Ma che resta gravosa e senza sbocchi per molti altri. Sia come sia, e malgrado gli incidenti, il numero dei visitatori che inseriscono una tappa da queste parti continua ad aumentare. Sono persone “stanche dei soliti viaggi”, spiega all'ANSA Samer Kokali, dell'agenzia turistica non-profit Alternative Tourism Group di Betlemme, che dal 1996 organizza soggiorni in Cisgiordania.

Un tour operator sui generis che, oltre alle visite ai siti religiosi e artistici, propone incontri con esponenti politici palestinesi e israeliani o con i coloni, ma anche lezioni di cucina, lingua e cultura araba. E, con le cautele del caso, assiste chi desidera fare una puntata nelle 'zone calde'. Non ci interessa il business, sostiene Kokali, ma che “la gente venga qui e veda con i suoi occhi la situazione”. Al di là della sfida al pericolo o del brivido del fuggi-fuggi d'occasione.

 

 

domenica 14 febbraio 2010 

http://www.ilgiornale.it/?SS_ID=-1

E nell’ombra si nasconde la terza Intifada

La teoria dei corsi e ricorsi è un po’ vecchiotta, ma quando mercoledì scorso un poliziotto palestinese al posto di blocco di Tapuah nell’West Bank ha pugnalato, uccidendolo, un soldato israeliano, tutta Israele non ha potuto fare a meno di ricordare quell’ottobre del 2000, quando la pace sembrava fatta, gli accordi di Oslo ancora non erano stati distrutti a Camp David, e tutt’a un tratto un poliziotto palestinese, in una di quelle speranzose ronde congiunte di forze armate palestinesi e israeliane insieme, sparò in testa a un soldato di Tzahal. Poco dopo, ci fu l’assalto alla tomba di Giuseppe, dove un soldato israeliano druso fu ferito a morte e morì dissanguato perché una torma jihadista non lasciò arrivare i soccorsi. Era l’anticamera dell’Intifada.
Oggi, i segnali somigliano a quelli antichi: due mesi fa, è stato ucciso un padre di sette figli, Meir Chai, e fra i tre assassini, tutti di Fatah, uno era un membro dei servizi di controspionaggio; nel novembre del 2007 tre poliziotti palestinesi uccisero un abitante di Shaveui Shomron, negli insediamenti. Un mese dopo due membri del Servizio Generale di Intelligence uccisero due autostoppisti israeliani. E non è finita qui. È ovvio che gli israeliani vivono un dilemma: aiutare la polizia che dovrebbe impegnarsi a battere Hamas, o piegarsi all’idea che le armi ai palestinesi alla fine si rivoltano contro di te? Una parte dell’opinione pubblica spinge a cessare la collaborazione. Ma il primo ministro Salam Fayyad, che è sempre molto accorto e che gode in particolare sia dell’aiuto americano che di quello israeliano, ha sfidato l’oltranzismo palestinese per condannare l’attentato dell’ufficiale della sua polizia. Ma basterà? Ci sono molti dubbi che questo possa fermare un’ondata che si gonfia rapidamente, e la cui origine è nella emulazione di Hamas, e nella confusa politica di Fatah e di Abu Mazen, attaccati apertamente anche da Fayyad, che cerca di tenerli fuori dalle casse e dalle cariche governative.
Ma Abu Mazen è ancora è il prediletto dell’Occidente, la carta su cui si punta per il processo di pace. Le facilitazioni messe in atto dal governo israeliano ai check point, la promozione dell’economia che ha portato lo Stock Exchange palestinese al più 12 per cento e l’estendersi di grandi quartieri palestinesi a nord di Bir Zeit (attaccata a Gerusalemme) e a nord di Gerico, segnalano un invito costante di Netanyahu a tornare al tavolo delle trattative. Ma Abu Mazen non accetta, e spiega che il cosiddetto freezing delle costruzioni nei Territori di 10 mesi peraltro da Netanyahu, non è completo. Dunque per tenere aperta una situazione sempre più difficile gli americani hanno fatto un passo indietro: salvo imprevisti riprenderanno, come sedici anni fa, colloqui condotti tramite un intermediario. È triste, ma Israele ci sta, e può darsi che parlare a Bibi e a Mitchell senza contatto protegga Abu Mazen dalle accuse di essere al servizio dell’imperialismo yankee e israeliano. Ma Abu Mazen difficilmente vorrà parlare di cose sostanziali, per due ragioni: la prima è che il suo popolo è talmente radicalizzato con continue glorificazioni ufficiali del terrorismo suicida che invadono la stampa, la piazza, la tv e anche i programmi per i bambini, che non lo seguirebbe in una politica di accordi. Abu Mazen si è preoccupato della concorrenza di Hamas che ormai ha preso Gaza e potrebbe prendersi anche l’West Bank molto di più che non del processo di pace: ne va della sua sopravvivenza politica e forse fisica. La seconda ragione, è che l’Autonomia Palestinese ha visto aprirsi in questi giorni il baratro senza fine di una grande discussione sulla corruzione grazie al giornalista palestinese Khaled Abu Toameh del Jerusalem Post e all’incredibile coraggio del suo intervistato Fahmi Shabaneh ex capo della Commissione Anti Corruzione dell’Ap. Shabaneh, un avvocato, ormai inseguito da un ordine di cattura dell’Autorità Palestinese, rifugiatosi a Gerusalemme est, ha detto che nel momento in cui ha deciso di parlare per prima cosa si è comprato la tomba; egli sostiene che Abu Mazen si è circondato di tutti i corrotti che lavoravano per il suo predecessore Arafat, e che la vittoria di Hamas a Gaza sarà presto ripetuta a Ramallah dato il disgusto della popolazione. Shabaneh dice molte cose, fra cui che il personale di Fatah ha sottratto personalmente 3,2 milioni di dollari donati dagli Usa per le elezioni parlamentari del 2006 poi vinte da Hamas. L’avvocato ha anche indicato lo scandalo sessuale testimoniato da un video molto esplicito: Rafik al Husseini, il capo della segreteria di Abu Mazen, viene sorpreso dalla polizia palestinese mentre estorce prestazioni sessuali alla sua segretaria e poi si lascia andare a accuse di debolezza e corruzione contro il suo capo. C’è da aspettarsi che mentre la gente se la ride per le nudità di uno dei suoi boss e commenta le ruberie subite ormai dai tempi di Arafat, con i suoi famosi conti in banca a Parigi, si alzi la temperatura antisraeliana. Dove la democrazia non c’è, funziona così: si focalizza l’odio su chi non c’entra niente.
www.fiammanirenstein.com

 

dal mondo

domenica 14 febbraio 2010, di Associazione Ya Basta Nordest

Palestina – Avatar in difesa di Pandora

 

Attivisti palestinesi, isrealiani e internazionali hanno dato vita a diverse manifestazioni in West Bank sabato scorso.

Le iniziative a Bi’lin and Sheikh Jarrah sono state particolarmente creative: alcuni manifestanti infatti si erano travestiti come le creature blu dell’ultimo film di James Cameron, Avatar. Come in Avatar i palestinesi lottano contro l’occupazione.

L’esercito isrealiano è intervenuto per disperdere i manifestanti con bombe sonore e gas, ferendo diverse persone. Dr Mustapha Barghouthi, Secretary General of the Palestinian National Initiative, ha condannato questa tattica commemntando che “gli attacchi alle manifestazioni non scoraggeranno la lotta popolare contro il sistema di apartheid ceato da Isreale.

L’esercito aveva cercato di fermare gli attivisti, bloccandone le macchine e costringendoli ad arrivare con mezzi vari. La prossima settimana a Bil’in ci sarà una manifestazione particolare per celebrare i 5 anni di resistenza non violenta. Ci si aspetta un ampia partecipazione.

Manifestazioni analoghe si sono svolte a Al Ma’asara, Nabi Saleh e Sheikh Jarrah

 

 

http://www.loccidentale.it/

M.O. Hamas annuncia l'arresto di un giornalista inglese

14 Febbraio 2010

Un giornalista britannico identificato come Paul Martin è stato arrestato nella Striscia di Gaza per “reati contro la sicurezza del Paese”, stando a quanto riferito oggi dal portavoce del ministero dell'interno, Ehab Al-Ghsain.

“Abbiamo confessioni sulle violazioni della legge palestinese di cui si è reso responsabile il giornalista”, ha detto Al-Ghsain senza precisare da chi le confessioni siano venute. Secondo l'Associazione della stampa estera a Gerusalemme, un giornalista di nome Paul Martin negli ultimi anni ha visitato il Medio Oriente in diverse occasioni.

Da una ricerca su Internet, risulta che abbia lavorato per quotidiani come ilTimes e il Daily Mirror e per il sito web della BBC. Finora non è stato possibile avere conferme dal consolato britannico a Gerusalemme, che è competente per Gaza.

 

 

 

 

 

 

 

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