Rassegna stampa del 2 aprile.
A cura di Chiara Purgato.
Israele-Palestina, almeno 13 raid nella Striscia di Gaza
Si tratta dell'attacco più massiccio dal 2008 – Almeno tredici attacchi missilistici sono stati portati dall'aviazione militare israeliana nella Striscia di Gaza: lo riferiscono testimoni palestinesi. Quattro raid sarebbero stati condotti nei pressi della città di Khan Younis, la scorsa settimana teatro di sanguinosi scontri fra truppe israeliane e miliziani palestinesi. Un quinto attacco ha colpito Gaza City. Secondo quanto dichiarato da Israele i raid avevano come obiettivo fabbriche di armi, mentre membri di Hamas sostengono che i bombardamenti abbiamo colpito solo fattorie e piccole proprietà private. Alcuni testimoni riportano la morte di diversi civili e il ferimento grave di tre bambini. Il corrispondente della Bbc afferma che si tratta dell'attacco più massiccio dalla fine dell'operazione Piombo Fuso.
ISRAELE MINACCIA, OFFENSIVA SU GAZA SE NON SI FERMANO RAZZI”
(AGI) – Gerusalemme, 2 apr.- Israele ha minacciato un'offensiva militare su larga scala nella Striscia di Gaza se non si fermano i lanci di razzi dall'encLave palestinese controllata da Hamas verso il deserto del Negev. “Se non cessano i razzi contro Israele, dovremo intensificare il livello della nostra attivita' e aumentare le azioni contro Hamas”, ha detto il vice-premier, Silvan Shalom. Un monito lanciato poche ore dopo una notte di pesanti bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza, che hanno causato tra l'altro il lieve ferimento di tre bambini palestinesi, colpiti da schegge di vetro. “Non vogliamo che i ragazzini spaventati debbano essere cresciuti nei rifugi e cosi', alla fine, saremo costretti a lanciare un'altra operazione militare. Speriamo di poterlo evitare, ma e' una delle opzioni in campo -ha avvertito Shalom- e se non avremo scelta, la useremo nel prossimo futuro”. Durante le ultime settimane si e' assistito a una recrudescenza di violenza nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, un'escalation culminata con il violento scontro del 26 marzo (il peggiore dall'offensiva del 2009 'Piombo Fuso') in cui sono morti due soldati israeliani oltre a due miliziani di Hama. Finora Israele ha sempre risposto con attacchi sporadici, ma e' sempre piu' concreto il timore di una nuova campagna militare, simile a quella che- all'inizio del 2009- causo' la morte di 1.400 palestinesi, la gran parte civili, e 13 israeliani.
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M.O.: PREMIER ANP, NEL 2011 CELEBREREMO NASCITA STATO PALESTINESE |
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(ASCA-AFP) – Gerusalemme, 2 apr – Il Premier palestinese Salam Fayyad ha dichiarato che entro il mese di agosto del 2011 il mondo festeggera' la nascita dello Stato palestinese. In un'intervista pubblicata oggi sul quotidiano israeliano Haaretz, Fayyad ha affermato che questo giorno sara' ''celebrato dall'intera comunita' delle nazioni''. ''Il tempo per la nascita di queso 'bambino' arrivera''', ha aggiunto prevedendo che avra' luogo entro ''il 2011''. ''Questa e' la nostra aspettativa e la dimostrazione della nostra volonta' di esercitare il diritto di vivere in liberta' e in dignita' nel Paese in cui siamo nati, accanto allo Stato di Israele in completa armonia'', ha spiegato. L'obiettivo dell'agosto del 2011, indicato da Fayyad, e' legato alle dichiarazioni fatte dai leader palestinesi nell'agosto del 2009 riguardo alla creazione di uno stato indipendente entro 2 anni. |
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Indipendenza per la Palestina. Indipendenza energetica
Rendere autosufficiente sul piano energetico la terra palestinese da Israele. È il progetto a lungo termine dell'architetto Mario Cucinella
La Palestina dipende sul piano energetico da Israele per il 98 per cento. Un territorio che, nei prossimi anni, dovrà affrontare un grande problema: l'aumento demografico da un lato e un limitato accesso alle fonti energetiche dall'altro. Si capisce dunque che, prima di parlare di indipendenza geo-politica della Palestina, si dovrà pensare a come renderla autonoma sul piano energetico.
«Gli edifici sono semplici, energivori, in quanto privi di accorgimenti architettonici per ridurre gli sprechi». Così Mario Cucinella ci racconta, appena rientrato dal viaggio nel Vicino Oriente, la realtà architettonica palestinese. L'architetto partecipa a un'iniziativa volta alla realizzazione di costruzioni a risparmio energetico, promossa dal ministero dell'Ambiente italiano in collaborazione con le autorità palestinesi. E che coinvolgerà anche gli studenti delle facoltà di Architettura e Ingegneria locali.
Ma cosa si farà in concreto? «Si introdurranno delle semplici tecnologie per modificare il modo di costruire in Palestina. Per esempio utilizzare materiali isolanti, pareti più spesse, inserire fonti di energia rinnovabile, per creare energia diffusa localmente. Ogni famiglia avrà così la propria riserva energetica, e la potrà magari condividere e scambiare con gli altri nuclei familiari.
Per la prima volta il governo palestinese affronta il tema dell’ecologia, e chiama l’Italia per le sue competenze in fatto di bioedilizia, design e architettura. La difficile situazione in cui vive questo popolo, fatta di inquinamento, rifiuti, difficile accesso alle fonti idriche, spinge il governo palestinese a porre l’attenzione sul grande tema dell'energia rinnovabile. «È un'apertura, si tocca con mano la speranza di cambiamento e di rinnovamento di un paese arretrato per le vicende politiche sanguinose, ma che possiede un alto livello di know how ingegneristico presso le università» afferma l'architetto Cucinella.
I prossimi incontri italo-palestinesi saranno a maggio-giugno per mettere a punto quella che sarà una svolta verso l'edilizia bio e nuove pratiche di consumo sostenibili. Per trasformare le città come Ramallah, denominata la nuova Beverly Hills in quanto mix di lusso e degrado, in nuovi centri a basso impatto ambientale.
Davide Ziveri è uno psicologo sociale di Parma. Vive a Torino e nel tempo libero è un'attivista dell'Operazione Colomba. Un progetto che applica il principio della difesa popolare non violenta in aree callde a livello globale.
A Maggio partirà nuovamente per la Cisgiordania.
Qual è il tipo di attività che svolgete nei territori occupati?
Il principio cardine della presenza di Operazione Colomba negli scenari di conflitto in cui lavora (Kossovo, Colombia, Castel Volturno) è la condivisione. Essere presenti a fianco di chi soffre la violenza del conflitto è il nostro posizionamento etico minimo. Per questo un gruppo di volontari assicura una presenza nel villaggio palestinese di At-Tuwani tutti i giorni dell'anno, vivendo nelle stesse condizioni di chi non può avere la luce elettrica a causa del divieto israeliano di allacciare i cavi alla rete elettrica o patisce l'arbitrarietà dei controlli militari israeliani ai check-point. Le attività che più ci impegnano sono quelle di accompagnamento dei pastori palestinesi mentre escono a far pascolare le greggi nei propri campi poiché spesso vengono aggrediti dai coloni o scacciati dall'intervento dei soldati israeliani. Oltre a cercare di negoziare e a fare interposizione nonviolenta, siamo sempre muniti di videocamera con la quale documentare le violazioni dei diritti umani.
Ci tengo a sottolineare che, coerentemente con l'obiettivo della riconciliazione a cui l'agire nonviolento tende ostinatamente, Operazione Colomba è presente anche a Gerusalemme Ovest per dialogare anche con la popolazione israeliana.
Ci puoi raccontare la giornata abituale dei bambini palestinesi che vivono in Cisgiordania?
I bambini del villaggio di Tuba per andare e ritornare dalla scuola più vicina, sita nel villaggio di At-Tuwani dove viviamo, debbono percorrere una strada in territorio palestinese che però passa tra la colonia israeliana di Ma'on e l'avamposto (anch'esso illegale secondo le leggi internazionali) di Havat Ma'on dove in passato hanno subito aggressioni fisiche da parte dei coloni. Dopo la denuncia dei volontari internazionali ora è l'esercito israeliano ad accompagnare i bambini a scuola. Spesso però la jeep arriva in ritardo o abbandona i bambini a metà del percorso. I bambini palestinesi dunque perdono ore di scuola o sono costretti a correre con la paura di essere di nuovo attaccati dai coloni. Se tutto va bene raggiungono i volontari alla fine della strada e vanno a scuola, sebbene l'edificio che la ospita ha ricevuto l'ordine di demolizione perché considerato abusivo da parte di Israele. Nel pomeriggio i bambini aiutano i genitori nei campi e spesso ritrovano gli stessi soldati, ma questa volta le IDF (l'esercito israeliano) non viene per scortarli, bensì per intimare loro di allontanarsi dai propri terreni. I bambini palestinesi del villaggio di At-Tuwani e del vicino villaggio di Tuba vivono costantemente sotto occupazione militare: recentemente due minori che portavano al pascolo le pecore sono stati arrestati per diverse ore senza nessuna accusa.
Com'è il rapporto con la popolazione locale? E con i coloni e l'esercito israeliano?
La relazione di fiducia con la popolazione locale è ottima: vivere le stesse difficoltà aiuta a capirsi, nonostante le differenze culturali e linguistiche. Le famiglie del villaggio di At-Tuwani scelsero la nonviolenza come metodo di resistenza ben prima del nostro arrivo: Operazione Colomba è presente solo per sostenere questa scelta che, nonostante essere l'unica possibilità per una convivenza pacifica, continua a subire la repressione di Israele. Con i coloni è praticamente impossibile parlare, nonostante i tentati approcci, dato il loro atteggiamento violento, intransigente ed ideologico. Un discorso diverso è possibile con alcuni soldati, spesso giovani reclute di leva: alcuni di loro comprendono come non sia possibile ne giusto assicurare la sicurezza di Israele attraverso la violenza nei Territori Occupati, eppure eseguono gli ordini. Il minoritario movimento pacifista israeliano, al cui interno troviamo i pochi obiettori di coscienza, rappresenta senza dubbio la faccia sana della società israeliana e l'unico interlocutore lucido per costruire la pace, eppure vengono osteggiati tanto dal governo di estrema destra come dall'opinione pubblica.
Com'è cambiato nel tempo il ruolo dello “scudo umano” grazie soprattutto alle nuove tecnologie?
Sebbene la base della nonviolenza continui ad essere la fisicità del corpo, l'essere disarmati di fronte all'avversario per farsi carico della sofferenza delle vittime e mostrare ai violenti l'inutilità e la brutalità dei loro gesti, è altresì importante far conoscere la situazione anche all'opinione pubblica europea, soprattutto considerando il ruolo che l'Unione Europea ed i governi dei nostri paesi giocano nel legittimare e mantenere accesa la violenza di questo conflitto. Per questo la telecamera è la nostra arma, e spesso viene sequestrata o rotta dai coloni o dall'esercito: la verità della violenza è insopportabile e senza giustificazioni. Quando si riesce a mostrarne la faccia è facile capire chi ha la responsabilità di fermare le aggressioni e cominciare a costruire una pace con giustizia. Per questo ci trovate sul sito www.operazionecolomba.it e sul canala At-tuwani di YouTube.