Rassegna stampa del 24 febbraio.

Rassegna stampa del 24 febbraio.

A cura di Chiara Purgato.

http://www.medarabnews.com

La guerra sotterranea di Israele

Mahmoud al-Mabhouh, importante esponente di Hamas e uno dei fondatori delle brigate Ezzeddin al-Qassam, il braccio armato del movimento, è stato assassinato lo scorso 19 gennaio a Dubai, ma le ripercussioni di quell’evento si avvertono ancora oggi, soprattuttoa causa dell’inaspettata svolta che a metà febbraio hanno avuto le indagini condotte dalla polizia di Dubai.

Le immagini dei membri della squadra che si ritiene abbia portato a termine l’omicidio, catturate dalle telecamere a circuito chiuso dell’albergo in cui tale omicidio ha avuto luogo, hanno fatto il giro del mondo, assieme alle foto dei loro passaporti ed alla notizia che questi ultimi, a prima vista appartenenti a individui di nazionalità britannica, irlandese, francese, e tedesca, erano stati realizzati in gran parte rubando l’identità di persone reali in possesso anche della cittadinanza israeliana.

Questo ed altri elementi hanno spinto il capo della polizia di Dubai, ma anche la stragrande maggioranza dei commentatori della stampa internazionale, a puntare il dito contro il Mossad, l’agenzia d’intelligence israeliana, nota per aver compiuto numerose operazioni analoghe in passato.

I paesi europei da cui provenivano i passaporti falsificati hanno chiesto spiegazioni a Israele, che dal canto suo ha negato ogni addebito. Il governo israeliano, come è sua abitudine in questi casi, non ha confermato né smentito ufficialmente il coinvolgimento dei propri servizi segreti.

Il ministro degli esteri israeliano Avigdor Lieberman ha affermato che non esiste alcuna prova che leghi direttamente l’assassinio di Dubai al Mossad, ma la stessa stampa israeliana, soprattutto nei giorni immediatamente successivi al 19 gennaio, ha attribuito l’operazione in maniera ben poco velata, e con un malcelato orgoglio, all’agenzia d’intelligence israeliana, lodando le capacità del suo attuale direttore Meir Dagan. A ciò si sono accompagnati i silenzi, e i “sorrisi compiaciuti”, di diversi responsabili israeliani.

Tuttavia, dopo che quella che era stata descritta inizialmente come un’operazione “perfetta” si è trasformata in uno scandalo internazionale a causa delle rivelazioni della polizia di Dubai, anche sui giornali israeliani hanno cominciato a fare la loro comparsa alcune voci critiche.

In particolare, il dubbio che è stato espresso da più parti in Israele è se fosse lecito mettere in pericolo dei comuni cittadini israeliani (in contrasto con i più elementari obblighi che lo stato israeliano, come ciascun altro stato, ha nei confronti dei propri cittadini) sottraendo le loro identità per compiere una simile operazione. Molti si sono anche chiesti se fosse opportuno rischiare di danneggiare i rapporti con i paesi europei i cui passaporti sono stati utilizzati dalla squadra che ha portato a termine l’omicidio il 19 gennaio.

In effetti, la “tempestività” e l’utilità di una simile operazione sono state messe in dubbio anche da buona parte della stampa europea. Questo tipo di operazioni, anche laddove sono coronate dal “successo”, si rivelano spesso controproducenti.

Nel 1997, il Mossad tentò di assassinare Khaled Meshaal, attuale leader di Hamas, che all’epoca si trovava in Giordania. Ma l’operazione fu scoperta, e Israele fu obbligata a fornire l’antidoto al veleno che era stato iniettato a Meshaal, ed a rilasciare il fondatore di Hamas, lo Sheikh Ahmed Yassin. Inoltre Tel Aviv rischiò di compromettere seriamente i rapporti con la Giordania, con la quale aveva firmato un accordo di pace solo tre anni prima.

Nel caso attuale, l’operazione è “tecnicamente riuscita”, poiché Mabhouh è stato eliminato fisicamente, ma Israele rischia di pagare un prezzo molto alto in termini di immagine a livello internazionale.

Innanzitutto, l’adozione di metodi extragiudiziari contravviene alle norme più elementari di uno stato di diritto, e si avvicina molto a quelle tattiche “terroristiche” che Israele dice di condannare. Ciò nonostante, hanno probabilmente ragione i responsabili e gli analisti israeliani quando affermano che il polverone di questi giorni è solo “una tempesta in un bicchier d’acqua”, e che i paesi europei non hanno interesse a compromettere i rapporti con Tel Aviv perché condividono con lo stato d’Israele gli stessi obiettivi nella lotta al terrorismo.

Questa affermazione potrebbe essere “esplicitata” nella maniera seguente: anche gli stati europei, come Israele, e come gli Stati Uniti, adottano metodi extragiudiziari nelle loro campagne antiterrorismo. Questo è vero in Afghanistan, come in Pakistan e in Iraq (ma anche in Europa: basti pensare allo scandalo delle “extraordinary renditions”), dove la tattica degli omicidi mirati e delle incursioni degli aerei senza pilota – ma anche il ricorso alla tortura – è stata abbondantemente utilizzata dai paesi occidentali in passato, ed è applicata tuttora.

Ma questi metodi fanno sì che la “lotta al terrorismo” sia completamente screditata agli occhi del mondo arabo-islamico, dove molti considerano le campagne antiterrorismo dei paesi occidentali come nient’altro che “terrorismo di stato”.

Inoltre, il modo in cui è stato assassinato Mabhouh, avendo comportato una palese violazione della sovranità di Dubai, è destinato a determinare una crisi nei rapporti fra Israele e gli Emirati Arabi Uniti, sui quali Tel Aviv aveva sempre puntato per giungere a una normalizzazione delle proprie relazioni con i paesi arabi.

Dubai ha basato la propria fortuna sul fatto di essere una sorta di territorio neutrale – un “porto franco”, per l’appunto – dove gli interessi economici avevano la meglio sui conflitti politici. Questo piccolo emirato non può permettersi di diventare uno dei tanti teatri dei conflitti regionali. Anche così si spiega la determinazione della polizia di Dubai a non lasciare impunito questo assassinio.

L’affronto viene considerato tanto più grande, dagli Emirati, alla luce del fatto che solo pochi giorni prima dell’uccisione di Mabhouh il ministro israeliano delle infrastrutture Uzi Landau si era recato ad Abu Dhabi in occasione di una conferenza sulle energie rinnovabili, in quella che era considerata una visita storica, trattandosi della prima volta che un ministro israeliano veniva accolto dalla capitale degli Emirati.

E’ però opinione diffusa nel mondo arabo che Israele non abbia tanto voluto provocare o umiliare gli Emirati, quanto piuttosto far sapere ai suoi avversari in Medio Oriente di aver scatenato una guerra senza quartiere contro di essi, una guerra che non si arresta di fronte ai confini di nessuno stato.

Secondo molti osservatori arabi, Tel Aviv ha scelto in questo momento di preferire, rispetto a un intervento militare diretto, una guerra sotterranea fatta di attentati e operazioni sotto copertura per imporre il proprio “potere di deterrenza” nella regione.

Una teoria ancora una volta confermata dalla stampa israeliana, dove appaiono commenti che esaltano “audaci omicidi” attribuiti ad Israele, che avrebbero seminato il panico tra i “leader dell’asse del male”, e dove ci si vanta del fatto che Nasrallah, il segretario generale di Hezbollah, è costretto a vivere in un bunker da più di tre anni, e che Hamas si sta ancora “leccando le ferite” dopo l’aggressione israeliana a Gaza.

L’assassinio di Mabhouh è infatti solo l’ultimo di una serie di attacchi e attentati che hanno avuto come obiettivo membri di Hamas, di Hezbollah e della Guardia Rivoluzionaria iraniana. Il primo di questi episodi attribuiti ad interventi del Mossad si verificò lo scorso dicembre quando un autobus con a bordo esponenti di Hamas e funzionari iraniani saltò in aria vicino a Damasco.

Se Israele ha davvero scatenato questa guerra sotterranea – come diversi indizi lasciano ritenere – la sua prima vittima saranno inevitabilmente i già deboli sforzi di pace nella regione. Come hanno affermato alcuni commentatori arabi, questa guerra sembra dimostrare che Israele predilige il linguaggio della forza e le logiche egemoniche alla via del dialogo e del negoziato pacifico.

Una politica di questo genere, adottata in un momento in cui è in atto una tregua a Gaza e sul confine israelo-libanese, può avere conseguenze estremamente gravi per l’intera regione. Innanzitutto fa mancare il terreno sotto i piedi a tutti coloro che nel mondo arabo cercano il dialogo e la soluzione pacifica dei conflitti; spinge movimenti come Hamas e Hezbollah a cercare a loro volta di compiere azioni di rappresaglia; e accresce ulteriormente le tensioni in un momento già estremamente difficile a causa della questione nucleare iraniana.

Diversi osservatori mediorientali hanno fatto notare che, colpendo al di fuori dei propri confini, e al di fuori dei confini della Palestina, Israele estende le aree di instabilità e rischia di far diventare altri paesi un teatro di scontro del conflitto israelo-palestinese. Ciò potrebbe a sua volta spingere gli avversari di Tel Aviv a colpire gli interessi israeliani in altri paesi. Hamas, che finora ha sempre adottato il principio di limitare la propria battaglia al territorio della Palestina storica, potrebbe decidere di cambiare politica e colpire anche altrove.

La sensazione che Israele stia oltrepassando i propri limiti è stata espressa, del resto, non solo dalla stampa araba, ma anche da giornali occidentali. Fra gli altri, un commento del britannico Daily Telegraph ha parlato, a proposito dell’assassinio di Mabhouh, di “missione suicida” di Israele, affermando che l’operazione di Dubai ha messo in evidenza “l’assurdo pensiero suicida che in questo momento passa per essere la politica estera e la strategia militare di Israele”.

L’articolo mette in evidenza come ultimamente l’attuale classe dirigente israeliana abbia danneggiato gli interessi del paese anche attraverso altri episodi: ad esempio umiliando l’ambasciatore turco e, pochi giorni fa, rifiutando di incontrare una delegazione di membri del Congresso americano solo perché era sponsorizzata dalla lobby filo-israeliana pacifista J Street.

Alla luce di quanto esposto fin qui, sembra che la logica dello scontro sia destinata a prevalere su quella del dialogo. L’assassinio di Mabhouh ed il protrarsi dell’assedio di Gaza non lasciano alcun dubbio sul fatto il governo israeliano sia determinato a distruggere Hamas. E questa sembra essere anche la posizione di Washington, a giudicare dal contributo determinante che gli americani stanno dando alla costruzione del muro sotterraneo al confine fra l’Egitto e la Striscia di Gaza, e dalle pressioni che a quanto pare essi hanno esercitato sul presidente palestinese Mahmoud Abbas per dissuaderlo dal giungere ad una riconciliazione con il movimento islamico palestinese.

Del resto, le voci su una possibile ripresa dei negoziati sotto forma di colloqui indiretti fra il governo israeliano e l’Autorità Nazionale Palestinese non suscitano particolari speranze. Qualora questi colloqui avessero inizio, essi sarebbero comunque privi di un chiaro quadro negoziale e di scadenze precise, ed avverrebbero con un presidente palestinese delegittimato dagli scandali e dalla scelta stessa di intraprendere delle trattative in assenza di garanzie e senza un congelamento degli insediamenti in Cisgiordania e a Gerusalemme Est.

Fahmi Shabaneh, l’ex ufficiale dei servizi di sicurezza palestinesi che ha rivelato scandali di corruzione e scandali sessuali a carico di alti funzionari dell’ANP dagli schermi di Channel 10, un’importante rete televisiva israeliana, ha minacciato di fare ulteriori rivelazioni nelle prossime settimane. Il fatto che Shabaneh abbia fatto la sua denuncia da una TV israeliana ha destato i sospetti di alcuni. Diversi commentatori hanno fatto osservare che il filmato su cui si basano le accuse di Shabaneh risale a 18 mesi fa. Il fatto che Channel 10 abbia accettato di trasmetterlo ora potrebbe avere a che fare, secondo costoro, con un tentativo di mettere il presidente palestinese con le spalle al muro.

Quest’ultimo si trova di fronte a due scelte che potrebbero entrambe rivelarsi fatali per il suo futuro politico: accettare di impegnarsi in colloqui indiretti privi di qualsiasi garanzia (e trovandosi in una posizione facilmente ricattabile a causa degli scandali di queste settimane), oppure rifiutare il negoziato rischiando di inimicarsi Washington, da cui l’ANP dipende pesantemente da un punto di vista finanziario.

In entrambi i casi il destino politico di Abbas appare a molti ormai segnato.

 

http://www.corriere.com/index.php

«Dal premier il via libera al Mossad»

Articolo pubblicato il: 2010-02-22

TEL AVIV – Un assassinio programmato nei minimi particolari dal Mossad, approvato dal primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu e condotto utilizzando passaporti di cittadini britannici copiati all’aeroporto di Tel Aviv: i domenicali Sunday Times e Sunday Telegraph gettano luce sulla morte di Mahmoud al-Mabhouh a Dubai con una serie di rivelazioni e ricostruzioni che puntano il dito contro i vertici dei servizi segreti e del governo israeliani. In un lungo articolo il Sunday Times racconta che il premier israeliano si sarebbe recato agli inizi di gennaio al quartier generale del Mossad accompagnato da un generale. 
Ad accoglierlo c’era Meir Dagan, il capo dei servizi, che l’avrebbe accompagnato in una stanza in cui si trovavano anche alcuni membri del commando assassino responsabile della morte del capo di Hamas. Lì Netanyahu avrebbe appreso la dinamica dell’operazione – che a detta di Dagan era già stata simulata in un albergo di Tel Aviv – e al termine dell’incontro avrebbe detto agli agenti: «Il popolo di Israele conta su di voi. Buona fortuna!». Secondo la ricostruzione fornita dal giornalista del domenicale britannico, che cita fonti interne allo stesso Mossad, la missione non era considerata rischiosa. Alcuni agenti del commando seguivano da tempo al-Mabouh nei suoi viaggi all’estero – i loro passaporti, in seguito emersi come falsi, erano già stati infatti registrati a Dubai dalle autorità aeroportuali – e avevano appreso che si sarebbe nuovamente recato nell’emirato, pare con l’intenzione di raggiungere il porto iraniano di Bandar Abbas per organizzare una spedizione di armi. Gli agenti erano arrivati da Parigi, Francoforte, Roma e Zurigo e poche ore dopo l’assassinio sono ripartiti alla volta di Paesi diversi. Secondo quanto ha rivelato ieri il Sunday Telegraph, i passaporti britannici utilizzati da sei di loro sarebbero stati copiati segretamente da funzionari dell’immigrazione all’aeroporto di Tel Aviv.

 

http://notizie.virgilio.it/

Figlio di leader Hamas a servizio dell'intelligence israeliana

Con la sua attività di spionaggio, Mosab Yousef ha reso possibili numerosi arresti di leader palestinesi – Mosab Hassan Yousef, figlio di uno dei fondatori di Hamas, ha rivelato di aver lavorato per anni a servizio dello Shin Bet, l'agenzia di sicurezza israeliana. Durante la seconda intifada, le attività di spionaggio di Yousef hanno permesso allo Shin Bet di arrestare un grande numero di leader palestinesi, tanto di Hamas quanto di Fatah. Nelle sue memorie, raccolte in un libro di prossima pubblicazione negli Stati Uniti, Yousef si augura ora di mandare un messaggio di pace agli israeliani, pur essendo pessimista sulla possibilità che si giunga ad un accordo tra Israele e l'Autorità Nazionale Palestinese guidata da Abu Mazen e Fatah, isolando dunque Hamas. Secondo Yousef, infatti, Hamas non può accettare di fare la pace con gli israeliani, ma al massimo di giungere ad un cessate il fuoco o a tregue temporanee. Lo stesso Yousef accusa la leadership di Hamas di essere responsabile dell'uccisione di palestinesi, non di israeliani, ricordando che gli stessi palestinesi hanno massacrato persone riunite in moschea, durante il golpe a Gaza. Per questa ragione, Yousef sostiene che le sorti del popolo palestinese stiano più a cuore agli israeliani che non ai leader di Fatah e di Hamas.

http://www.osservatorioiraq.it/index.php

Il Tribunale Russell torna in vita. Per la Palestina
di Carlo M. Miele
Osservatorio Iraq, 24 febbraio 2010

A più di quarant’anni dalla sua creazione, il Tribunale Russelltorna in vita. Se però nel 1967 si occupò di Vietnam, questa volta la famosa corte popolare si riunirà per discutere esclusivamente di Palestina. 

Come spiegano i suoi promotori, che possono contare sul patrocinio della Bertrand Russell Peace Foundation Ltd, la decisione di far rinascere il tribunale è nata dopo l’offensiva israeliana a Gaza del gennaio 2009, che “ha reso più palese che mai il disprezzo di Israele per il diritto internazionale”. 

Al di là della riconosciuta responsabilità di Israele, affermano, “l’obiettivo è dimostrare la complicità di Stati terzi e di organizzazioni internazionali, che con la loro passività o con il loro sostegno, permettono che Israele continui a violare, sistematicamente e in forma reiterata, i diritti del popolo palestinese” e, inoltre, “promuove il diritto internazionale come punto cruciale per avanzare nella questione del conflitto fra Israele e Palestina”.

Nella Prima sessione internazionale del tribunale, che si terrà nei giorni 1, 2 e 3 marzo a Barcellona, si parlerà delle presunte violazioni del diritto internazionale commesse nei Territori palestinesi nel corso dell’occupazione israeliana e si valuteranno le eventuali responsabilità dell’Unione europea e dei suoi Stati membri.

Altre sessioni, si terranno poi da qui al 2012 in altre città europee, a partire da Londra, con l’intento di allargare il proprio spettro di indagine anche all’operato in Palestina degli Stati Uniti e delle Nazioni Unite. 

Per quanto non vincolanti, in passato le decisioni del tribunale voluto dal filosofo e pacifista britannico Bertrand Russell hanno avuto un forte impatto sull’opinione pubblica, anche grazie al fatto di essere sostenute da esperti e giuristi di fama mondiale, oltre che da tanti esponenti della società civile internazionale. 

Negli anni sessanta la corte fu presieduta dal filosofo francese Jean-Paul Sartre e poté contare sulla partecipazione di diversi intellettuali dell'epoca, come Lelio Basso, Simone de Beauvoir, Julio Cortázar e Lázaro Cárdenas. 

Oggi, la giuria del Tribunale sarà composta dall’avvocato britannico Michael Mansfield, dalla avvocato francese Gisèle Halimi, dal magistrato della Corte suprema spagnola Pallin José Antonio Martín, dal leader anti-apartheid ed ex ministro sudafricano Ronald Kasrils, dalla premio Nobel per la pace ’76 Mairead Corrigan Maguire, dall’ex membro del Congresso Usa Cynthia McKinney, dall’attivista, scrittrice ed ex-ministra maliana Aminata Traoré, dall’attore spagnolo Alberto San Juan e dall’ex giudice cileno Juan Guzman Tapia.

Il comitato di appoggio internazionale, invece, conta oltre un centinaio di personalità di tutti gli ambiti, come Boutros Boutros-Ghali (ex segretario generale Onu), Mohammed Bedjaoui  (ex presidente del Tribunale internazionale di giustizia), Noam Chomsky (cattedratico del Mit di Boston), Ken Loach (regista britannico) e José Saramago (premio Nobel per la Letteratura nel 1998).

Il sito del Tribunale Russell per la Palestina (Trp)

 

Anp: Le decisioni di Israele possono causare una nuova Intifada


di Federica Ramacci*

La decisione di Israele di inserire nella lista del patrimonio nazionale ebraico la Tomba dei patriarchi di Hebron e la Tomba di Rachele a Betlemme potrebbe causare una nuova Intifada. 

E’ quanto ha affermato ieri il presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) a Bruxelles, dove si trova per una serie di visite ufficiali con i vertici del Belgio e dell’Unione Europea. 

“E’ una provocazione molto grave e potrebbe portare ad una guerra religiosa”, ha dichiarato il presidente Abbas, che accusa il governo israeliano di aver preso questa decisione “in un momento già particolarmente critico” per il processo di pace tra palestinesi e israeliani che invece richiederebbe “una azione intensa e coordinata da parte della comunità internazionale ed uno stop alla costruzione degli insediamenti illegali in Cisgiordania”.

Abbas ha poi lanciato un appello all’Ue affinché partecipi “attivamente al fianco degli Stati Uniti” alla ripresa del processo di pace o il rischio è quello di “una nuova spirale di violenza nella Regione”.

L’annuncio del governo israeliano di inserire i due siti archeologici di Hebron e Betlemme nella lista del patrimonio nazionale dello Stato ebraico ha già scatenato la rabbia dei palestinesi, convinti che le due aree saranno poi interdette ai musulmani. 

L’Autorità palestinese ha indetto uno sciopero generale di tre giorni a Betlemme, che prevede la chiusura di negozi, scuole e università, mentre da Hebron continuano ad arrivare notizie di scontri tra palestinesi e soldati israeliani. 

Durissimo anche l’intervento di Ismail Haniyeh, primo ministro palestinese a Gaza, che ha definito la decisione di Israele “un gesto irrispettoso nei confronti del team di negoziatori palestinesi”. “La decisione è la prova dell'occupazione israeliana in Cisgiordania”, ha detto Haniyeh  che ha esortato i palestinesi della Cisgiordania a ribellarsi contro il progetto israeliano di “annullare la nostra identità e rubare la nostra storia”.

Luoghi contesi

I due siti inseriti da Israele nella lista del patrimonio nazionale ebraico hanno un forte valore simbolico e religioso sia per i musulmani che per gli ebrei e sono stati in più di una occasione teatro di violenti scontri tra israeliani e palestinesi. 

In particolare la Tomba dei Patriarchi di Hebron è il luogo dove il 25 febbraio 1994 il colono ebreo Baruch Goldstein uccise 29 fedeli islamici inginocchiati in preghiera prima di essere linciato e secondo la tradizione ebraica è il luogo dove sono custoditi i resti di Abramo e dei figli Isacco e Giacobbe, figure care sia alla religione ebraica che ai musulmani. 

Il 28 settembre del 2001 fu proprio l’ormai storica passeggiata di Ariel Sharon in un altro luogo sacro per i musulmani, l'Haram al-Sharif (Spianata delle Moschee), a dare il via alla seconda Intifada. 

Eppure, nonostante gli appelli delle autorità palestinesi e i timori per una nuova escalation di violenza, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato in una intervista al quotidiano Ha’aretz che i negoziati con i palestinesi potrebbero riprendere molto presto. 

Lo stesso quotidiano israeliano, citando fonti giordane, ha assicurato oggi che i negoziati tra palestinesi e israeliani potrebbero riprendere già il prossimo 12 marzo e per tre mesi, con la mediazione degli Stati Uniti.

* per Osservatorio Iraq

(Yedioth Ahronoth , Ha’aretz, Bbc News)

[24 febbraio 2010]

http://www.politicamentecorretto.com/

Riferimento alla lettera dal titolo: L'attualità di Hannah Arendt; la “banalità del male” nazicomunista…

 on 24 Febbraio, 2010 00:55:00

 

Senza preamboli.

Marco… e “sulla criminalità del male sionista”, dagli stessi sempre lamentosi moderni israeliani inflitta agli arabi in genere, ed ai palestinesi di Gazah in particolare, nessun riferimento? Del loro essere armati con oltre duecento bombe nucleari abitando una regione di ventimila chilometri quadrati nemmeno una parola?

Non a caso ho denominato israeliani e non ebrei o giudei “i popoli” della kippah, perché geneticamente dimostrare che i “nuovi fratelli macciori”, come li indica Ben 16°, il grande bau da cui pastore tedesco, siano eredi di quelle antiche genti che da NON SOLE abitarono la Galilea, la Perea, la Phalaistine (dal greco) è improbo o, meglio, impossibile.

Infatti, come si può affermare che per un piccolo numero d’uomini, che per breve tempo abitarono quella regione, sia possibile ricostruire la mappa genetica come costoro sostengono per se stessi, così auto definendosi “razza”… e tutto questo proprio quando la moderna biologia dimostra che questo concetto è falso.

Allora, reale concetto, i “razzisti” e sostenitori della razza sono proprio loro, altro che i Nazisti! Ma queste idee di razza e razzismo non sono proprio quelle che tu vuoi combattere? O, devo pensare “fingi di combattere” in uno spirito Templare che ti conobbe?

Il popolo della kippah vive e si nutre di menzogne che spaccia per culturali, e per questo tenta di distruggere la storia dei palestinesi (indoeuropei), oltre che fisicamente massacrarli per farli da quelle latitudini sparire.

Indo europei che lì vivono da almeno cinquemila anni, da quando il Demotico come linguaggio, che durò circa tremila anni, cominciò a estendersi e prendere forma nella striscia egizio- palestino- libanese di quegli antichi tempi.

Dov'erano in quei tempi gli pseudo ebrei, predoni nomadi che incontriamo erranti nel Neghev, e provenienti da schiavitù Mesopotamica di cui “rubarono” miti e leggende che trasposero come propria verità divina.

Dov'erano in quei tempi gli pseudo ebrei, predoni nomadi erranti nel Neghev che per greci, macedoni, bulgari del nord del Mar Nero furono popoli lì natii e scacciati, popoli che oggi si decantano proprietari della terra di Palestina.

Palestina che la grande Urbs proibì all'ebreo d'allora di abitare; dunque, genti che subirono nuova diaspora che li sparpagliò per tutto il mondo facendoli divenire americani, inglesi, spagnoli, italiani, francesi, olandesi, russi, africani, finanche cinesi fin dal terzo secolo della nostra era quando anche fin lì giunsero.

Nel prosieguo delle numerose implicazioni del tuo scritto, Marco, anche noi italiani, a questo punto frammisti a troppi ytalyoty della ormai “colonya ytalya”, è ora che comprendiamo che fummo combattuti, nella II G.M, per la paura suscitata dalla nostra filosofia politica e economica che si schierava contro il sistema sinarchico interbancario voluto e spinto dagli usurai del mondo, e che proprio per ciò ci costrinsero, ovunque infiltrati, a scelte pre belliche forse non oculate, ma inevitabili, così che fummo trascinati nelle “fornace” della stessa guerra ancora impreparati.

E in quella guerra, che l'aggressività smodata di W. Churcill, la stupidità di Stalin e la non cultura dell'Americano scatenarono insieme con le forze in certi trattati definite esotericamente occulte, purtroppo come nazione militarmente ci perdemmo; infatti, la guerra che l'anglosassone, cugini e temporanei amici, dunque dollaro, sterlina e rublo, ci scagliarono contro per rintuzzare la Nostra Idea della Patria, dell'Onore, dello Stato Sociale ci rese succubi, e ancora lo siamo per un meccanismo infernale che ha brutalizzato il mondo intero.

Sostenere, come tu vuoi fare, attraverso la condanna del Nazismo e l'esaltazione di Hannah Arendt e dei suoi,  che la democrazia che si vive oggi, quella esportata e difesa con la menzogna e con il cannone dagli US$, dalla GB£ e dai sionisti sia il migliore dei mondi possibile è un'eresia della logica, una bugia della cultura storica.

E' un'eresia quella che anche tu vuoi sostenere proprio contro il Paese che ti diede i natali, è eresia a ognuno di cultura nota!

E' eresia agli stessi sionisti nota,  perché consapevoli della propria grossolana menzogna che vorrebbe far credere in un loro plurimillenario possesso della Palestina. Essi sanno, infatti, che la regione è stata rubata riscrivendone perfino la storia, abbattendo città, villaggi, case e costruendo un muro che berlusconi, il comico e cattivo berlusconi dichiarava di non avere veduto, quando visitò l'Autorità palestinese.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              

E anche i palestinesi sanno d'essere stati derubati della Patria e dell'identità!

Ma anche statunitensi, inglesi, tedeschi, turchi, olandesi, arabi conoscono la verità sulla Palestina, però ancora è tempo di “Homo homini lupus”!

Allora, Marco, in virtù di tante tue battaglie a volte condivisibili, lascia stare di ancor più affondare il Fascismo italiano, esso fu creatura giusta ed equanime con alcuni errori che ogni sistema statale può compiere senza dolo, però tenendo presente che ovunque la mamma dei cretini è sempre incinta. Voglio così distinguere, ma non ne discuto, il Fascismo ideale di Mussolini e pochi altri, dal fascismo provinciale e bigotto di tanti gerarchi che oggi ben indifferentemente figurerebbero con berlusconi o con la sua Opposizione che però volto non ha!

Ti saluto… e auguri per la salute. A proposito, ora che mi sovviene, quella “cosa a forma di coda d'equino” che ti trascini appresso non credo sia per te simbolo distintivo, anzi, perdonami, la trovo piuttosto ridicola.

Ciao, statti bene, l'ormai altrettanto attempato kiriosomega 

 

http://www.peacelink.it/paxchristi/index.html

La passione vivente di un popolo oppresso

Via Crucis in Terra Santa

Questo testo di Via crucis ti scuote dentro, ti fa male, ti lascia un amaro in bocca. E’ una Via crucis vera, fatta di segni forti, impressa nel cuore di chi la vive. Perché la passione di Gesù non ha spazi privilegiati. Si ricompone in ogni angolo della terra. 
Ma questa è stata pensata spratutto per due spazi vitali: la Terra Santa e le nostre parrocchie. 
Per cogliere che questa Terra Santa non è solo archeologia, ma è passione vivente oggi. 
E’ sangue di migliaia di palestinesi che sono ogni giorno costretti in interminabili checkpoint, che sono di una umiliazione terribile. La Palestina è fatta di gente scacciata dalle proprie case, di agricoltori senza terra, di artigiani senza bottega. E su tutti, domina il tristissimo segno del muro. 
Quel muro che in Europa commemoriamo caduto, venti anni dopo, perché ci siamo accorti che era un terribile segno di inciviltà e di ingiustizia. Ma quello stesso muro, ben più raffinato e ben più ingiusto, divide ora ancor più di due popoli, due lingue, due culture, due religioni. E si fa perciò Via crucis vivente, ogni giorno su strade che portano al calvario di oggi. 
Ma questa Via crucis è anche un monito per tutti noi, per le nostre placide parrocchie. E vuole scuoterci, per contestualizzare una fede che deve essere risveglio di impegno, perché le cose cambino. 

† mons. GIANCARLO BREGANTINI 
Arcivescovo metropolita di Campobasso-Bojano 

 

 

http://www.adnkronos.com/IGN/News

Archeologia: Gerusalemme, scoperta la muraglia di re Salomone

ultimo aggiornamento: 24 febbraio, ore 12:22

Gerusalemme, 24 feb. – (Adnkronos) – Una sezione di un'antica muraglia della citta' di Gerusalemme risalente al X secolo a.C., probabilmente costruita al tempo del biblico re Salomone, e' stata scoperta durante gli scavi archeologici diretti da Eilat Mazar e condotti sotto gli auspici dell'Universita' di Gerusalemme.I resti del possente muro, lungo 70 metri e alto 6, sono emersi nella zona nota come l'area Ophel, tra la citta' di David e il muro meridionale del Monte del Tempio, e sembrano confermare il racconto che la Bibbia fa delle gesta del leggendario Salomone. Nella stessa area sono stati scoperti un corpo di guardia interno per l'accesso al quartiere reale della citta', una struttura reale adiacente al corpo di guardia e una torre d'angolo che si affaccia su una considerevole sezione della vicina valle Kidron.

 

 

 

 

 

 

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