Gerusalemme, incidenti su Spianata delle Moschee
Tensione anche a Hebron
GERUSALEMME – Resta alta la tensione nella Spianata delle Moschee di Gerusalemme dopo che fra dimostranti palestinesi e un reparto della polizia israeliana si sono verificati incidenti in cui una dozzina di palestinesi sono rimasti intossicati da gas lacrimogeni e un agente è stato ferito da sassate.
Ad alimentare la tensione era giunta nei giorni scorsi la decisione del governo di Benyamin Netanyahu di includere fra i luoghi da tutelare per il loro significato al popolo ebraico anche due santuari in Cisgiordania: la Tomba dei Patriarchi di Hebron e la Tomba di Rachele a Betlemme.
Si tratta di Luoghi Santi sia per gli ebrei sia per i musulmani. In seguito il Movimento islamico in Israele aveva avvertito che oggi, in occasione del Purim (carnevale ebraico) “coloni ebrei” avrebbero cercato di fare ingresso nella Spianata delle Moschee. Quando stamane dunque una comitiva di turisti (ebrei e non) è entrata nella Spianata, ha avuto iniziato una fitta sassaiola. Secondo la polizia israeliana, nella nottata alcune decine di giovani palestinesi si erano nascosti nella moschea al-Aqsa allo scopo di contrastare l'ingresso di ebrei nella Spianata.
Nella tarda mattinata una calma precaria è stata ristabilita nella zona, mentre nella Spianata sono riprese le visite dei turisti. Incidenti di carattere circoscritto sono avvenuti anche in alcuni vicoli della Città Vecchia e nel rione palestinese di Ras el-Amud, a Gerusalemme est. Tensione – ma finora nessun incidente – anche a Hebron dove, malgrado gli scontri fra esercito e palestinesi dei giorni scorsi, centinaia di coloni ebrei organizzano oggi un corteo carnevalesco.
M.O./ Ministro Israele: dirigenti Hamas non sono intoccabili
Ben-Eliezer non ammette responsabilità Mossad in omicidio Mabhouh
Gerusalemme, 28 feb. (Ap) – L'omicidio di Mahmoud al-Mabhouh dimostra come Hamas non sia intoccabile e qualsiasi dirigente dell'organizzazione estremista palestinese possa essere un bersaglio: lo ha affermato il ministro del Commercio israeliano, Byniamin Ben-Eliezer, intervistato dalla radio militare dello Stato ebraico.
Ben-Eliezer ha sottolineato di non avere idea sulle responsabilità dell'omicidio – avvenuto il 20 gennaio scorso in un albergo del Dubai e che la polizia dell'emirato attribuisce ai servizi segreti israeliani, il Mossad – ma ha ribadito che l'accaduto potrebbe servire da deterrente verso altri gruppi radicali islamici.
Fino ad ora il Mossad ha sottolineato come non vi siano prove di un suo coinvolgimento nell'operazione, sebbene la stampa israeliana mostri pochi dubbi riguardo alle responsabilità dell'omicidio; la vicenda ha sollevato molte polemiche perché almeno 26 killer avevano con sé dei passaporti falsi di Paesi dell'Ue i cui nominativi corrispondevano tuttavia a persone realmente esistenti, vittime quindi di un furto d'identità: 12 britannici, sei irlandesi, quattro francesi e un tedesco, oltre a tre australiani.
28/02/2010
Original Version: Preempting a ‘white intifada’
Lo status quo tra Israele e i palestinesi potrebbe essere distrutto in un attimo, e i palestinesi potrebbero adottare nuove strategie di protesta, sulla falsariga delle rivoluzioni avvenute nel mondo negli ultimi decenni, facendo perdere a Israele il proprio vantaggio negoziale – scrivono gli accademici israeliani Shaul Mishal e Doron Mazza
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Lo status quo tra Israele e i palestinesi serve gli interessi strategici di Israele e le permette di concentrarsi sul fronte della minaccia iraniana. La situazione relativamente calma dal punto di vista della sicurezza, e il continuo mercanteggiare sui termini dei negoziati con l’Autorità Palestinese (ANP), contribuiscono a creare una percezione di tranquillità e stabilità in relazione a potenziali colloqui con la Siria.
Tuttavia, a causa delle pressioni esercitate sull’ANP e Hamas, questa calma potrebbe essere distrutta in un attimo . La causa del problema risiede in una diversa visione che sta emergendo nelle due entità palestinesi, Gaza e la Cisgiordania, riguardo al potere di Israele di controllare l’agenda diplomatica e impedire un accordo nel prossimo futuro, che possa essere per loro accettabile.
Si può presumere che le attività dei palestinesi siano influenzate dagli sviluppi degli ultimi anni sulla scena internazionale, i quali hanno condotto a un indebolimento delle due superpotenze e ad una rivalutazione dei diritti umani. Questa tendenza si è manifestata nella Rivoluzione di Velluto in Cecoslovacchia nel 1989 e, nell’ultimo decennio, nella Rivoluzione Arancione in Ucraina e nella Rivoluzione dei Tulipani in Kirghizistan. Questi movimenti avevano lo scopo di portare i governi al tavolo delle trattative, e il loro successo fu assicurato principalmente attraverso l’impiego dell’ “arma” dei mass media.
Non si può escludere che, sulla falsariga di queste rivoluzioni, la strategia palestinese adotti un metodo che potrebbe essere definito un’ “Intifada bianca”. Essa potrebbe comprendere un’alterazione della struttura dei colloqui con Israele, da negoziati bilaterali a multilaterali, i quali spezzerebbero il monopolio israeliano e americano sull’agenda diplomatica.
La cosiddetta Intifada bianca implicherebbe maggiori sforzi per creare un sistema politico palestinese e comprenderebbe la costruzione di un’infrastruttura istituzionale per il futuro stato. Essa potrebbe prevedere una dichiarazione della fondazione dello stato palestinese, ampiamente coperta dai mass media, seguita da richieste a Israele, in primo luogo, di ritirarsi dalla Cisgiordania.
L’incapacità di soddisfare le richieste potrebbe essere tale da portare ad una campagna di sanzioni economiche contro Israele, in particolare da parte dell’Europa, e ad altre iniziative nella direzione del boicottaggio e dell’ostracismo. Israele si troverà quindi dinnanzi a due difficili alternative: cedere alle pressioni – il che significherebbe abbandonare la possibilità di avere il coltello dalla parte del manico nel processo di pace – o opporvisi, il che potrebbe esporla ad un maggiore isolamento internazionale.
Inoltre, è possibile che l’opinione pubblica palestinese partecipi ad una campagna di protesta incentrata sul problema degli insediamenti. Un simile passo potrebbe portare ad un conflitto violento, e accelerare così l’intervento internazionale.
Per Israele, una strategia preventiva è quindi chiaramente preferibile alla politica dello struzzo, e deve essere basata su due elementi. In primo luogo, ampliare le possibilità dipomatiche nell’affrontare la quesione palestinese, attraverso un rinnovo dei colloqui e offrendo all’ANP parità di status negoziale. In secondo luogo, ampliare la cerchia di coloro che sono coinvolti nel processo diplomatico, in modo da neutralizzare in anticipo la capacità dei palestinesi di prendere iniziative unilaterali per rafforzare il sostegno internazionale nei loro confronti. Senza iniziative di questo tipo da parte israeliana le probabilità di una Intifada bianca cresceranno e, in un tale scenario, Israele avrà una ridotta capacità di plasmare la realtà geopolitica tra il Giordano e il Mediterraneo.
Shaul Mishal insegna scienze politiche all’Università di Tel Aviv;
Doron Mazza è uno studente ricercatore presso il Dipartimento di Studi Mediorientali alla Ben-Gurion University del Negev; questo articolo è apparso il 23/02/2010 sul quotidiano Haaretz
Dubai, 13:54
DUBAI: POLIZIA, CAPO DI HAMAS DROGATO E SOFFOCATO
Il capo militare di Hamas Mahmud al-Mabhu fu drogato e soffocato il 20 gennaio nella sua camera d'albergo a Dubai. L'autopsia ha rivelato che i killer hanno usato un sedativo per paralizzarlo e poi lo hanno soffocato. 'Gli assassini hanno usato questi mezzi per cercare di far apparire la morte naturale', ha spiegato il vicecomandante della polizia di Dubai, Khamis Mattar al-Mazeina, aggiungendo che la vittima non ha opposto resistenza. –