Rassegna stampa del 3 marzo.

Rassegna stampa del 3 marzo.

A cura di Chiara Purgato.

http://www.israele.net/

02-03-2010

Troppe chiacchiere, pochi fatti (che contano)

 

Scrive Sima Kadmon: «E’ passato poco più di un mese dall’uccisione a Dubai del terrorista di Hamas Mahmoud al-Mabhouh e, andando avanti così, ben presto scopriremo che solo tre o quatto israeliani non sono coinvolti nell’operazione, e solamente perché in quei giorni avevano l’influenza. Qui invece, per una volta, la critica che vogliamo esprimere non è rivolta a coloro che hanno compiuto l’operazione, quanto piuttosto ai giornalisti e ai commentatori che se ne sono occupati. I casi in cui non ci sono informazioni né fughe di notizie, quando la realtà supera di molto la fiction, sono quelli in cui ogni commentatore regna sovrano. Tutti sono espertissimo e tutti hanno qualcosa da dire. E provate a dimostrare che sbagliano, se ci riuscite.
Ammettiamolo: non abbiamo la minima idea di come funzioni la cosa; non abbiamo idea di cosa sia stato pianificato, chi l’abbia realizzato e che cosa esattamente si accaduto a Dubai. Non abbiamo idea del perché siano state svelate le immagini degli operativi e cosa questo significhi.
In effetti, sono passati da un pezzo i tempi in cui noi israeliani mitizzavamo tutto ciò che le nostre forze di sicurezza facevano, convinti che non potessero sbagliare né fallire. Ma ora è diventato impossibile sottrarsi a una situazione in cui tutti, seduti nelle poltrone del proprio salotto, sdottoreggiano si presunti pasticci combinati.
Oggi non è permesso dire nulla di positivo, perché se si dice qualcosa del genere si viene immediatamente bollati come propagandisti del governo. Anche quando il resto del mondo si starà dimenticando dei lamenti per l’utilizzo di passaporti stranieri, noi qui in Israele continueremo a screditare, criticare e aggrottare la fronte col dito alzato.
Una persona intimamente a conoscenza di questo genere di operazioni ci diceva la scorsa settimana che l’80% di ciò che viene pubblicato su questo affaire ha ben poco a che fare con ciò che è realmente accaduto. Diceva che gli operativi “bruciati” e gli elementi svelati non sono le cose più importanti. Ciò che più conta, diceva, è che l’operazione è stata eseguita in circostanze estremamente difficili, che l’obiettivo principale è stato raggiunto e che tutti sono rientrati sani e salvi.
In questo senso si sta commettendo una grossa ingiustizia, qui, soprattutto nei confronti del direttore del Mossad Meir Dagan, diceva ancora la nostra fonte che, naturalmente, non è che l’ennesimo commentatore della vicenda. Se fra cento anni, diceva, verrà permessa la pubblicazione di tutto ciò che Dagan ha fatto, tanti dovranno uscire dalla tomba a andare su quella di Dagan a chiedergli scusa.
E ora, aggrottiamo pure la fronte col ditino alzato.»

(Da: YnetNews, 02.27.10)

http://www.senzacolonne.it/index.php

La Provincia di Brindisi tende una mano a Gaza

MERCOLEDÌ 03 MARZO 2010 12:06 REDAZIONE_2

Brindisi – La Provincia di Brindisi si mobilita per aiutare Gaza. Vista la grave emergenza umanitaria denunciata anche dal Comitato Internazionale di Croce Rossa, l’Ente intende fornire un aiuto concreto alle popolazioni vittima del conflitto bellico in atto nei territori della striscia di Gaza. “Progetto Di Partenariato per la Cooperazione Puglia-Palestina” il nome del programma presentato dalla Provincia con l’obiettivo di contribuire al miglioramento dei servizi sanitari in risposta alle patologie più frequenti di natura endemica o insorte per cause belliche. Perché a Gaza l’emergenza umanitaria continua a essere drammaticamente un problema quotidiano.  Dopo l’embargo e le distruzioni mancano quasi tutti i generi di prima necessità, dal cibo all’acqua potabile. La popolazione è allo stremo. Con un sistema sanitario già sul punto di crollare a causa della chiusura del territorio in corso, più di un milione di civili ha disperato bisogno di assistenza medica urgente al di fuori della Striscia di Gaza.

Il flusso interminabile di nuovi feriti e la necessità di posti letto ha portato ad una sospensione delle cure per decine di pazienti, tra cui i malati di cancro, di cuore, e di altri malattie croniche, che sono stati inviati alle loro abitazioni per tutta la durata della crisi. 

 

http://www.osservatorioiraq.it/index.php

Israele-Palestina, la Lega Araba favorevole a negoziati indiretti


Osservatorio Iraq, 3 marzo 2010

La Lega Araba ha deciso di appoggiare la proposta statunitense di colloqui di pace indiretti tra palestinesi e israeliani, in modo da far ripartire il negoziato tra le due parti, fermo da oltre un anno.

A riferirlo è il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat, che oggi ha preso parte a una riunione dell’organizzazione araba, al Cairo.

Secondo Erekat, i funzionari arabi “non erano convinti delle intenzioni di Israele”, ma “hanno deciso di concedere quattro mesi di tempo alla proposta degli Usa”.

In precedenza il presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) Mahmoud Abbas aveva annunciato che avrebbe appoggiato qualsiasi decisione presa dal comitato ministeriale della Lega, che si è riunito questa settimana nella capitale egiziana.

Con ogni probabilità i negoziati indiretti saranno mediati da Washington; spetterà a un rappresentante Usa il compito di fare la spola tra le due parti per condurre le trattative.

I funzionari palestinesi hanno però minimizzato l'importanza di questi colloqui, specificando che quanto fatto dall'inviato di pace degli Usa George Mitchell nell'ultimo anno poteva già essere considerato una forma di “negoziato indiretto”.


Palestina, i bambini vittime dei traumi post-conflitto

di Eva Brugnettini*

Stress post-traumatico, ansia e depressione sono le principali patologie diffuse in Palestina, come conseguenza di anni di guerra e violenze. E i più colpiti sono i bambini, vittime di traumi di ogni sorta per aver assistito a omicidi e violenze fisiche, ricevuto minacce o perso la propria casa.

Medici Senza Frontiere ha condotto uno studio sulla salute psicofisica di 1369 palestinesi nei Territori palestinesi occupati, di cui 773 a Gaza e 596 nell’area di Nablus, in Cisgiordania.

Di questi il 23,2 per cento soffre di stress post-traumatico, il 17,3 per cento di ansia, il 15,3 per cento di depressione. 

Il fatto più drammatico è che i dati si riferiscono ai quattro anni precedenti l’operazione “Piombo fuso”. Se la situazione era già delicata, l’offensiva israeliana su Gaza del gennaio 2009, che ha ucciso più di 1400 persone, di cui 342 bambini, non ha fatto che peggiorare drasticamente le condizioni psicologiche di una popolazione sotto assedio.

A distanza di un anno sono tanti i bambini che continuano a manifestare sintomi da stress post traumatico: si chiudono in se stessi, vanno male a scuola, hanno incubi notturni e bagnano il letto.

Tra questi c’è Mona al-Samouni, 12 anni, che ha assistito alla morte dei genitori e di gran parte della sua famiglia allargata nel sobborgo di Zeitoun, a sud di Gaza City. 

Sulla morte di 23 membri della famiglia al-Samouni ha indagato la missione dell’Onu guidata dal giudice sudafricano Richard Goldstone, nella sezione dedicata agli “Attacchi deliberati contro la popolazione civile”, di cui la strage dei Samouni è uno degli 11 incidenti registrati.

Mona purtroppo è soltanto una delle “migliaia di bambini ripetutamente esposti a violenza, paura, povertà e ansia”, dice il rapporto di Save The Children “La crisi di Gaza: un anno dopo”, che riporta le testimonianze di Shayma, 13 anni, la cui casa è stata distrutta dai bombardamenti e adesso vive con i sei fratelli tra le macerie.

“Ho smesso di fare le cose che mi piacevano, come disegnare, giocare – dice Shayma – Non mi piace neanche più guardare la televisione. A scuola vado peggio rispetto a prima dell’offensiva. Avevo voti molto buoni, adesso non lo sono per niente e ho paura che non riuscirò più a diventare dottore”.

Anche Bilal, 15 anni, ha perso la casa e tutto ciò che la sua famiglia possedeva, ora vive in una tenda: “La mia vita è stata stravolta – racconta – Non ho più sogni. Vorrei solo sentirmi come se avessi di nuovo una casa”.

Aloia è un bambino di 10 anni, racconta a Medici Senza Frontiere che quel giorno era in strada con la madre, il fratellino e una zia. Gli spari hanno ucciso la madre e il fratellino, alla zia sono state amputate le gambe. “Sono arrabbiato e triste. Piango tutto il tempo. Mi manca mia madre”.

Mancanza di concentrazione, di appetito, di sonno, ansia, paura di rumori insoliti, dolorosi flashback tormentano la maggior parte dei bambini di Gaza, mentre i problemi dei genitori si ripercuotono su di loro. 

Una psicologa di Medici Senza Frontiere spiega che i tanti adulti che hanno subito amputazioni “non hanno perso solo un arto o una mano, ma il loro ruolo: professionale, di genitore, di casalinga” e si disperano nell’impotenza di non poter più difendere e mantenere la propria famiglia. Mentre l’embargo sulla striscia di Gaza e la conseguente disoccupazione si aggiunge nel creare tensioni sociali che diventano violenza tra le mura domestiche.

Paura, ansia, stress, non sentirsi più sicuri nelle proprie case, per quelli che ce l’hanno ancora, comunque da nessuna parte, ricordi terribili e le conseguenze dell’embargo, è quanto vive la maggioranza dei bambini di Gaza.

Gli adulti di domani hanno un’infanzia segnata da depressione e rabbia, e questo, secondo i medici di Save The Children, avrà “conseguenze pericolose per il futuro della regione”.

 

http://www.unita.it/

M.O./ Washington plaude a intervento di Netanyahu a Gerusalemme

Roma, 3 mar. (Apcom) – Il Dipartimento di Stato americano ha accolto con soddisfazione l'intervento del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu che ieri ha bloccato un piano per la costruzione di un parco archeologico a Gerusalemme est che prevedeva la demolizione di decine di case palestinesi. Un portavoce del ministero americano, Philip Crowley, ha ricordato la richiesta di Washington ad entrambi le parti di “astenersi da azioni unilaterali che potrebbero incidere sulla fiducia e sugli sforzi per la ripresa dei negoziati” israelo-palestinesi.

L'intervento di Netanyahu è avvenuto due ore prima che il sindaco di Gerusalemme, Nir Barkat, presentasse il progetto al comitato di pianificazione. Il parco archeologico è detto del “Giardino del re”, in riferimento ai giardini del re Salomone, dovrebbe sorgere nel quartiere arabo di Silwan. L'attuazione del progetto implicherebbe la demolizione di una quarantina di case palestinesi costruite senza autorizzazione. I loro proprietari riceverebbero come ricompensa lotti di terreno alla periferia del parco e le autorizzazioni a costruire.

 

http://it.reuters.com/

Medio Oriente, Lega Araba appoggia colloqui pace indiretti

mercoledì 3 marzo 2010 12:55

CAIRO (Reuters) – La Lega Araba ha deciso oggi di appoggiare la proposta statunitense di colloqui di pace indiretti tra palestinesi e israeliani, dando nuova linfa agli sforzi di Washington per tenere in vita il processo di pace in Medio Oriente. Lo hanno fatto sapere alcuni funzionari palestinesi.

Il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas, che ha partecipato al meeting della Lega Araba al Cairo, aveva già annunciato che avrebbe appoggiato qualsiasi decisione presa dal comitato ministeriale, che si è riunito questa settimana nella capitale egiziana.

Israele ha accolto positivamente questa decisione. “Il primo ministro Netanyahu sta invocando la ripresa dei negoziati da un po' e noi speriamo che i colloqui possano andare avanti”, ha detto Mark Regev, portavoce del primo ministro israeliano.

Il negoziatore capo palestinese Saeb Erekat ha detto che i funzionari arabi “non erano convinti delle intenzioni di Israele”, ma “hanno deciso di concedere quattro mesi di tempo alla proposta degli Usa”.

“Se i colloqui indiretti dovessero fallire dopo quattro mesi, allora ci sarà un ulteriore incontro a luglio per valutare la situazione”, ha detto Erekat.

I negoziati indiretti, i cosiddetti “colloqui di prossimità”, vedranno coinvolto presumibilmente un mediatore americano che farà la spola tra Gerusalemme e Ramallah, sede dell'Autorità Palestinese.

I funzionari palestinesi hanno però minimizzato l'importanza di questi colloqui, specificando che quanto fatto dall'inviato di pace degli Usa George Mitchell nell'ultimo anno poteva già essere considerato una forma di “negoziato indiretto”.

Abbas ha interrotto i colloqui di pace come segno di protesta dopo l'offensiva lanciata da Israele nella Striscia di Gaza a dicembre del 2008. Il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese ha detto no anche ai colloqui diretti con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, vista l'espansione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania e a Gerusalemme.

L'ambasciatore siriano, Yousef al-Ahmed, ha detto che la decisione della Lega Araba è servita solo per dare “copertura politica” ad una scelta che i palestinesi avevano già fatto.

 

Israele, annullato raid descritto da soldato su Facebook

GERUSALEMME (Reuters) – L'esercito israeliano ha annullato un'incursione in territorio palestinese dopo che un soldato ne aveva riportato i dettagli, incluso la tempistica e il luogo, sulla sua pagina di Facebook. Lo riferisce oggi la radio dell'esercito israeliano.

Il soldato, esonerato dall'obbligo di partecipare ai combattimenti, ha descritto nel suo status come la sua unità operativa avesse deciso un raid per compiere una serie di arresti nella zona della Cisgiordania, dice la stazione radio. I suoi amici di Facebook lo hanno poi denunciato alle autorità militari.

Il portavoce dell'esercito israeliano non ha rilasciato immediatamente dichiarazioni in merito.

Israele dice che le incursioni in Cisgiordania hanno lo scopo di catturare militanti sospettati di preparare attentati contro Israele. I funzionari palestinesi sostengono invece che le incursioni israeliane minano gli sforzi delle autorità della Cisgiordania di far rispettare le leggi, mantenendo l'ordine.

 

 

http://www.notiziedalmediooriente.it/


ASCOLTATE GLI EROI DI ISRAELE

 

2 marzo 2010

L’altro giorno ho fatto una telefonata a Rami Elhanan. Non parlavamo da sei anni e molte cose sono successe nel frattempo in Israele e in Palestina. Rami è un graphic designer che vive con la sua famiglia a Gerusalemme. Suo padre è un sopravvissuto di Auschwitz. I suoi nonni e 6 tra zii e zie sono morti nell’Olocausto. Quando mi si chiede a proposito di eroi, io parlo senza esitazioni di Rami e sua moglie Nurit.

Poco dopo aver fatto la sua conoscenza, Rami mi mostrò una registrazione amatoriale molto difficile da guardare. Ritraeva sua figlia Smadar, di 14 anni, mentre ballava, rideva e suonava il pianoforte. “Amava molto ballare”, mi ha detto. Nel pomeriggio del 4 settembre 1997, Smadar e la sua migliore amica Sivane avevano un provino per l’ammissione alla scuola di danza. Quella mattina aveva litigato con sua madre, preoccupata del fatto che la figlia dovesse andare da sola al centro di Gerusalemme. “Non volevo ostacolarla”, dice Nurit, “quindi la lasciai andare”. 

Rami era nella sua macchina quando accese la radio per sintonizzarsi sul notiziario delle 3 di pomeriggio. C’era stato un attacco suicida nel centro commerciale di Ben Yehida. Più di 200 persone erano rimaste ferite e c’erano numerosi morti. Pochi minuti dopo il suo telefono squillò. Era Nurit, e piangeva. Cercarono invano negli ospedali, poi all’obitorio; e così iniziò ciò che Rami descrive come la loro “discesa nell’oscurità”. 

Rami e Nurit sono tra i fondatori del Circolo dei Genitori, o Forum delle famiglie in lutto, che mette assieme israeliani e palestinesi che hanno perso i loro cari. “E’ doloroso riconoscerlo, ma non c’è alcuna differenza dal punto di vista morale tra il soldato israeliano che impedisce alla donna palestinese incinta di oltrepassare il checkpoint facendole perdere il bambino, e l’uomo che ha ucciso mia figlia. E così come mia figlia è stata una vittima [dell’occupazione], così era anche lui”, ha detto. Rami descrive l’occupazione israeliana e l’espropriazione della terra palestinese come un “cancro nel nostro cuore”. Nulla cambierà, dice, se non finisce l’occupazione.

In occasione di ogni “Jerusalem Day” – il giorno in cui Israele celebra la conquista militare della città – Rami va in strada con una fotografia di Smadar e le bandiere israeliana e palestinese incrociate. La gente gli sputa addosso e gli urla che è un peccato che anche lui non sia saltato in aria in qualche attentato. Eppure Rami e Nurit sono riusciti ad ottenere straordinari risultati. Rami va nelle scuole israeliane con un membro palestinese del gruppo e mostra le mappe di ciò che dovrebbe essere la Palestina, e abbraccia l’amico palestinese. “Questo è come un terremoto per i bambini che sono stati educati e manipolati per odiare”, dice. “Ci dicono: ci avete aperto gli occhi”. 

Ad ottobre, Rami e Nurit sono stati all’Alta Corte di Israele mentre il consigliere di Stato, “impreparato, sciatto e senza parole”, scrive Nurit, “è rimasto come un comandante di plotone al comando di nuove reclute e ha rifiutato di convalidare le accuse”. Salwa e Bassam Aramin, genitori palestinesi, erano lì. Le lacrime solcavano il volto di Salwa. La loro figlia di 10 anni Abir Aramin è stata uccisa da un soldato israeliano che l’ha colpita a sangue freddo alla testa con una pallottola di gomma mentre si trovava nei pressi di un chiosco a comprare dolci con la sorella. I giudici apparivano annoiati e uno di loro ha fatto notare che i soldati israeliani sono raramente condannati e che quindi sarebbe stato meglio lasciar perdere. Il consigliere di Stato ha riso. Questo è normale. 

“I nostri bambini”, ha detto Nurit ad un incontro lo scorso dicembre per ricordare l’anniversario dell’attacco israeliano a Gaza, “quest’anno hanno imparato che tutte i disgustosi attributi che gli anti-semiti attribuiscono agli ebrei, sono invece evidenti tra i nostri leader: inganno, avidità, e assassinio di bambini… quali ideali di bellezza e bontà possiamo infilare in un apparato fatto di lavaggio del cervello e distorsione della realtà?”

Rami ora mi dice che l’Alta Corte ha deciso alla fine di investigare la morte di Abir Aramin. Questo non è normale: è una vittoria. 

“Dove sono le altre vittorie?”, gli ho chiesto. 

“L’anno scorso in America, un palestinese ed io abbiamo parlato 5 volte di fronte a migliaia di persone. C’è un grosso cambiamento nell’opinione pubblica americana, ed è li che risiede la speranza. E’ solo la pressione dall’esterno di Israele – soprattutto se proveniente da ebrei – che farà finire questo incubo. Gli occidentali devono capire che finchè c’è silenzio, questo guardare dall’altra parte, questo profano abuso dell’etichetta di anti-semita applicata ai critici di Israele, non sono diversi da quelli che hanno guardato dall’altra parte durante i giorni dell’Olocausto”. 

Dal massacro israeliano del Libano del 2006 e la devastazione di Gaza del 2008-9 e il più recente assassinio politico del Mossad a Dubai, la criminalità dello Stato di Israele è stata impossibile da nascondere. L’11 febbraio, l’importante Reut Institute di Tel Aviv ha consegnato un rapporto al governo israeliano, nel quale fa notare che la violenza non è riuscita a far ottenere gli obiettivi di Israele ed ha invece prodotto opposizione a livello internazionale. “Nelle operazioni dell’anno scorso a Gaza”, afferma il rapporto, “la nostra superiorità militare è stata offuscata da un’offensiva sulla legittimità di Israele che ha portato ad un importante arretramento della nostra posizione internazionale e che pesa sulle future scelte e piani militari”. In altre parole, la prova del razzismo e volontà omicida del Sionismo è stata una sveglia per molti; ottenere la giustizia per i palestinesi, ha scritto il musicista israeliano Gilad Altzmon, è ora “al centro della battaglia per un mondo migliore”.

Tuttavia, gli altri ebrei nei paesi occidentali, in particolare in Gran Bretagna e in Australia, dove la loro influenza è critica, restano ancora in silenzio, guardano ancora dall’altra parte, continuando ad accettare, come dice Nurit, “il lavaggio del cervello e la distorsione della realtà”. Eppure la responsabilità a parlare non potrebbe essere più chiara e le lezioni della storia – per molti la storia di famiglia – dimostra che chi persiste nel silenzio è colpevole. Per un po’ di ispirazione, io raccomando il coraggio morale di Rami e Nurit. 

 

http://www.repubblica.it/

DUBAI: POLIZIA CHIEDERA' ARRESTO DI NETANYAHU E CAPO MOSSAD

La polizia di Dubai chiedera' alla magistratura un mandato di arresto di Benjamin Netanyahu e del capo del Mossad, presunto mandante dell'omicidio di Mahmoud al-Mabouh, il leader di Hamas eliminato in un hotel negli Emirati. Il capo della polizia emiratina, intervistato da al Jazira, si e' detto 'quasi certo' che l'omicidio sia stato commissionato, preparato e messo in atto da agenti segreti israeliani e che il Mossad ha 'offeso' Dubai e i Paesi occidentali falsificando i passaporti usati dagli assassini.

 

 

 

 

 

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