Rassegna stampa sul massacro a Gaza.

da www.repubblica.it

Carri armati israeliano entrano a Zeitoun. Furiosi gli scontri
Nel Neghev ucciso un agricoltore da un cecchino

A Gaza incursione israeliana, 15 morti. Ucciso figlio di un ex ministro


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Ucciso figlio di un ex ministro
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GAZA – Quindici palestinesi, tra cui il figlio di un esponente di alto livello di Hamas, hanno perso la vita durante una incursione delle truppe israeliane nella Striscia di Gaza, a Zaitun e a Beit Lahya. E, stamattina, nel Neghev israeliano, un giovane volontario di nazionalità ecuadoriana è stato ucciso da colpi di arma da fuoco sparati dalla Striscia di Gaza, probabilmente da un cecchino palestinese.

I 15 palestinesi sono stati uccisi dalle cannonate sparate da un carro armato degli occupanti a al-Zeitoun, un sobborgo orientale del capoluogo dell’enclave. Uno dei mezzi corazzati avrebbe aperto il fuoco contro una casa nella quale si erano asserragliate tre delle vittime. Numerosi anche i feriti, tanto tra i civili quanto tra i miliziani locali. Fra le vittime palestinesi c’è anche Hussam al-Zahar, 24 anni, figlio di Mahmud al-Zahar, numero due di Hamas nella Striscia ed ex ministro degli esteri. Mahmud al-Zahar aveva perso un altro figlio, Khaled, alcuni anni fa durante un bombardamento israeliano contro la sua abitazione nella quale lui e la moglie erano rimasti feriti.

In Israele una portavoce dell’Esercito ha confermato l’accaduto, precisando che i commilitoni hanno effettuato una serie di rastrellamenti per eliminare "infrastrutture terroristiche", sparando in particolare contro un gruppo di individui armati che si stavano avvicinando a loro in atteggiamento minaccioso. Combattimenti anche a Beit Hanoun, a nord di Gaza città, dove al momento non risulta peraltro nessuno sia stato ucciso o ferito.

(15 gennaio 2008)

15/1/2008 (14:25) – MEDIO ORIENTE – TORNA A SCORRERE IL SANGUE

Incursione israeliana a Gaza: 16 morti
Riesplode la violenza nei Territori.
Tra le vittime il figlio di un ministro
di Hamas e un volontario ecuadoriano
GAZA
All’indomani della sessione inaugurale di colloqui negoziali a Gerusalemme, la prima dalla Conferenza Internazionale tenutasi in novembre ad Annapolis, tra delegazioni d’Israele e dell’Autorità Nazionale Palestinese, guidate rispettivamente dal ministro degli Esteri, signora Tzipi Livni, e dall’ex premier Ahmed Qorei alias Abu Ala, il sangue è tornato a scorrere copiosamente in Medio Oriente, in particolare nella Striscia di Gaza: almeno sedici i morti accertati.

L’enclave palestinese è stata teatro dell’ennesima operazione delle truppe israeliane che, appoggiate da numerosi mezzi corazzati, hanno condotto incursioni sia al nord sia alla periferia orientale del capoluogo. Almeno sedici le persone uccise, tra cui dieci miliziani delle Brigate Ezzedine al-Qassam, braccio armato di Hamas; quasi cinquanta i feriti, per la maggior parte semplici abitanti, alcuni in condizioni critiche. Dagli ospedali è stato lanciato un appello a donare il sangue, giacchè le scorte disponibili non sono sufficienti.

Si è combattuto soprattutto nel sobborgo di al-Zeitoun, a Gaza città, dove una decina tra carri armati e autoblindo hanno aperto il fuoco sulle case. Il moderato presidente dell’Anp, Mahmoud Abbas alias Abu Mazen, ha bollato la strage come un «massacro», una «carneficina contro il popolo palestinese» il quale, al cospetto di quanto accaduto, «non può rimanere in silenzio, il mondo lo deve sapere», ha incalzato Abu Mazen, «perchè massacri del genere non possono certo portare la pace».

Il fatto che dal giugno scorso la Striscia sia stata strappata al suo partito nazionalista al-Fatah dagli avversari integralisti di Hamas non ha impedito al leader palestinese di scagliarsi contro l’escalation militare della controparte. Ben più furiosa la reazione del gruppo radicale. «Questo», ha denunciato a Gaza un dirigente di Hamas, Mahmoud al-Zahar, «è uno dei risultati della visita di George W. Bush»: il presidente americano reduce da un’inedita missione in Terra Santa, durante la quale è stato accolto non solo in Israele ma altresì proprio da Abu Mazen in Cisgiordania, visitandovi diversi luoghi biblici.

La violenza ha però mietuto anche un’altra vittima: un civile di nazionalità ecuadoriana, il quasi 21enne Carlos Andres Mosquera Chavez, falciato dai colpi sparati da un cecchino palestinese dall’interno di Gaza contro il kibbutz di Ein Hashlosha, nella parte sud dello Stato ebraico. Il giovane lavorava da cinque mesi come volontario nella colonia, situata a ridosso del confine e fondata nel 1950 da ebrei immigrati da vari Paesi latino-americani: ancora quattro settimane, e sarebbe potuto tornare a casa. La sua uccisione è stata poi rivendicata dalle stesse Brigate Ezzedine al-Qassam.

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