Relazioni segrete dei paesi arabi del Golfo con “Israele”

Pal.info. I media israeliani hanno riportato alcune dichiarazioni rilasciate dal ministro della Sicurezza, il generale riservista Moshe Ya’alon, a proposito dell’Arabia Saudita. Egli ha affermato con soddisfazione che lo Stato ebraico possiede interessi comuni con la controparte sunnita guidata dall’Arabia Saudita. Secondo la sua opinione, essi hanno anche dei nemici in comune: l’Iran, l’Islam radicale e Al-Qaeda.

Le dichiarazioni di Ya’alon non fanno altro che confermare uno studio pubblicato dal centro di ricerca per la sicurezza nazionale di Tel Aviv. Tale studio afferma che, nonostante l’assenza di relazioni diplomatiche tra i due paesi, l’interesse comune ha riavvicinato molto Riad e Tel Aviv: impedire all’Iran di ottenere la bomba atomica per trasformarsi in una grande potenza regionale. Sebbene l’Arabia Saudita imponga come condizione un significativo progresso nei negoziati israelo-palestinesi, rimane ancora molto divario con l’assenza assoluta di relazioni diplomatiche ed una rottura totale, un divario che permette loro di lavorare mano nella mano, lontani da sguardi indiscreti.

Esistono poi i documenti rivelati da Wikileaks che confermano un dialogo segreto ed ininterrotto tra Tel Aviv e Riad riguardante il dossier iraniano. Essi confermano inoltre che diverse imprese israeliane lavorano per i paesi arabi del Golfo: consiglio di sicurezza, addestramento delle forze speciali, fornitura di sistemi tecnologici. Alcuni incontri segreti tra i responsabili delle due parti continuano tuttora.

“Israele” inizia a mettere da parte le proprie obiezioni all’esportazione di armi da parte di Washington verso i paesi del Golfo. “Israele” comincia ad avere una discreta libertà per quanto riguarda la vendita dei propri prodotti verso questi paesi, con l’unica condizione di non riportarvi sopra il nome dello stato ebraico.

I paesi arabi del Golfo, Arabia Saudita in testa, conoscono il peso di “Israele” negli Stati Uniti. E’ per questa ragione che ritengono di dover salvaguardare alcune relazioni con Tel Aviv. Tuttavia, senza un reale progresso nei negoziati di pace israelo-palestinesi, le relazioni tra “Israele” ed i paesi del Golfo non possono andare oltre.

Lo studio sottolinea che, secondo la visione saudita e degli altri paesi del Golfo, essi non possono mostrare in pubblico le loro relazioni con “Israele”. Ciò sarebbe negativo sia per loro che per “Israele”. Essi non intendono irritare l’opinione pubblica araba che rifiuta qualsiasi normalizzazione con lo stato ebraico. Allo stesso tempo, “Israele” preferisce mantenere le sue relazioni in segreto con questi paesi che non rispettano minimamente i diritti dell’uomo.

Infine, lo studio sottolinea che le relazioni tra Tel Aviv e Riad si sono rafforzate. Esso consiglia ai dirigenti israeliani di non agire contro il presidente Obama; ciò danneggerebbe le relazioni israelo-americane che sono già ad un punto delicato.

La ricerca rivela l’ardente volontà saudita di colpire l’Iran attraverso “Israele”, ma senza che esso vi partecipi, per paura di pagarne le conseguenze.

Lo studio evidenzia infine che, sebbene l’Arabia Saudita veda di buon occhio il conflitto israelo-palestinese come elemento perturbatore nella sicurezza della regione, l’Iran rimane il suo problema principale e la sua questione chiave. Per di più, la cooperazione israelo-saudita si è rafforzata in seguito all’accordo delle grandi potenze con l’Iran e all’accordo che toglie alla Siria le armi chimiche che non hanno ottenuto l’avallo di Riad e Tel Aviv.

La ricerca pone l’attenzione sull’importanza delle relazioni israelo-saudite: il coordinamento tra questi due paesi resta un elemento di stabilità nella regione. Malgrado tale rilevanza, le loro relazioni non devono apparire pubblicamente, poiché ciò provocherebbe gravi danni al regno saudita. La ricerca sottolinea che qualsiasi sviluppo concreto dei negoziati israelo-palestinesi porterà inevitabilmente al rafforzamento della cooperazione tra i due paesi, ad esempio nella realizzazione dello stato palestinese.

Articolo comparso sul giornale ebraico Haaretz del 7 marzo 2014, tradotto e riassunto dal dipartimento francese del Centro Palestinese di Informazione (CPI)

Traduzione di Aisha T. Bravi