Relazioni: Terza Conferenza di Bil’in sulla resistenza nonviolenta e comunicato stampa Giuristi Democratici.

Riceviamo da don Nandino Capovilla di Pax Christi e pubblichiamo.

 

 

voci dalla Palestina occupata

BoccheScucite

 

quindicinale di controinformazione

numero 59 – 15 giugno 2008

 


Ultim’ora

NonsoloBil’in.

13 giugno 2008. Mentre vorremmo chiudere questo numero dedicato a Bil’in, non possiamo tacere che anche a Betlemme, dove tanti palestinesi, israeliani e internazionali stavano manifestando contro il muro, l’esercito ha fatto fuoco sulla folla. Il corteo aveva esposto una bandiera palestinese lunga 80 metri sostenendo le richieste di ripristinare il dialogo intra-palestinse per una nuova unità nazionale e di contrastare i progetti di apartheid a cui il governo di Israele sta lavorando nei Territori occupati.

L’esercito israeliano ha aperto il fuoco contro i manifestanti, ferendone cinque. Nessun media italiano ha dato la notizia.

 

Resistere per esistere

Dichiarazione finale della Terza Conferenza di  Bil’in sulla Resistenza Popolare Non-violenta, tenutasi nel villaggio di Bil’in nei giorni 4-6 giugno 2008

La Terza Conferenza di Bil’in sulla Resistenza Popolare Non-violenta, che si è tenuta nel villaggio di Bil’in vicino a Ramallah, ha visto la partecipazione di funzionari e cittadini, inclusi il Primo Ministro Salam Fayyad, il rappresentante del Presidente Abbas, membri del Comitato Esecutivo dell’OLP, membri del Consiglio Nazionale Palestinese e rappresentanti di vari partiti politici e gruppi della società civile.
Vi è stata anche partecipazione internazionale, con delegazioni di pacifisti da Francia, Italia, Spagna, Germania, Inghilterra, Canada, Irlanda, Grecia, Svizzera, Stati Uniti e Olanda, oltre ad attivisti Israeliani.
Questa conferenza coincide con il sessantesimo anniversario nella Nakba, e quarantun anni dall’Occupazione dei Territori Palestinesi (la Naksa). La conferenza si è svolta in un momento in cui le violazioni contro la nostra gente da parte di Israele stanno aumentando. Israele continua la costruzione del Muro dell’Apartheid nonostante l’opposizione internazionale, e prosegue la sua opera di colonizzazione e confisca delle terre palestinesi – specialmente nella Gerusalemme Occupata, per giudeizzarla e tagliarla fuori dall’hinterland palestinese – in violazione eclatante del diritto internazionale. Israele fa questo per generare fatti compiuti e impedire ogni risoluzione politica del conflitto.
Nel frattempo, Israele continua la politica di ghettizzazione dei Territori Palestinesi attraverso l’uso dei blocchi stradali – che ora ammontano a più di 590 – e centinaia di recinzioni, demolizioni di case e ordini di confisca militare delle terre, in aggiunta all’embargo ingiusto imposto ai Territori, specialmente alla Striscia di Gaza, e il massacro che accompagna queste pratiche inumane. Tutto questo sta succedendo nonostante gli annunci di una risoluzione politica imminente.
Guardando in faccia la dolorosa realtà, i Palestinesi non hanno altra opzione che continuare ad esprimere il loro rifiuto di tutte le pratiche di occupazione attraverso la resistenza attiva nonviolenta ad essa.
Nell’atto di apertura della conferenza, abbiamo iniziato con un comunicato di benvenuto da parte del Comitato Organizzativo della Conferenza che ha sottolineato come, nonostante finanziamenti internazionali al popolo palestinese siano importanti, questi vengano controbilanciati da un aumento degli investimenti in Israele dai 500 milioni di US$ nel 2002 ai 37 miliardi di US$ del 2007, nonostante Israele rifiuti di rispettare il parere consultivo della Corte di Giustizia Internazionale del luglio 2004. 
Il Primo Ministro Salam Fayyad, rappresentando il Presidente Abbas, ha rimarcato l’importanza di sostenere la lotta popolare in Palestina e promuoverla per contrastare le continue misure israeliane contro il popolo palestinese. Fayyd ha chiesto a Israele di aderire a una risoluzione politica giusta, basata sulla leggitimità e il diritto internazionale, tramite un accordo di pace che garantisca la sicurezza e la stabilità dei due popoli in due stati vicini definiti dai confini del 1967. Il Primo Ministro ha dichiarato inoltre che la colonizzazione e la politica dei fatti compiuti non porterà sicurezza a Israele, e ha lodato la resistenza dei comitati popolari in tutti i Territori Palestinesi.
Il Dr. Rafiq al-Husseini, Capo di Stato Maggiore del Presidente Abbas, ha rimarcato l’importanza della lotta popolare e della creazione di nuovi modi per resistere all’occupazione, e che la strada per la liberazione di Gerusalemme, la distruzione del muro, la rimozione degli insediamenti, la liberazione dei prigionieri palestinesi dalle carceri israeliane e l’ottenimento dei diritti del popolo palestinese, devono passare da Bil’in.
Luisa Morgantini, Delegata del Parlamento Europeo, ha detto che il Parlamento deve lavorare per porre fine all’occupazione e all’embargo, e ridare vita agli accordi firmati tra le due parti. Ha enfatizzato l’importanza di aderire alle risoluzioni internazionali, specialmente quelle relative a Gerusalemme come capitale condivisa di entrambi i popoli. Ha anche fatto riferimento alla tragica situazione di Gaza e chiesto la fine dell’assedio.
Mairead Maguire, Premio Nobel e attivista irlandese, ha accusato Israele di negare al popolo palestinese i diritti basilari, e dichiarato che le politiche israeliane portano alla perpetuazione di uno stato basato sul razzismo e sulla creazione di fatti compiuti.
In una lettera, l’ex Presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter si è rivolto ai partecipanti dichiarando: “voi dimostrate che il sogno palestinese non puó essere minato in silenzio”. Carter ha posto l’accento sul fatto che la continuazione della politica israeliana della confisca delle terre è uno degli ostacoli maggiori sulla via della pace.
Nasser Al Qudwa, presidente del Yasser Arafat Institute, ha enfatizzato che non vi può essere pace sotto il governo di Occupazione che sta costruendo gli insediamenti.
La conferenza ha ricevuto un messaggio video di appoggio da parte dell’ex Direttore Generale dell’UNESCO Federico Mayor Zaragoza. Contributi sono giunti anche da attivisti di movimenti di solidarietà israeliani e internazionali. Tutti i partiti nazionali palestinesi che hanno partecipato, hanno parlato dell’importanza della resistenza popolare e della sua efficacia strategica, come fu nella prima Intifada.
I discorsi hanno citato la recente esperienza di Bil’in come modello di resistenza non-violenta in varie modalità, dall’inclusione popolare alla pratica legale, e dichiarato che la conferenza non si riferiva solo a Bil’in ma ad altri luoghi della Palestina.
La Conferenza ha raggiunto un accordo sui seguenti punti:
A livello palestinese:
1         Si dichiara che l’unità nazionale palestinese è essenziale per fondare uno stato palestinese.
2
         Si chiede alle Istituzioni governative e presidenziali Palestinesi di impegnarsi a lavorare seriamente per l’applicazione della sentenza della Corte di Giustizia Internazionale contro il Muro dell’Apartheid, e la seguente risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU.
3
         Si chiede a tutte le organizzazioni ufficiali palestinesi di appoggiare la resistenza popolare non-violenta e prendere una posizione politica seria contro la costruzione del muro e degli insediamenti e la giudeizzazione di Gerusalemme.
4
         Si chiede a tutte le fazioni nazionali di porre la resistenza popolare non-violenta in cima ai rispettivi programmi, iniziando dal boicottaggio e giungendo alla loro piena partecipazione alle azioni dirette.
5
         Si sostiene la continuazione della lotta popolare palestinese come uno dei principali strumenti strategici, in base all’esperienza di successo nella resistenza al muro e all’eredità della lotta palestinese, inclusa la prima Intifada.
A livello israeliano:
1         Si rafforzino le relazioni con i movimenti per la pace israeliani che partecipano alla nostra lotta contro il sistema di Occupazione.
2
         Si rifiuta ogni forma di normalizzazione rispetto all’Occupazione, alle sue istituzioni e personale.
A livello internazionale:
1
         Si rafforzino le relazioni con gli attivisti internazionali dei movimenti di solidarietà, e si mobilizzi un numero maggiore di attivisti per la pace e la giustizia in appoggio alla causa palestinese.
2
         Si chiamano tutte le organizzazioni, sindacati, associazioni, gruppi della società civile e attivisti per la pace internazionali a fare quanto segue:
Promuovere la narrativa palestinese per contrastare la propaganda israeliana;
Promuovere il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni; chiedere a tutti i movimenti, organizzazioni e associazioni degli attivisti internazionali per la pace di avviare campagne per il boicottaggio, includendo il ritiro degli investimenti da Israele e l’applicazione di sanzioni economiche, in particolare la sospensione dell’Accordo Commerciale di Associazione UE-Israele.
Fare pressione sulle istituzioni internazionali e specialmente sui governi europei, l’Unione Eruopea, il Giappone, gli Stati Uniti, affinché declinino la richiesta di Israele di migliori relazioni finchè Israele non applichi tutti i suoi obblighi legali internazionali, inclusa la 4a Convenzione di Ginevra, e cessino le violazioni contro il popolo palestinese.

Bil’in, 6 giugno 2008

Riflessioni ‘a freddo’

di Riccardo Carraro 

Ritornando a casa, ho rilevato un elemento di possibile criticità nell’impostazione data alla conferenza stessa, e cioè un forte desiderio di ricevere un esplicito appoggio e avvallo da parte dell’ANP. Salam Fayyad era presente ai saluti iniziali ai quali era stato invitato anche Abu Mazen e più volte si è ribadito, anche nella conferenza stampa finale, la presenza dell’appoggio istituzionale.

Tale appoggio può di certo fornire elementi utili, quali una copertura mediatica forte ed una difesa maggiore rispetto alle violenze, ma allo stesso tempo non si può non notare la contraddizione tra un movimento che si definisce "grassroot" (di base, orizzontale) e la presenza "invasiva" di esponenti di primissimo piano della scena politica. Inoltre non si può escludere il rischio che una vicinanza eccessiva al mondo partitico porti una perdita di autonomia e di facoltà di iniziativa del movimento di Bil’in, porti ad una sua "ingessatura",  nonché ad una riduzione degli elementi di forte orizzontalità e partecipazione dal basso che finora lo hanno caratterizzato.

Infine, in  un momento in cui gli umori di moltissimi palestinesi nei confronti della élite di governo non sono certo positivi, il fatto che Bil’in possa essere  anche solo associata mentalmente a quella élite potrebbe rallentare il processo di riproducibilità del modello di lotta in altri villaggi.

B’tselem diffonde in internet

alcuni VIDEO DENUNCIA

Se quattro coloni aggrediscono pastori inermi…, se un soldato colpisce a freddo sparando a due metri di distanza ad un manifestante di Bil’in e viene ripreso, la giustizia e i media dovrebbero intervenire…UNA RACCOLTA DI BREVI VIDEO va diffusa e fatta conoscere. La trovi a questo indirizzo:http://www.kibush.co.il/show_file.asp?num=27434

 Con la nonviolenza si può 

Testimonianze, resoconti e comunicati dalla III conferenza internazionale sulla nonviolenza di Bil’in 

Frammenti di Palestina…o forse Palestina in Frammenti.

Se dovessi dare un titolo a quanto ho vissuto nei Territori Occupati Palestinesi in questi 9 giorni non saprei cosa scegliere.
Non è facile trovare chiavi di lettura per una situazione politica così complessa, così atomizzata e allo stesso tempo così problematica.
Sono questi i giorni della Terza Conferenza Annuale di Bil’in, il villaggio che da 3 anni e mezzo lotta contro la costruzione del muro, ottenendo i risultati morali e concreti che sappiamo.
A Bil’in si sono ribaditi gli elementi che hanno fatto grande la resistenza in questo villaggio, la continuità della lotta, la partecipazione attiva e orizzontale di tutta la cittadinanza, l’uso dei media, il sostegno internazionale e di quello del pacifismo israeliano, la creatività e la diversità delle pratiche. Si è anche ribadito che la forza di Bil’in è stata la sua riproducibilità. Molti villaggi palestinesi stanno sperimentando lotte simili, con cadenze e tecniche analoghe, a Nil’in, nella zona di Ramallah, a Umm Salamuna, vicino a Betlemme, a Qaffin, nel distretto di Tulkarem. La conferenza ha perciò evidenziato l’esistenza di altri villaggi, altre situazioni critiche dove la resistenza ha preso la forma della disobbedienza civile, come a Bil’in, e come era stato nella Prima Intifada. Il filo conduttore di queste lotte, è stato variamente ripetuto ieri, è la Sumud, la fermezza, la determinazione, che è resistenza, lotta e vita allo stesso tempo.
In altri villaggi ancora, la lotta non ha preso ancora forme così definite, ma ci sono  fermenti. Sono stato a Deir Istyia, nel distretto di Salfit, dove per espandere una colonia stanno tagliando olivi e alberi di tamarindo. Gli abitanti del villaggio sono riusciti, lunedì 26 maggio, a bloccare i buldozeer, e venerdì 30 si è tentato di ripiantare gli alberi. Eravamo assieme internazionali, una ventina di contadini del villaggio, i Rabbis for Human Rights, gli straordinari Anarchists Against the Wall, capaci di gestire una situazione di forte tensione, nel momento in cui l’esercito ha minacciato di arrestarci tutti. Non ci hanno lasciato piantare gli alberi ma ora nel villaggio si cerca di dimostrare con carte e mappe che quel terreno è privato, appartiene ai contadini e non “statale” come dicevano i soldati venerdì scorso.
Sempre a Nablus, però le persone con cui ho parlato, mi hanno trasmesso la paura che la lotta stia diventando troppo “localizzata”, per cui ogni area geografica ha la sua preoccupazione specifica, che non riesce a diventare parte di una strategia collettiva. Senza dubbio il muro e la politica della closure hanno un ruolo fondamentale in questa localizzazione del conflitto.
Se i palestinesi continuano, nonostante tutto, a sperare e a lottare, tanto più dobbiamo farlo anche noi società civile internazionale, riuscendo però anche a ripensare il nostro modo di stare in Palestina, davanti ad una situazione che è radicalmente cambiata rispetto agli anni sanguinosi della seconda infifada. È fondamentale riuscire a ridefinire il nostro ruolo di empowerment, trovando forme sempre migliori per esprimere il nostro sostegno alla loro lotta, sapendo ascoltare e camminando a fianco al popolo che più di ogni altro sa cosa voglia dire Sumud.
Oggi poi a Bil’in c’è stata la manifestazione finale a conclusione dei tre giorni di conferenza. La manifestazione è iniziata con una partita a calcio tra palestinesi e internazionali a pochi metri dal perimetro del muro. La partita è stata interrotta quando i soldati israeliani hanno sparato alcuni candelotti che hanno reso l’aria irrespirabile in poco tempo. Alle 13.00, come ogni venerdì il corteo è ripartito, ed era davvero numeroso e partecipato, con tanti abitanti del villaggio, gli internazionali che avevano partecipato alla conferenza, e decine di pacifisti israeliani. Il corteo è riuscito a raggiungere il tracciato del muro, e a leggere il comunicato stampa. Poco dopo, mentre si gridavano slogan alzando le mani aperte in aria,  è partita la repressione. Nonostante la durezza della giornata, i membri del Bil’in Popular Committee sembravano contenti della forte partecipazione e dell’essere riusciti a raggiungere il muro.
E venerdì prossimo, come sempre, torneranno a marciare.

Quico


Manifestazione e repressione

[…]Siamo tutti molto provati e tesi perché la reazione dei militari israeliani è stata forte e come sempre non commisurata alla reale minaccia. Alla fine sono state ferite 5 persone fra cui un italiano dell’Associazione Giuristi Democratici che erano qui con una delegazione per un’indagine sulla condizione dei bambini palestinesi arrestati e detenuti nelle carceri israeliani.

Intorno all’una ci siamo radunati di fronte la rete metallica che segna il passaggio del muro, a poche decine di metri dalle scavatrici che stanno innalzando il muro della segregazione. Si è letto il comunicato di resistenza che nel corso della mattinata era stato preparato come momento di chiusura e riassunto delle idee emerse in questi giorni. I militari israeliani subito dopo hanno cominciato a sparare lacrimogeni, sound bombs (bombe sonore) e proiettili di gomma. Al primo lancio di lacrimogeni, che oggi sono stati sparati con una nuova arma che negli ultimi mesi è stata messa a punto dall’esercito israeliano e che consiste in un lancio contemporaneo di più di 30 candelotti di gas lacrimogeno, una scheggia partita da una bomba sonora ha colpito al viso Giulio Toscani,  l’attivista italiano. Adesso sta bene ed è tornato in hotel con punti di sutura sul viso e tanta paura, accompagnato da Luisa Morgantini, vice presidente del Parlamento Europeo che era con noi in prima linea di fronte il muro e i militari.
Dopo questo primo lancio ne sono seguiti altri, sia con lacrimogeni singoli che di nuovo con il cannone che ne spara più di 30 contemporaneamente, mentre si sentivano spari senza fumo che indicavano il lancio di proiettili di gomma. Molti bambini palestinesi, mentre cercavano di spegnere piccoli incendi fra gli ulivi prodotti dal fuoco dei lacrimogeni, venivano presi come obiettivi dai proiettili di gomma. Siamo rimasti nella radura di fronte al muro per circa un’ora e mezza, dopodiché si è deciso di tornare nel villaggio. Nonostante questo i militari continuavano a sparare per creare fuochi sparsi sul terreno agricolo della parte palestinese al di là del muro.
I gas lacrimogeni sono state le armi che hanno prodotto più danni e paura, è veramente veleno che ti fa entrare nel panico, mentre si cerca di correre per scappare e non si riesce a respirare. Fortunatamente prima del corteo il comitato popolare ci aveva istruito sulle tattiche per evitare il panico e nonostante il forte attacco dell’esercito israeliano le informazioni si sono rivelate utili. Niente limone, niente acqua, niente panni umidi… la cosa migliore, e ve lo posso dire dopo averlo sperimentato poco fa, è una cipolla aperta e messa sotto il naso mentre si cerca di stare calmi e camminare verso luoghi più riparati non dando mai le spalle ai militari che li sparano, evitando così di essere colpiti dai candelotti.
È stato importante partecipare e dare un segnale di supporto ai manifestanti di Bil’in. Naturalmente come internazionali non subiremo ogni settimana la reazione dell’esercito israeliano ma ogni venerdì da Roma penseremo a queste persone che solo con pochi sassi cercano di mantenere vive la speranza per la fine dell’occupazione di un esercito fortissimo che esercita una violenza inaudita. (M.)
 

La resistenza della Valle del Giordano

Il giorno prima della manifestazione, la conferenza di Bil’in si è divisa in 4 gruppi per visitare diverse parti della West Bank. Noi siamo andati nella valle del Giordano. È  stato molto interessante ed incredibilmente triste vedere a cosa sono ridotti i palestinesi che resistono e continuano a non voler abbandonare quella regione. La valle del Giordano costituisce un terzo della West Bank, per la maggior parte è stata dichiarata zona militare israeliana dal ’67, chiusa a tutti i palestinesi della West Bank.
È invece ovviamente aperta ai coloni, che vi hanno stabilito 30 colonie e occupano gran parte del suolo con le loro piantagioni di datteri e le loro orribili villette a schiera. E dei palestinesi che vivevano li prima del 1967? Negli anni solo il 15% è riuscito a resistere all’occupazione, alla completa deprivazione di terre, acqua, elettricità, scuole, libertà di movimento. Di tutta la valle solo il 4% della terra è ancora in mano ai palestinesi del posto che vivono nella miseria, in piccoli villaggi di case di fango e paglia, o più spesso baracche di lamiere e tende (non hanno il diritto di costruirne di nuove e neppure di ristrutturare quelle già esistenti). Quasi tutte le abitazioni che abbiamo visto hanno ordini di demolizione impellenti. Demolizione prevista persino per una delle due scuole della zona, costruita anche grazie all’iniziativa di attivisti inglesi e con fondi norvegesi. Alle autorità israeliane non piaceva la scuola, non si intonava ai colori della valle, dunque hanno mandato un ordine di demolizione pure in questo caso. Grazie alle lettere di protesta giunte all’ambasciata israeliana in Inghilterra e altrove la demolizione è per ora sospesa. La stessa storia si ripete con delle vasche di riserva dell’acqua per gli agricoltori costruite dalla Spagna… niente da fare, da demolire anche quelle.

Nella valle del Giordano ci sono alcune tra  le più importanti risorse d’acqua della regione…eppure ai palestinesi è vietato scavare per creare pozzi. L’unica sorgente della valle a usufrutto palestinese risale a prima del ’67 e serve il distretto di Ramallah, non i palestinesi locali, loro l’acqua la devono comprare a 100 NIS (20 euro) a bidone, sufficiente per il consumo di una famiglia per soli tre giorni…ai coloni acqua e terra vengono distribuiti quasi gratuitamente. La resistenza in questi villaggi consiste nel ricostruire qualsiasi casa venga demolita: con fango e paglia, almeno fino alla successiva demolizione. 
Per loro esistere è resistere.
www.jordanvalleysolidarity.org  (C.)


La resistenza a Nablus

Dopo gli accordi seguiti alla conferenza di Annapolis, a Nablus e a Jenin non ci sono più combattenti armati in città. Questo ha creato a Nablus un senso di sconforto in molti ragazzi che percepiscono istintivamente la mancanza di combattenti come il segnale della resa incondizionata. Tuttavia anche gli adulti criticano l’atteggiamento tenuto nei confronti dei combattenti da parte dell’Autorità Nazionale Palestinese, piegata alla volontà israeliana (uno è stato ucciso e due arrestati dall’IDF mentre erano sotto la formale protezione della ANP). La stessa Autorità ha addirittura invaso la città vecchia di Nablus alla ricerca di quelli che erano fuggiti alla protezione/prigione. E così i ragazzini della città vecchia hanno rincorso e tirato sassi alle jeep della ANP, appena un mese e mezzo fa.
Se la resistenza armata segna la sua resa, non vi sono purtroppo ancora molte alternative aperte e una resistenza popolare nonviolenta non è, in città, una scelta che coinvolga e faccia partecipare in modo ampio la popolazione.
Giovedì 5 giugno c’è stata una manifestazione per i 60 anni dalla Nakba al checkpoint di Beit Iba, a ovest di Nablus, ma hanno partecipato non più di una cinquantina di persone. Così i giovani cadono in un profondo senso di frustrazione e in una passività aggravata anche dalla situazione economica, che a causa della chiusura della città rimane molto fragile, per tutti trovare un lavoro è una impresa ardua, se non impossibile.  
La pressione militare nella città è decisamente leggera, se confrontata con gli anni passati, ma continuano ogni tanto le invasioni notturne, gli arresti e la cerchia dei checkpoint rimane a chiudere Nablus, anche se il passaggio è diventato facile.
Si percepisce un senso di sollievo in molti, e di sicuro è piacevole vedere la piazza centrale di Nablus illuminata da nuovi lampioni e ancora piena di persone alle 22.00, ma inevitabilmente è anche amaro constatare come tutte le strutture dell’occupazione siano pienamente in atto, e quindi la tranquillità  sia molto effimera e perciò veicolo di ulteriore frustrazione. La “normalizzazione” dell’occupazione, che a Nablus si temeva già nel 2005, è per molti versi una realtà di fatto.
Le persone più acute politicamente con cui ho parlato mi hanno ribadito la loro amarezza verso la ANP, che sembra perseguire all’infinito un negoziato che non porta a nulla (basta vedere le recenti dichiarazioni di Olmert su Gerusalemme) mantenendo posizioni molto deboli.
Mi è stato anche detto che se la prima intifada si era conclusa con lo scambio “land for peace” (una terra ai palestinesi, perché gli israeliani abbiano la pace), questa seconda intifada sembra tragicamente concludersi con un “food for security”: ai palestinesi è concesso di sopravvivere alla fame e gli israeliani proseguono nel loro delirio securitario. (R.)

Comunicato Stampa: Aggredita dall’ esercito israeliano la manifestazione non violenta a Bil’in-West Bank

Oggi 6 giugno nel corso della pacifica manifestazione contro l’espansione del muro dell`apartheid, nei pressi delVillaggio di Bil`in, è stato ferito alla testa con un lacrimogeno il magistrato dell`associazione Giuristi democratici Giulio Toscano. La giornata di mobilitazione nei pressi del muro è parte conclusiva della Terza Conferenza internazionale sulla lotta popolare nonviolenta contro l’occupazione. La manifestazione, alla quale hanno partecipato centinaia di attivisti palestinesi, italiani, danesi, israeliani, spagnoli e statunitensi, è stata aggredita dall’esercito israeliano con lanci di bombe sonore, lacrimogeni sparati ad altezza d`uomo e proiettili di gomma. Il ferimento del magistrato e` avvenuto mentre i manifestanti si trovavano con le mani alzate in prossimità del muro. Giulio Toscano fa parte di una delegazione di giuristi democratici che si è recata in Palestina per realizzare uno studio sulla condizione dei minori palestinesi reclusi nelle carceri israeliane. Essendo stato colpito all’altezza della tempia, i dottori hanno ritenuto necessario tenere sotto osservazione Toscano, per applicare le cure appropriate. Con lui in ospedale Luisa Morgantini, Vice Presidente del Parlamento Europeo e membri dell`Autorita` Palestinese. La terza conferenza sulla resistenza popolare nonviolenta di Bil`in si è svolta dal 4 al 6 giugno e si è data come obiettivi il sostegno internazionale alla strategia nonviolenta come meccanismo per fermare il conflitto nella regione e mettere fine alla occupazione illegale dei territori palestinesi. Questa iniziativa ha ricevuto, tra gli altri, l`appoggio dell`ex Presidente degli USA Jimmy Carter, del premio nobel per la pace Maread Corrigan McGuire, dell`ex Direttore Generale dell`Unesco Federico Mayor Zaragoza, cosi` come di una gran parte dei partiti politici palestinesi. A nome dei partecipanti della conferenza, condanniamo questa azione, parte della strategia delle autorita` israeliane tesa a mettere a tacere, con tutti i mezzi, i membri della società civile internazionale che arrivano in Palestina per sostenere la fine dell’occupazione e una pace giusta.


Luisa Morgantini – Servizio Civile Internazionale – Coordinamento romano acqua pubblica-forum italiano dei movimenti per l`acqua – Rete autocostruzione solare – Crocevia – Centro sociale occupato La Strada – Factory occupata – Occhio del Riciclone – Associazione Pluralia – Aktivamente – IPRI – Rete CCP, Berretti bianchi

Comunicato stampa di Luisa Morgantini,Vice Presidente del Parlamento Europeo (GUE/NGL)

GIUDICE ITALIANO FERITO DALL’ESERCITO ISRAELIANO IN MANIFESTAZIONE PACIFICA CONTRO IL MURO A BIL’IN

Bil’in, (Cisgiordania) 6 giugno 2008

Si è conclusa da poco con una manifestazione contro il muro a Bil’in, la Terza Conferenza Annuale (4-6 giugno) organizzata dal Comitato popolare e di resistenza nonviolenta di Bil’in, vicino Ramallah, a cui hanno preso parte la Vice Presidente del Parlamento Europeo Luisa Morgantini e il premio Nobel per la Pace nordirlandese, Maired Corrigan Maguire, oltre a diverse personalità palestinesi, israeliane e delegazioni provenienti da Francia, Belgio, Germania e altri paesi europei; dall’Italia una delegazione di circa quaranta persone tra cui l’associazione ‘Donne in Nero’, varie ONG, l’associazione Aktivamente e una rappresentanza di Giuristi Democratici.

Dopo la fine della Conferenza, si è svolta vicino al muro una partita di calcio, presenziata da Luisa Morgantini e da Jibril Rajoub, Presidente della FIFA palestinese, partita che ha visto giocare insieme attivisti internazionali, palestinesi e israeliani, ma che è stata interrotta dai gas lacrimogeni lanciati dall’esercito israeliano. Alle 13 e 30 è iniziata la consueta manifestazione settimanale non-violenta del venerdì contro il muro che a Bil’in confisca oltre il 60% delle terre del villaggio: nonostante il corteo abbia sfilato fino ai cancelli del cantiere di costruzione del muro pacificamente e senza alcuna forzatura, i soldati israeliani sono immediatamente intervenuti lanciando una grande quantità di gas lacrimogeni ad altezza-uomo e ferendo alcuni manifestanti tra cui il Magistrato siciliano, Giulio Toscano, appartenente alla delegazione di Giuristi Democratici.

Luisa Morgantini con occhi lacrimanti e gola e polmoni che bruciavano a causa del gas inalato, ha dichiarato “il suo sostegno per la lotta popolare e non-violenta a Bil’in così come in tutti i villaggi dove il muro sta rubando le terre e le fonti di vita per il popolo palestinese attraverso una politica israeliana di colonizzazione e occupazione militare che uccide la pace e la giustizia”. Anche il Premio Nobel per la Pace Maired Corrigan Maguire è stata intossicata dai gas lacrimogeni.

Bil’in e l’ostinazione dei suoi abitanti e degli attivisti per la pace palestinesi, israeliani e internazionali rappresentano da tre anni a questa parte un esempio straordinario di resistenza non-violenta contro il muro e la confisca delle terre palestinesi, frutto di 40 anni di occupazione militare israeliana.

COMUNICATO STAMPA dei Giuristi Democratici

I giuristi democratici condannano l’uso immotivato di granate lacrimogene da parte di soldati israeliani che ha provocato il ferimento del giudice Giulio Toscano, componente della delegazione dei giuristi democratici italiani che era in Palestina per occuparsi dei minori palestinesi detenuti.
Dal contesto dei fatti emerge la chiara volontà intimidatoria dei militari israeliani, sulla quale chiediamo un’immediata presa di posizione del governo italiano e dell’Unione europea.
Esprimendo la nostra solidarietà e un pronto augurio di guarigione a Giulio, vogliamo riaffermare la nostra indeclinabile volontà di operare per una soluzione pacifica del conflitto israelo-palestinese, basata sul principio dei due Stati per due popoli.

Torino-Bologna-Roma-Napoli-Palermo, 6 giugno 2008
Associazione nazionale giuristi democratici

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