Report: 7500 palestinesi ancora detenuti nelle carceri israeliane.

Ramallah – Infopal. Il ministero per gli Affari dei detenuti, a Ramallah, in Cisgiordania, ha riferito che il numero totale dei detenuti rinchiusi nelle prigioni israeliane, alla fine dello scorso anno, era di 7.500, distribuiti su più di venti prigioni e centri di detenzione.

La relazione del direttore del Dipartimento di Statistica presso il ministero, Abdulnasser Farawana, spiega che tra i 7.500 prigionieri ci sono 34 donne, 310 bambini, 304 detenuti amministrativi e 17 deputati, ex ministri e leader politici.

Il rapporto afferma che circa 5.325 detenuti, il 71% del totale, hanno già ricevuto condanne – tra cui 800, a uno o più ergastoli. 1865 altri (il 24,9%) sono in attesa di giudizio.

La relazione ha riferito che la stragrande maggioranza dei prigionieri – 6.330, cioè l'84,4% – proviene dalla Cisgiordania, mentre 750, il 10% , dalla Striscia di Gaza, e 420 da Gerusalemme e dai territori occupati nel 1948.

I minorenni sono invece 310, il 4,1% del totale, e sono soggetti allo stesso trattamento brutale riservato agli adulti: torture e ingiusti processi, e così via.

Il rapporto spiega inoltre che durante l'Intifada di al-Aqsa, le forze di occupazione hanno arrestato più di 850 donne palestinesi. In carcere ne rimangono ancora 34, tutte rinchiuse in condizioni difficili nelle carceri di “Hasharon” e “Damon”. Una è detenuta in isolamento, cinque altre stanno scontando l'ergastolo e tre sono agli arresti amministrativi.

Sono 317 i prigionieri “veterani“, quelli, cioè, arrestati prima degli accordi di Oslo e dell'istituzione dell'Autorità nazionale palestinese, il 4 maggio 1994. Tra questi ce ne sono 111 che hanno passato più di vent'anni in carcere: sono i prigionieri “decani”.

Il rapporto ha confermato che 13 prigionieri sono detenuti da più di un quarto di secolo; tre di essi hanno passato più di trent'anni: Nael e Fakhry al-Barghouti e Akram Mansour.

Le loro condizioni di detenzione sono molto dure: l'amministrazione penitenziaria non tiene conto della loro salute ormai deteriorata a causa delle varie malattie e dei lunghi anni di carcere.

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La relazione ha sottolineato anche il numero dei detenuti deceduti nelle prigioni israeliane, alla fine del 2009, è salito a 197, dopo la morte del detenuto Obeidah Maher Abdelmuti alQudsi al-Dweik, di 25 anni, proveniente da Hebron, ferito e arrestato senza ricevere alcun trattamento medico, anzi torturato sino alla morte e deceduto il 13 settembre 2009.

Nel rapporto si legge che 49 prigionieri sono morti a causa della negligenza medica, 71 a seguito delle torture, mentre altri 71 sono stati uccisi deliberatamente subito dopo il loro arresto, 7 sono stati uccisi in seguito a percosse mortali e con l’uso del fuoco, 74 sono stati uccisi durante l'Intifada di al-Aqsa, mentre 123 erano morti in precedenza.

Dalla relazione è emerso che nel 2009 gli arresti ammontano a più di cinquemila, con una media  di 14 arresti al giorno, e sono state emesse 1200 sentenze in merito a detenzioni nuove o rinnovi. Si è inoltre sottolineato che durante lo scorso anno l'occupazione israeliana, con i suoi organi di sicurezza e le forze militari, ha proseguito senza sosta gli arresti, al punto da divenire un fenomeno quotidiano che ha interessato tutte le classi e le fasce della società palestinese, senza distinzioni. Si è evidenziato l'elevato numero di casi di sequestri e di arresto di pescatori nella Striscia di Gaza nel corso del 2009, oltre al numero altrettanto elevato di casi di arresto di malati torturati per incoraggiarli a collaborare.

Nella relazione si è sottolineato che l'amministrazione penitenziaria ha intensificato le misure repressive contro i prigionieri, oltre al trattamento crudele e disumano senza precedenti che ha riguardato tutti gli aspetti della vita dei detenuti. Le condizioni delle prigioni e dei centri di detenzione peggiorano a tal punto che nel 2009 è stata istituita una commissione ministeriale di studio delle condizioni dei detenuti che hanno visto aumentare le rappresaglie e le restrizioni ai loro danni, nonché le sofferenze loro e delle loro famiglie.

 

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