Report: il 90% dell’acqua di Gaza non è potabile

20140204_khan_yunis_water_treatment_facility3RT-Imemc. I cronisti di RT (Russia Today) si sono recati a Gaza per verificare la veridicità di un documento secondo cui il 90% dell’acqua disponibile a Gaza, in realtà, non è potabile. Hanno prelevato campioni in punti diversi della Striscia e hanno effettivamente concluso che l’acqua di Gaza è sporca, salata e non potabile.

“Non possiamo berla, usarla per cucinare o pulire la cucina: siamo obbligati a comprare acqua minerale,” dichiara Umm Ibrahim Amna Abdel’al, tra le persone intervistate da RT.

Abdel’al ha dichiarato ai reporter: “Tra i bambini più piccoli sono stati riportati casi di crampi addominali e coliche” dopo l’assunzione di acqua. Ha poi mostrato un’infezione cutanea sulla mano, a suo avviso causata sempre dall’acqua torbida.

Dalle analisi condotte, risultano elevati livelli di salinità, che la rendono imbevibile. Ma l’acqua che scorre dai rubinetti delle case di Gaza presenta anche un’alta concentrazione di nitrati, sostanze cancerogene. Il livello è aumentato notevolmente nell’ultimo anno, dopo che Israele ha bombardato le reti fognarie e i serbatoi. Attualmente, le due sostanze chimiche sono combinate.

Secondo Abdel’al, “Gaza deve affrontare il drammatico problema della scarsità delle risorse idriche e della qualità delle acque. È vergognoso che la comunità internazionale resti a guardare senza agire”.

Mahmoud Elkhafif, coordinatore speciale per l’assistenza al popolo palestinese presso l’UNCTAD, ha rivelato ai cronisti di RT che “ovviamente, l’ultima guerra su Gaza ha causato il danneggiamento di importanti infrastrutture, tra cui pozzi e stazioni di pompaggio: oltre il 50% delle reti idriche sono inaccessibili e alcune infrastrutture sono andate completamente distrutte”.

Dopo la carneficina del 2014, Israele ha impedito l’importazione di materiali per la ricostruzione, e questo ha esacerbato ulteriormente la crisi umanitaria, già drammatica.

Già prima dell’invasione di Gaza nel luglio 2014, il Centro di informazione israeliano per i diritti umani nei territori occupati, B’Tselem, aveva diramato un rapporto in cui si leggeva che il 90% dell’acqua disponibile a Gaza era in realtà non potabile.

Ibtesam Kheir a-Din, donna quarantottenne, madre di sei figli, che vive nel quartiere di al-Sultan, a Rafah, ha dichiarato a B’Tselem: “L’acqua è salata e non possiamo berla. A volte emana anche un cattivo odore. La usiamo solo per fare le pulizie, lavare i piatti e il bucato, ma alla fine sembra sempre tutto sporco. A volte i panni sono maleodoranti e le macchie non vengono rimosse. L’acqua danneggia anche le lavatrici, noi l’abbiamo fatta riparare più volte, spendendo dai 50 ai 70 shekel per ogni intervento [circa dai 14 ai 20 USD], e il tecnico ci ha detto che dipende dall’alta concentrazione di sale nell’acqua. Non la beviamo e non possiamo usarla per cucinare. Dobbiamo comprarla dagli ambulanti del quartiere o nei negozi che vendono taniche di acqua minerale. Ne acquistiamo 50 litri al giorno, al costo di 2 shekel al litro [circa 60 centesimi di dollaro]. Ultimamente, poi, i black-out si protraggono anche per 12 ore e non abbiamo denaro a sufficienza per comprare il carburante e alimentare i generatori che riempiono i serbatoi, quindi abbiamo iniziato a usare l’acqua minerale anche per lavare i piatti e fare il bucato”.

Secondo RT, il PIL nella Striscia di Gaza è sceso del 15% nel 2014; per il 72% delle famiglie, la stessa sicurezza alimentare è a rischio e la disoccupazione ha raggiuto la soglia record del 44%. La situazione è peggiorata in seguito ai continui attacchi israeliani. Con tre operazioni militari negli ultimi sei anni, che vanno ad aggiungersi a otto anni di embargo, vi sono scarse prospettive di ripresa.

Secondo le Nazioni Unite, solo in seguito all’ultima operazione dell’IDF, 500 mila persone sono ora sfollate. Oltre 20 mila abitazioni palestinesi sono state distrutte, 148 scuole, 15 ospedali e 45 centri di assistenza sanitaria di base hanno riportato notevoli danni.  Gaza è una delle aree più densamente popolate al mondo.

Ma è la condizione delle acque a costituire la peggiore conseguenza della distruzione delle infrastrutture, perché lascia la popolazione senza acqua potabile.

Secondo il report dell’RT, se la questione non verrà risolta, la Striscia si troverà ad affrontare una catastrofe umanitaria persino più grave di quella causata dai bombardamenti aerei.

Traduzione di Romana Rubeo