La repressione dell’Egitto su Gaza fa aumentare le sofferenze causate dall’assedio

305539_345x230Gaza-Afp. Già in difficoltà per il pesante assedio israeliano, gli abitanti di Gaza risentono ora anche degli effetti della zona di esclusione egiziana lungo la frontiera comune, che ha portato ad un’impennata dei prezzi.

Dopo che il costo delle sigarette è quasi triplicato, il diciottenne Jihad Ahmed ora ne acquista solo qualcuna per volta, invece di un pacchetto, e le fuma con parsimonia.

Imad Shalbiya, che gliele ha vendute, ha detto che il giro di vite dell’Egitto sui tunnel del contrabbando (della sopravvivenza, ndr) è la causa dell’aumento dei prezzi.

“I tunnel dall’Egitto sono stati chiusi, andando a colpire le scorte di sigarette verso Gaza e mandando i prezzi alle stelle”, ha dichiarato all’AFP.

Israele ha imposto un blocco su Gaza per la prima volta nel 2006 dopo che Hamas è salito al potere con elezioni democratiche.

Il blocco è divenuto ancor più duro l’anno successivo dopo che la lotta tra Hamas e Fatah ha portato alla vittoria di Hamas nel territorio dove risiedono 1,8 milioni di persone.

Ma un po’ di aiuto è arrivato attraverso gallerie e tunnel dall’Egitto che hanno permesso l’arrivo di diversi beni di consumo, bestiame, carburante, così come armi e denaro per i gruppi di militanti.

Solo il contrabbando di materiale edilizio si valuta attorno ad un miliardo di euro all’anno, secondo Ayman Abed del ministero dell’Economia di Gaza.

Ma l’esercito egiziano, che ha avviato un processo di chiusura dei tunnel dopo aver rovesciato il presidente Mohamed Morsi nel luglio 2013, ha intensificato notevolmente la sua azione alla fine di ottobre dopo che alcuni militanti hanno ucciso circa 30 soldati egiziani nel nord del Sinai.

Da allora, sono state demolite case lungo il confine per costruire una zona cuscinetto in una regione che è stata scossa dalla rivolta da quando vi è stata l’estromissione di Morsi.

Finora l’Egitto ha distrutto 1600 tunnel. Alla fine di ottobre ha chiuso anche il valico di Rafah, l’unica porta di accesso di Gaza al mondo non controllato da Israele.

“I prezzi sono molto alti da quando l’Egitto ha chiuso completamente i tunnel”, ha detto Abu Mohammed che è proprietario di un piccolo supermercato ad ovest della città di Gaza, sottolineando l’aumento dei prezzi di “latte, legumi ed anche formaggi”.

“Di solito vendevamo formaggio egiziano a 10 o 11 shekel; ora costa più di 23 (circa 6$). Non lo vendo più. Nessuno lo compra a questo prezzo”.

E Mohammed Safi, che ha un negozio di elettronica, ha detto: “I prezzi dei telefoni cellulari sono più alti da quando vi è stato il blocco dei tunnel. Non possiamo averli come prima. Vendevamo l’iPhone 5 a 2.200 shekel, ora il prezzo è di 2.600”.

Situazione disastrosa

I prodotti che arrivano da Israele sono molto più costosi di quelli originari dell’Egitto, ed ampiamente al di sopra delle possibilità del Palestinese medio residente nell’affollato territorio costiero, dove la disoccupazione giovanile è attorno al 63%.

Oxfam ha dichiarato che più del 40% della popolazione complessiva è senza lavoro e che l’80% vive grazie agli aiuti umanitari.

La mancanza di cemento e ghiaia per alimentare l’industria edilizia produce 35.000 disoccupati a Gaza, ha reso noto Abed del ministro dell’economia.

Durante l’ultima guerra di Israele della scorsa estate, funzionari delle Nazioni Unite hanno dimostrato che circa 20.000 unità abitative, circa il 6% degli alloggi, sono state gravemente danneggiate o distrutte. Il risultato è stato di circa 100.000 persone sfollate.

Decine di migliaia di altre abitazioni sono rimaste danneggiate dal conflitto ed attendono ancora di essere riparate e ristrutturate.

Ma da quando le ostilità sono terminate il 26 agosto scorso, solo 1.300 tonnellate di materiale edilizio hanno potuto entrare nella Striscia, affermano funzionari palestinesi.

“Questi non sono sufficienti neanche per costruire un solo edificio”, secondo quanto dichiarato dal commerciante edile di Gaza, Suheil Tuman.

Quando era distribuito attraverso l’agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi (UNRWA), un sacco da 50 kg di cemento si vendeva a 5.50 euro. Ma ora il prezzo sul mercato nero è di 42 euro.

“Quando i tunnel erano aperti, una tonnellata di cemento era venduta a 380 shekel (80 euro) al mercato nero”, ha detto Tuman. “Oggi è di 3.800 shekel”.

L’economista Amr Shaabane ha affermato che la situazione economica “è letteralmente disastrosa. Non è mai stata così negativa a Gaza”.

Le ragioni? “Il blocco, la povertà, la disoccupazione, la poca quantità di merci che entrano e l’impennata dei prezzi”.

In passato, i prezzi a Gaza sono sempre stati molto più bassi rispetto a quelli della Cisgiordania occupata e di Gerusalemme.

“Oggi, le bancarelle di Gaza offrono prodotti israeliani ad un prezzo che già dall’inizio è più costoso e al quale si aggiungono pesanti tasse al momento del loro ingresso a Gaza”, ha affermato l’economista.

Traduzione di Aisha Tiziana Bravi