Gerusalemme -Ma'an. La pubblicazione dell'opinione giuridica di uno dei maggiori esponenti
al mondo sulle leggi internazionali dei rifugiati, ha evidenziato possibili pericoli giuridici nell'iniziativa
di settembre presso le Nazioni Unite.
L'opinione di Guy Goodwin-Gill ha scatenato un dibattito pubblico tra palestinesi residenti e profughi:
tra le tante opinioni vi è quella secondo cui l'iniziativa potrebbe violare i diritti fondamentali dei
palestinesi per l'auto-determinazione e il diritto al ritorno.
Goodwin-Gill, dell'Università di Oxford, ha chiarito e sviluppato le proprie idea al proposito
proponendo nuove soluzioni alle sfide che affronterà la rappresentanza palestinese di fronte alle
Nazioni Unite.
Il documento evidenzia i principi che secondo il relatore sono da tenere in conto per proteggere i diritti
dei palestinesi all'Onu, e evidenzia la relazione tra l'auto-determinazione e l'imperativo democratico,
collegando il volere dei cittadini con le elezioni per tutti i palestinesi.
Estratto della nuova opinione giuridica, di cui la versione completa al seguente link:
http://it.maannews.net/Files/GSGG_en.pdf
Avendo da tempo riconosciuto il diritto all'auto-determinazione di tutti i palestinesi, la comunità
internazionale evidentemente ha un interesse giuridico e politico in chi li rappresenta effettivamente
presso l'Onu. Ciò non significa che “il chi” abbia il diritto di imporre un qualsiasi particolare sistema
di governo o rappresentanza sullo Stato palestinese per il solo essersi mosso verso i membri delle
Nazioni Unite.
Piuttosto, ha un valido interesse nel cercare la prova del legame tra la rappresentanza e l'esercizio della volontà popolare.
Per il popolo palestinese, questi problemi si fondono per così dire, per coloro che sono stati esiliati
dal 1948 e la loro discendenza costituisce più della metà della popolazione.
L'Assemblea Generale ha ripetutamente sottolineato che “il popolo palestinese è la prima parte in causa
della questione palestinese…” e in nessuna occasione ha fatto distinzioni in base al luogo di residenza.
E' perciò il popolo palestinese, nell'insieme, che gode del diritto al ritorno e all'auto-determinazione.
Promuovere la presenza palestinese tra le Nazioni Unite attraverso la richiesta di riconoscimento dello Stato,
tuttavia porta il rischio di una frammentazione – dove lo Stato rappresenta il popolo all'interno dell'Onu e
l'Olp rappresenta i cittadini al di fuori dell'Onu.
Tale divisione di rappresentanza sarebbe in contrasto con lo status quo e con l'intenzione originale della
comunità internazionale di riconoscere l'Olp.
La sfida è mantenere l'unità in questa unica circostanza. La si otterrà avendo l'Olp come rappresentante
dello Stato all'Onu? Potrebbe anche succedere, se si trovasse un linguaggio comune.
La linea di fondo, comunque, resta la volontà popolare e qualsiasi cambiamento sostanziale negli attuali
accordi istituzionali per la rappresentanza richiede un'approvazione attraverso l'espressione della volontà
popolare.
L'obiettivo di elezioni e di una riforma democratica è presente da tempo nell'agenda dell'Olp.
Non è questo il momento – il momento migliore – per fare questo passo senza
precedenti a favore di un popolo vicino all'ingresso nell'Onu, cioè, per seguire e aver cura della volontà
popolare?
Traduzione a cura di Federica Daga