Sada Social: a febbraio, oltre 30 violazioni contro contenuti palestinesi

Ramallah – WAFA. Sada Social, gruppo palestinese per il monitoraggio dei social media, ha affermato di aver registrato una serie di violazioni e abusi commessi dall’amministrazione dei social media contro i contenuti palestinesi nel mese di febbraio. Ha documentato più di 30 violazioni, la maggior parte delle quali su Facebook e Instagram, e ha evidenziato doppi standard nei confronti dei contenuti palestinesi rispetto ad altri.

Ha affermato che le due piattaforme hanno preso di mira molti account e resoconti della stampa che coprivano gli eventi nel quartiere di Sheikh Jarrah, nella Gerusalemme Est occupata, oltre al caso dell’uccisione di tre palestinesi da parte dell’esercito israeliano a Nablus, nella Cisgiordania settentrionale.

Meta, gruppo al quale appartengono sia Instagram che Facebook, ha etichettato i video dell’aggressione e dell’arresto di giovani uomini e donne palestinesi nella Gerusalemme occupata come “contenuti sensibili” e li ha occultati, mentre alcuni account che hanno pubblicato questi contenuti hanno ricevuto molte restrizioni e avvertimenti per aver violato gli standard della comunità, il che, in realtà, significa bloccare i post palestinesi che espongono i crimini dell’occupazione israeliana, ha affermato Sada Social.

“Questo è un vero e proprio attacco ai contenuti palestinesi, poiché decine di migliaia di account in tutto il mondo continuano a pubblicare post violenti che rappresentano davvero una minaccia per la sicurezza pubblica, senza essere coinvolti nelle procedure di rimozione [di Meta]”, ha sottolineato.

L’accusa di aver violato le politiche di Meta ha colpito anche gli account che hanno pubblicato un omaggio ai palestinesi uccisi da Israele, inclusa la pagina del governatore di Ramallah, Laila Ghanam, e del ministro della Salute, Mai Alkaila, dopo l’assassinio di tre palestinesi da parte dell’esercito d’occupazione a Nablus.

“Mentre i social media affermano che bloccano i contenuti palestinesi in quanto sensibili o per incitamento alla violenza ed il terrorismo, […] ignorano costantemente l’incitamento all’uccisione di palestinesi e ciò che l’occupazione israeliana sta facendo attraverso account ufficiali, media e altre pagine sulle stesse piattaforme”, ha affermato il gruppo palestinese.

Gli sviluppi legati alla crisi ucraina, per quanto riguarda lo spazio digitale, hanno registrato un chiaro fallimento della politica dei social media nella protezione del pubblico da contenuti violenti e d’istigazione, ha aggiunto Sada Social.

Gli spazi digitali sono stati recentemente riempiti di foto e video delle crisi ucraina e russa, che contengono armi, manifestazioni violente e filmati per mobilitare i combattenti e insegnare loro a fabbricare e usare armi, oltre ad altri filmati che forniscono una spiegazione dettagliata e contenuti di addestramento per l’uso di armi militari da parte di civili.

“Queste piattaforme non hanno intrapreso alcuna azione contro le migliaia di pubblicazioni e commenti che esaltano i combattimenti nella guerra ucraino-russa e che chiedono l’adesione [alla guerra], ma l’elogio e l’incoraggiamento dei combattenti della resistenza palestinese sono classificati come contenuti terroristici dalle stesse piattaforme”, ha detto.

È stato anche osservato che le foto di icone e personalità della resistenza palestinese sono state utilizzate in contenuti condivisi come cittadini ucraini che sfidavano i soldati russi e che queste foto sono state rimosse [dopo essere state identificate correttamente come contenuti palestinesi]. “Ciò conferma che la rimozione e il blocco dei contenuti palestinesi sono fondamentalmente legati a una posizione politica di parte verso l’occupazione israeliana, adottata dai social media”, ha affermato Sada Social, che ha condannato la politica dei doppi standard che l’utente palestinese affronta sulle varie piattaforme dei social media, “che violano i suoi diritti umani e digitali e gli impediscono di accedere a informazioni e notizie, alla luce delle continue restrizioni contro le agenzie stampa e delle pagine degli attivisti e contro la loro copertura delle violazioni dei diritti umani nella Palestina occupata”.

Il gruppo ha anche chiesto la revisione di standard e strumenti utilizzati dai social media con il pretesto di fornire un ambiente sicuro per gli utenti, e di regolarli sulla base della parità di diritti degli esseri umani, indipendentemente dalla loro razza o colore.

Traduzione per InfoPal di F.H.L.