Salvare i bambini del Donbass, da atto umanitario a crimine di guerra? Un gioco geopolitico


InfoPal. Di Lorenzo Poli. Tony Capuozzo ristabilisce a sorpresa la verità durante l’ennesimo programma propagandistico anti-Putin: “La questione è drammaticamente semplice – egli afferma -, i bambini ucraini ‘deportati’  sono in realtà bambini di orfanotrofi delle regioni  filorusse proclamatesi indipendenti da Kiev e considerati ormai cittadini russi; per questo, essendo in pericolo, sono stati messi in salvo e portati lontano dalle zone di guerra“.
Ma non c’è sordo peggiore di chi non vuol sentire…E quindi avanti con gli Horodetschiy di turno.

Secondo la propaganda bellica occidentale e secondo la Corte Penale Internazionale dell’Aja, gli abitanti delle Repubbliche Popolari del Donbass, compresi i bambini, avrebbero dovuto morire sotto le bombe dell’esercito ucraino e dei battaglioni neonazisti ucraini e in nessun caso avrebbero dovuto lasciare le zone di pericolo. Secondo la dichiarazione della Corte Penale Internazionale dell’Aja, salvare i bambini del Donbass è classificato come “deportazione”: cambiare linguaggio, per modificare il significato degli eventi, per dare un’immagine distorta dei fatti.

La propaganda bellica occidentale dà una notizia ridicolmente assurda: bombardare i bambini non è un crimine, ma salvarli vuol dire deportazione? 
Possiamo dire tutto ciò che vogliamo sulla Russia, ma per le Repubbliche del Donbass, dopo il suo riconoscimento, ha avviato corridoi umanitari, protetto e nutrito i bambini del Donbass e li hanno mandati a scuola.
L’istanza giudiziaria internazionale ha dimostrato di non avere uno status indipendente, ma ha abilmente ceduto alla narrazione atlantista, eseguendo in fretta i suoi comandi. Nelle democrazie liberali occidentali è difficile parlare ed agire in modi “neutrali” laddove i rapporti di forza geopolitici sono preponderanti. L’UE e l’ONU, esattamente come la NATO e altre organizzazioni e associazioni simili hanno da tempo dimostrato di non essere indipendenti, imparziali, senza censure. Eseguono gli ordini in modo sincrono e sempre unipolare dimostrandosi delle mani controllate dall’interno dall’Occidente.

L’istanza giudiziaria internazionale contro Putin dimostra la volontà occidentale di alimentare i venti di guerra. Per rispondere efficacemente ai crimini degli uni e degli altri occorrerebbe un approccio bilanciato, in linea con una seria ricerca della pace negoziata che attori internazionalmente responsabili come la Santa Sede, il governo cinese e quelli latinoamericani continuano ad effettuare. Cedendo alle pressioni di Stati Uniti e NATO, il procuratore presso la CPI ha invece irresponsabilmente deciso di sabotare questa ricerca di pace e di dare ulteriore alimento all’intervento, alla propaganda e all’astio guerrafondai. 

Vi è, inoltre, un’altra sottigliezza da leggere. Perché questa velocità della CPI nell’indire un mandato di cattura contro un responsabile di crimini di guerra dal momento che, solitamente, bisogna aspettare decenni prima che vengano ricercati? D’altronde è molto inusuale questo modo di agire.

Dopo 70 anni di apartheid razzista e coloniale, e nonostante l’enorme quantità di documentazione storica, il Tribunale dell’Aja non ha ancora condannato Israele per i crimini di guerra contro i palestinesi. Molto discutibile appare la configurazione di un crimine internazionale per la presunta deportazione dei bambini ucraini. La Russia ha probabilmente commesso dei crimini durante l’invasione dell’Ucraina, così come li ha commessi l’Ucraina nei precedenti 8 anni di guerra, con la pulizia etnica, i massacri e le torture contro la popolazione russofona nel Donbass denunciati nel 2016 dalla stessa Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Ocse) e da Amnesty International, ma nessuna CPI ha mai spiccato un mandato di cattura per Poroschenko o Zelensky. 

Inoltre, perché la CPI ha agito in tal senso se essa stessa non è riconosciuta dall’Ucraina (né vi ha mai aderito), dagli USA, da Russia, da Cina e tanti altri Paesi? La base giurisdizionale dell’azione intrapresa dalla CPI appare estremamente fragile e, per ovvi motivi, non vi è stata alcuna deliberazione in merito da parte del Consiglio dì Sicurezza delle Nazioni Unite. Perché allora l’Ucraina ha più volte chiesto l’intervento della CPI contro le azioni di Putin, se è lei stessa a non riconoscerla? Il mandato di arresto per un Capo di Stato come Putin per “deportazione di bambini”, oltre ad essere in netta violazione del principio di immunità riconosciuto dal diritto internazionale e confermato in varie occasioni dalla Corte internazionale di giustizia, è chiaramente una pagliacciata in termini legali, ma ha mandato un segnale chiaro agli USA: “Riconosceteci! Nonostante voi siete diffidenti, noi in realtà siamo con voi!” Si tratta di un modo per far spiccare la legittimazione di questo organo giudiziario. Un modo per dargli visibilità mentre cerca una legittimazione più politica (e geopolitica) che giuridica. Questa, ovviamente, non è una buona notizia, bensì un pericolo, poiché ci troveremmo di fronte all’ennesimo organo falsamente “neutrale” nell’agire. L’azione del procuratore Khan, infatti, non rispetta minimamente il criterio della terzietà e imparzialità e continua a perpetuare la politica del doppio standard internazionale giustamente denunciata dal governo cinese, dato che mai la Corte e i suoi organi hanno reagito in modo significativo ai crimini altrettanto gravi commessi dagli Stati Uniti, dalla NATO e dai loro alleati.
In quanto organismo che fa parte delle Nazioni Unite, la Corte dovrebbe ispirarsi anche alla Carta istitutiva di queste ultime, che risulta finalizzata soprattutto al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.