Samir Aslan è stato ucciso dalle IOF mentre cercava di aiutare suo figlio

Ramallah – WAFA. “Baba aiutami”, ha gridato Ramzi, 17 anni, chiedendo a suo padre, Samir Aslan, di salvarlo dai soldati dell’occupazione israeliana che hanno fatto irruzione, giovedì mattina, nella sua casa nel campo profughi di Qalandia, a nord di Gerusalemme, e lo hanno arrestato.

Alla chiamata di suo figlio, Samir, di 41 anni, si è precipitato fuori dal suo appartamento al terzo piano del loro edificio di quattro piani. Quando ha raggiunto l’ingresso dell’edificio, i soldati gli hanno puntato contro i fucili e gli hanno impedito di uscire, costringendolo a rientrare nella sua abitazione.

Samir non poteva sopportare la vista del figlio maggiore che veniva arrestato e ammanettato, sapendo benissimo quanto brutali e barbari possano essere i soldati. Quando non ha potuto raggiungere suo figlio, è andato sul tetto del suo edificio per vedere cosa stavano gli facendo i soldati. Ma non appena è salito su una scala di legno posta su una parete del tetto, un cecchino, appostato in un altro edificio situato proprio dietro casa sua, gli ha sparato.

Il proiettile gli è penetrato nel petto, facendolo cadere a terra. La scala di legno gli è caduta addosso. Ha iniziato a urlare, finché sua moglie, suo fratello e sua cognata non lo hanno raggiunto e hanno chiamato un’ambulanza.

I tre sono riusciti a trascinarlo, in braccio, giù nella strada sottostante, per portarlo d’urgenza in ospedale.

Lo hanno trasportato con grande difficoltà attraverso i vicoli del campo profughi e tra le case adiacenti. In fondo ad uno dei vicoli c’erano dei soldati dell’occupazione. Hanno fermato la famiglia e hanno impedito loro di arrivare con Samir in ospedale. Li hanno costretti a metterlo a terra, dove è stato lasciato a sanguinare per più di 30 minuti. In quel momento, Samir era ancora vivo, secondo quanto affermato da sua cognata Nour.

Alla fine, i soldati hanno permesso alla famiglia di portare Samir in ospedale, ma non prima di aver avuto la certezza che fosse morto, visto che non appena Samir è arrivato al Complesso medico palestinese di Ramallah, i medici ne hanno dichiarato il decesso.

La sua famiglia afferma che gli hanno sparato a sangue freddo e senza alcun motivo. Non rappresentava alcuna minaccia per la vita dei soldati nel campo. Voleva solo aiutare suo figlio, che chiedeva aiuto mentre i soldati lo portavano via.

Samir lavorava in un pollaio nel campo e manteneva una famiglia di otto figli, cinque femmine e tre maschi, il maggiore dei quali è Ramzi, che quest’anno si stava preparando per il diploma di scuola superiore.

I suoi figli sono diventati orfani e sono stati privati del padre. A casa, la figlia di due anni sembrava non capire cosa stesse succedendo, nascondendosi dietro la madre.

La madre di Samir ha detto che era solito portare a lei e al suo anziano padre, che vivono nello stesso edificio, le loro provviste quotidiane.

“Chi busserà alla nostra porta domattina e ci chiederà se abbiamo bisogno di qualcosa?”, ha detto sua madre, piangendo.

Rowaa, sua figlia di 15 anni, non voleva aspettare a casa. Ha insistito per seguire il corteo funebre mentre attraversava il campo fino alla moschea per pregare per lui prima di seppellirlo. Ha pianto sul corpo di suo padre: “Abbiamo bisogno di te, Baba. Non possiamo vivere senza di te”.

Dall’altra parte, il figlio più giovane della famiglia, Mohammad, 8 anni, si è seduto accanto al corpo di suo padre, toccandogli la testa, poi baciandola e dicendo parole appena udibili.

Con la morte di Aslan, dall’inizio dell’anno le forze d’occupazione israeliane hanno ucciso sette palestinesi nella Cisgiordania occupata, tre dei quali erano bambini. L’anno scorso, Israele ha ucciso 244 palestinesi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, un record da decenni, secondo le organizzazioni umanitarie internazionali.