Scontri nel campo profughi di al-Jalazun

392487CRamallah-Ma’an. Giovedì sera, un soldato israeliano è stato ferito con una pietra durante gli scontri all’ingresso del campo profughi di al-Jalazun nel centro della Cisgiordania occupata, distretto di Ramallah.

Gli scontri sono scoppiati dopo che le forze israeliane hanno istituito un posto di blocco vicino al campo profughi, dopo la morte del 23enne Maen Nasser al-Din Abu Qaraa, ucciso dalle forze israeliane giovedì pomeriggio dopo che avrebbe tentato di accoltellare dei soldati israeliani alla fermata dell’autobus a Ramallah est.

Le forze israeliane hanno lanciato lacrimogeni e granate stordenti contro i giovani locali che si erano riuniti vicino al posto di blocco volante, lanciando pietre contro le forze israeliane e ferendo un soldato.

Le forze israeliane hanno anche chiuso il check-point Attara, a nord di Ramallah, che collega il nord e il centro della Cisgiordania, e una strada principale vicino al campo profughi che collega Ramallah a Gerusalemme.

Già nel pomeriggio, le forze israeliane avevano chiuso gli ingressi principali delle cittadine di Dura al-Qaraa, Silwad e Deir Jarir, nell’area di Ramallah.

Gli abitanti hanno riferito che le chiusure di check-point e delle strade hanno reso quasi impossibile il viaggio tra Ramallah e i villaggi a nord della città.

Abu Qaraa è stata la 238 a persona uccisa da un Israeliano dall’inizio delle agitazioni in tutti i Territori Palestinesi occupati e in Israele da ottobre 2015, la stragrande maggioranza è stata uccisa dalle forze israeliane.

Dall’inizio delle agitazioni, la Cisgiordania occupata ha visto un aumento della chiusura arbitraria militare delle strade, blocchi periodici di villaggi, città, posti di blocco, e interi quartieri palestinesi.

La risposta di Israele ai presunti attacchi – grandi e piccoli – come le demolizioni punitive della casa, la chiusura di interi villaggi, campagne di arresti di massa, e il sequestro dei corpi dei Palestinesi uccisi mentre compivano attacchi, è stata condannata dai gruppi per i diritti umani, che hanno affermato che tali misure equivalgono a “punizione collettiva” e rappresentano una chiara violazione del diritto internazionale.

Traduzione di Edy Meroli