I servizi segreti israeliani informano il padre di un Palestinese che suo figlio “è stato ucciso per errore”

 

Gerusalemme-Ma’an. I servizi segreti israeliani hanno comunicato martedì alla famiglia di  Mustafa Nimir, ucciso lunedì dai militari israeliani durante una incursione compiuta nel campo rifugiati di Shufat, a Gerusalemme Est occupata, che il ventisettenne è stato “ucciso per errore”.

Il padre di Mustafa, Talal, ha riferito a Ma’an che l’intelligence israeliana lo ha convocato martedì, assieme alla moglie, presso la stazione di polizia di Nabi Yaqoub, nel quartiere di Beit Hanina, a Gerusalemme Est, ed ha informato la famiglia che la polizia aveva aperto un’indagine su quanto accaduto, aggiungendo che Mustafa e suo cognato, il venticinquenne Ali Tayser Nimir, anche lui rimasto ferito nell’incidente, non stavano cercando di mettere in atto nessuna aggressione.

Le forze israeliane hanno ucciso Mustafa e ferito Ali quando si sono venuti a trovare sotto il fuoco mentre stavano passando in auto vicino al luogo degli scontri che erano scoppiati tra i giovani locali ed i soldati israeliani durante una incursione militare presso il campo rifugiati di Shufat. I due stavano tornando a casa dopo aver preso del cibo per la loro famiglia.

Le condizioni di Ali sono inizialmente state riferite come non gravi ed è quindi stato portato dalle ambulanze israeliane presso l’ospedale Hadassah di Gerusalemme.

Le autorità israeliane hanno subito sostenuto che il guidatore del veicolo stava cercando di investire la polizia e le guardie di frontiera prima che avessero sparato verso l’auto – una ipotesi che sia i componenti della famiglia che i testimoni hanno immediatamente rigettato.

“Le loro scuse non riporteranno Mustafa in vita”, ha detto Talal a Ma’an dopo aver parlato con la polizia israeliana. “I soldati israeliani non danno valore alla vita umana ed uccidono per svariati motivi ed hanno innumerevoli giustificazioni, come se stessero cacciando degli uccelli”.

“Non vi è nessuna giustificazione per l’uccisione dei nostri ragazzi”, ha continuato tristemente il padre. “Anche se i soldati avessero veramente dato l’ordine al veicolo di fermarsi, perchè avrebbero immediatamente cominciato a sparargli?”.

Talal ha aggiunto inoltre che ora si adopererà per far punire i soldati che hanno ucciso suo figlio, e si impegnerà per proteggere gli altri giovani palestinesi da questo tipo di incidenti. Ha anche chiesto alle organizzazioni locali ed internazionali di creare un seguito su questo caso.

I servizi segreti israeliani hanno anche informato Talal che il corpo di Mustafa verrà per il momento trattenuto presso l’istituto forensico Abu Kabir di Tel Aviv, e sarà poi consegnato per il funerale. Però non sono state fornite ulteriori informazioni alla famiglia.

Intanto Abdallah Nimir, il fratello di Ali, ha dichiarato a Ma’an che il magistrato del tribunale israeliano ha prorogato la detenzione del ferito Ali Nimir fino al prossimo giovedì mentre si trovava ancora all’ospedale per curare le ferite riportate. E’ stato accusato di guida senza patente.

Un portavoce della polizia israeliana non si è resa disponibile per commentare gli ultimi sviluppi della vicenda.

Secondo le informazioni di Ma’an, Nimir è stato il quarto residente del campo rifugiati di Shufat ad essere ammazzato dalle forze israeliane da ottobre scorso. Tra questi, due giovani – compreso Nimir – sono stati colpiti ed uccisi dopo che i soldati israeliani li avevano accusati di aver tentato di commettere una aggressione, mentre gli altri due – Ahmad Salah e Wissam Faraj – sono stati uccisi durante gli scontri con le forze israeliane.

Israele è stata ripetutamente criticata per aver fallito l’attuazione di un equo processo in risposta ai presunti o reali attacchi, in particolare per quel che riguarda le apparenti esecuzioni extragiudiziali di Palestinesi che non costituivano una minaccia al momento della loro uccisione.

Un discreto numero di Palestinesi è stato ucciso nello stesso modo in cui è stato ammazzato Nimir, trovandosi sotto tiro indiscriminato dell’esercito israeliano mentre si trovavano alla guida nelle vicinanze di una operazione militare.

A fine giugno, il quindicenne Mahmoud Raafat Badran è stato ucciso vicino a Ramallah dai soldati israeliani dopo “aver sommerso” di colpi il veicolo nel quale viaggiava.

Nonostante i media israeliani abbiano dapprima parlato di Badran come di un “terrorista” che lanciava pietre, in seguito è stato rivelato essere soltanto uno spettatore innocente di un incidente accaduto lì vicino nel quale giovani a piedi avevano lanciato pietre e molotov contro i veicoli di passaggio.

Nonostante la polizia israeliana abbia poi dovuto ammettere di aver ucciso il teenager “per errore” e che non aveva niente a che fare con i lanciatori di pietre, il ministro degli esteri israeliano ha affermato: “Se non fosse per la difficile situazione della sicurezza, che è unicamente il risultato dell’istigazione e del terrorismo palestinese, Israele non sarebbe obbligata ad utilizzare la forza per proteggere i propri cittadini”.

In luglio il ventiduenne Anwar Falah al-Salaymeh è stato colpito ed ucciso dalle forze israeliane nella città di al-Ram in Cisgiordania, distretto di Gerusalemme, quando stava guidando assieme a due amici nella zona e si è imbattuto in una incursione dell’esercito che si stava svolgendo in quell’area.

Sul posto i militari hanno riferito di aver sparato ad un “veicolo a tutta velocità che si dirigeva verso di loro”, uccidendo quindi al-Salaymeh e ferendo gravemente uno degli altri due Palestinesi che viaggiavano sul veicolo.

Tuttavia i passeggeri dell’auto sopravvissuti all’incidente hanno categoricamente negato di aver tentato di investire i soldati, dicendo che stavano dirigendosi verso un forno e non si erano accorti che le forze israeliane fossero dispiegate nella zona.

Gruppi per i diritti umani hanno contestato il racconto israeliano per la morte di Badran e di al-Salaymeh, sostenendo che tra le loro uccisioni e quelle di tanti altri compiute dalle forze israeliane dallo scorso autunno sono aumentate le “uccisioni extragiudiziali”, in quanto sono state compiute anche quando non vi erano segnali di imminente pericolo.

Traduzione di Aisha T. Bravi