Sì, Canada, c'è la tortura in Israele.

 

Sì, Canada, c’è la tortura in Israele.

Louis Frankenthaler, The Electronic Intifada, 27 Febbraio 2008

L’ambasciatore israeliano [in Canada – ndt] ha di recente espresso la sua indignazione per l’inserimento di Israele nell’elenco degli stati che praticano la tortura pubblicato su un manuale di addestramento per diplomatici.

L’ambasciatore asserisce che la tortura non è praticata in Israele, e in base a ciò sembra che il ministero degli esteri canadese riesaminerà il manuale e lo "correggerà". Il problema, comunque, non è il manuale ma il fatto che Isaele continua a fare uso regolare della tortura.

L’ambasciatore ha dichiarato che le voci di tortura, come quelle del The Public Committee Against Torture in Israel (PCATI), sono discutibili. Nel Novembre del 2007 il PCATI iniziò ad occuparsi di una clamoroso caso di abuso delle manette, nelle quali il detenuto, interrogato, si lamentò e mostrò le prove di essere stato torturato. Il giudice militare ordinò che il detenuto fosse esaminato. Successivi esami neurologici in u ospedale israeliano mostrarono che il detenuto soffriva di danni permanenti alle mani. Il PCATI fece un esposto su questo argomento, e sostenne che ci sono altre prove dell’uso sistematico di questa pratica. Di questo caso caso parlò Gideon Levy, sul quotidiano israeliano Haaretz, nel quale citava il memoriale della vittima.

"Il Capitano Adi sedette alle mie spalle e iniziò a percuotermi il volto ordinandomi di chinarmi all’indietro, e quando mi sentii stanco di restare sospeso lui mi spinse all’indietro e mi trattenne in quella posizione afferrandomi la maglietta. Il Capitano Effie… pose una mano sotto la mia sedia, afferrò le mie mani dietro la schiena e le tirò a sé. Dopo Effie afferrò le mie manette, mise ognuna delle mie mani in una fessura dello schienale. Dopo portò manette diverse, le strinse ai miei indici, con le mie mani legate alle mie spalle, e dopo l’arrivo di un altro addetto all’interogatorio, ognuno di loro cominciò a stringere le manette con tutta la loro forza, ed un altra persona mi teneva per il collo e al tempo stesso mi schiaffeggiava al volto. Usarono questa tortura per cinque o dieci minuti, durante i quali urlavo dal dolore e li imploravo di smettere, mentre qualcuno di loro mi derideva" ("Twilight Zone: A window on interrogation," Haaretz, 10 Gennaio 2008).

Il PCATI documenta e protesta regolarmente per casi di tortura e trattamento inumano. Cerchiamo di costringere lo stato a smettere di usare la tortura e, come minimo, ad onorare la sentenza dell’Alta Corte israeliana del 1999 giunta dopo una petizione del PCATI e altre organizzazioni. Molte persone, tra le quali apparentemente l’ambasciatore israeliano del Canada, affermano che in base a quell’atto la tortura è stata abolita in Israele. Si tratta di una dichiarazione erronea.

Lo stato continua a praticare la tortura. La sentenza, per quanto importante, non poneva fuori legge in maniera categorica tortura e maltrattamenti, e si può persino sostenere che essa ha finito per istituzionalizzare la continuazione della sua pratica attraverso il cavilo della "bomba innescata/necessità di difesa".

I detenuti continuano a subire abusi illegali durante gli arresti o i successivi interrogatori. Vengono regolarmente tenuti in isolamento, e gli viene negato un colloquio con i loro avvocati per lunghi periodi di tempo. Troppo spesso riportano lesioni e dopo vengono esaminati da medici che possono omettere di fare rapporto, e che li restituiscono successivamente agli abusi che hanno luogo durante gli interrogatori.

Centinaia di proteste da parte delle vittime di tortura hanno ottenuto solo, dai tempi della sentenza dell’Alta Corte, che ne seguisse un’"inchiesta" da parte di un funzionario del Servizio Generale di Sicurezza/Shin Bet, che portava sistematicamente ad un’archiviazione da parte della Procura di Stato.

Noi cerchiamo di impedire la tortura, dove è praticata, e facendo così proteggiamo i più elementari principi di democrazia, dignità umana, e di diritti umani. Il miglior modo per impedire la tortura è attraverso l’impegno delle organizzazioni della società civile: esposti, istruzione pubblica, punizione dei torturatori; sostegno ai meccanismi di monitoraggio; ingiunzione a mettere fine all’impunità. Ma finché gli stati, democratici o meno, continuano a torturare e a negare di farlo, il flagello rimane.

Louis Frankenthaler è il direttore del Development and International Outreach, presso il Public Committee Against Torture in Israel (PCATI). Il nuovo rapporto del PCATI è "Ticking Bombs: Testimonies of Torture Victims in Israel" 

Traduzione: Gianluca Bifolchi

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