Sindacato dei giornalisti alla IFJ: i social media devono smettere di censurare i contenuti palestinesi

Ramallah – WAFA. Lunedì, il Sindacato dei giornalisti palestinesi (PJS) ha chiesto alla Federazione internazionale dei giornalisti (IFJ) di intervenire e fare pressione sulle piattaforme dei social media per fermare la censura e il blocco dei contenuti palestinesi.

Il Comitato per le libertà del PJS ha dichiarato in una nota che la frequenza della censura dei contenuti palestinesi sui social media è in aumento, soprattutto sulla piattaforma Facebook, che ha una chiara relazione con Israele e opera sotto le sue direttive per censurare la narrazione palestinese e coprire i crimini dell’occupazione israeliana contro il popolo palestinese.

Ha sottolineato che sono state monitorate centinaia di violazioni contro le agenzie di stampa, i siti web e le pagine delle istituzioni mediatiche e degli individui palestinesi, l’ultima delle quali è stata la censura della pagina di Palestine News Network, seguita da circa 250 mila persone, e bloccata da Facebook.

Il Comitato per le libertà ha evidenziato che la Palestine News Network, prima della sua cancellazione, è stata sottoposta a censura e hacking sui suoi siti web in arabo e inglese, fino al punto di bloccarla ai suoi follower su Facebook, oltre all’hacking del suo sito web circa tre settimane fa.

Anche il sito web dell’agenzia di stampa Ma’an News è stato bloccato per diverse ore a causa di un hacking, mentre la sua pagina principale su Facebook, con circa 2,25 milioni di seguaci, è ancora soggetta a sanzioni a causa di una serie di restrizioni, mentre in passato sono state bloccate pagine con milioni di seguaci.

La dichiarazione ha sottolineato che l’attacco contro i contenuti palestinesi non è limitato alla piattaforma Facebook, ma anche ad altre piattaforme come Instagram, YouTube, Twitter, WhatsApp e Tik Tok.

Il PJS ha chiesto all’IFJ di fare pressione su tutte le parti coinvolte, anche internazionali, per porre fine a tali violazioni da parte delle piattaforme dei social media contro i contenuti e la narrazione palestinesi.