Siria, Haytham Manna: “Dobbiamo fermare la guerra civile”

Assisi. Il Forum sulle Primavere arabe è proseguito con un incontro dedicato alla situazione siriana, dal titolo: “Siria: transizione democratica o guerra civile?”

Wilhelm Langthaler, attivista austriaco, ha introdotto la relazione di Haytham Manna, presidente all’estero del Coordinamento per il cambiamento democratico (Cnccd, meglio noto come NCB – National Coordination Body) spiegando che la rivolta siriana è da considerarsi come parte delle sollevazioni arabe. Con una differenza rappresentata dal ruolo della Paese come bastione delle resistenze antimperialiste. Le posizioni del Cnccd sono incentrate sul no all’intervento straniero nella crisi. Una posizione diametralmente opposta a quella assunta invece dal Consiglio nazionale siriano (Cns) favorevole all’intervento.

Haytham Manna ha iniziato il suo intervento ricordando il fallimento del piano di Kofi Annan, da lui considerato come l’ultimo tentativo che avrebbe potuto impedire il precipitare della guerra civile. Una guerra civile che è il frutto sia dell’intransigenza del regime – ricorda come Assad approfittò del ramadan del 2011 per occupare tre città della Siria e per eliminare fisicamente le migliori intelligenze dell’opposizione – sia dell’intervento dei salafiti nel conflitto. In quel momento, l’8 agosto, ci fu il passaggio dalla rivolta pacifica a quella violenta: il primo ingresso dei salafiti sulla scena politica siriana. E fu un attacco alla posizione del Ccncd (quella dei tre no: no all’intervento straniero, no alla guerra civile, no al settarismo religioso).

Essi dissero che i tre no sostenevano il regime di Assad e dovevano essere sostituiti da tre sì: sì all’intervento esterno, sì alla lotta armata, sì alla lotta contro le minoranze, contro i kuffar (i miscredenti) e quindi guerra settaria e fitna. Ma la cosa ancora più significativa è che ai tre sì si aggiungeva che era ormai venuto il tempo della riconciliazione tra l’islam e l’occidente. Per il salafiti lo slogan era: “il sangue dei sunniti è uno”. Si trattava di un gruppo minoritario, cui venne dato molto risalto dai media arabi, del Golfo, e ciò favorì la loro espansione nel mondo arabo.

Dopo aver ricordato il complesso mosaico siriano, costituito da ben 26 componenti – religiose, nazionali ed etniche – Manna ha sostenuto che oggi lo scontro è più un conflitto internazionale che interno, visto il peso delle interferenze straniere. Egli ha denunciato anche il ruolo delle emittenti del Golfo (al Jazeera ed al Arabiya) nel presentare la rivolta come esclusivamente sunnita.

Il ruolo dei media del Golfo nella divulgazione delle notizie

Manna ha spiegato che nessuno dei mezzi di informazione del Golfo parla di ciò che il Coordinamento fa per aiutare il popolo siriano e del fatto che all’interno dell’opposizione ci sono sunniti, alawiti, sciiti, cristiani, ismailiti. E ha ricordato che lui è il presidente del Cnccd all’estero e che ha tre vice: uno curdo, uno sciita e un druso, e che nella direzione ci sono tre cristiani. Invece le emittenti del Golfo vogliono segnalare che la rivolta è soprattutto sunnita, istigando la guerra settaria, omettendo di dire che sono rappresentate tutte le etnie e le minoranze del Paese. Questa propaganda, ha sottolineato, favorisce la guerra e impedisce ogni tipo di soluzione politica del conflitto, perché lo pone come settario.

“Abbiamo tre rappresentazioni della Siria: virtuale – Fb – formata da 200 persone che fanno credere di guidare la rivolta; mediatica – pro-governativi e anti-governativi (del Golfo) non danno un’immagine esatta della realtà; la realtà: abbiamo lanciato la proposta di cessate il fuoco, una settimana fa. Tutte le parti hanno rifiutato. Abbiamo avuto 8000 persone uccise in entrambi i campi. Noi abbiamo chiesto di smettere le ostilità per cinque giorni, ma tutte le tv hanno mandato in onda solo le risposte negative sul cessate il fuoco, e nessuna ha parlato della proposta in sé”.

Critica alle milizie salafite

Per Manna la natura fondamentale della rivolta non è di tipo confessionale. E’ dura la sua critica alle milizie salafite: se sono davvero così forti, perché fanno arrivare combattenti dall’esterno? A suo avviso il senso comune dei siriani è che o essi riusciranno a vivere insieme o tutti insieme periranno. A questo proposito ha citato il caso di Aleppo, dove la popolazione della città non ha accolto con favore né le milizie né l’esercito di Assad.

Sostegno alla resistenza palestinese e libanese

Manna ha poi sottolineato che la difesa della resistenza palestinese è nella coscienza di tutti i cittadini siriani, e ha portato l’esempio della posizione comune di governo e cittadini nella difesa di Hezbollah quando ci fu la guerra israeliana contro il Libano, nel 2006.

Langthaler ha chiesto come è possibile che ad oggi non siano emerse altre soluzioni dall’interno del regime?

Secondo Manna bisogna distinguere tra lo Stato (al cui interno vi sono tante persone oneste) e il regime. Una distinzione che non fanno i Fratelli Musulmani, che rappresentano la maggioranza del Cns. Un’incapacità di distinguere che deriva anche dal fatto che i dirigenti della Fratellanza vivono tutti all’estero dopo la forte repressione che li colpì negli anni ’80. Per Manna la transizione dovrà implicare necessariamente una qualche forma di continuità con lo Stato, non con il regime.

“Estremisti ciechi nell’opposizione stanno cercando di fermare ogni relazione con gli apparati dello Stato, cercano la distruzione. Sono loro che con le loro posizioni estremiste fanno sprofondare la Siria in una guerra civile”.

Egli ha ricordato i tre punti fondamentali: l’unità della nazione, no all’estremismo religioso ed all’islamizzazione della società, per una soluzione siriana e non imposta dall’esterno.

Molti gli interventi seguiti alla relazione di Manna.Tra questi ricordiamo quelli di Leo Gabriel (Austria), Paul Larudee (Usa), Attia Rajab (Germania), Jasmine Gholoum (parlamentare del Bahrein), Lourimi Ajmi (Tunisia), Ali Fayyad (parlamentare di Hezbollah).

Fayyad ha detto che le aspirazioni delle masse siriane sono legittime, ma la questione va inserita nel contesto regionale caratterizzato dal conflitto arabo-israeliano. Fayyad si augura che avvenga un incontro tra il governo siriano e le forze dell’opposizione nazionale, concludendo che non è possibile permettere una caduta della Siria.

Manna ha risposto ricordando l’inaffidabilità delle promesse del regime, l’importanza della solidarietà internazionale, la negatività del ruolo della Lega Araba, condizionata da una maggioranza vicina alle posizioni del Qatar.

Ad una precisa domanda di un giornalista austriaco, su quale sarebbe la sua politica nei confronti delle resistenze, ed in particolare verso Hezbollah, qualora arrivasse al governo, Manna ha affermato con forza che «le resistenze le sosteniamo appieno. Per noi questo non è un fatto tattico, è una questione esistenziale».

E riguardo alla collocazione internazionale della Siria del futuro ha spiegato di voler un buon rapporto con tutti (Turchia, Iran, ecc.) eccetto che con i sionisti.

Concludendo, Manna ha ribadito che il negoziato e il compromesso sono l’unica soluzione, che la strada per il negoziato non è sbarrata. E ricordando suo fratello, torturato ed ucciso dalle forze del regime, ha affermato che ogni vita (anche quella degli avversari) ha la stessa importanza. Dialogo, dunque, con tutte le forze, ad eccezione di quelle che rispondono a potenze esterne alla Siria.

Chiudendo la serata, Wilhelm Langthaler ha infine ricordato lo sforzo, condiviso con Manna, per inviare in Siria una delegazione internazionale di solidarietà basata sulla posizione dei «tre no».

Fonti: InfoPal e http://www.antimperialista.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2161:haytham-manna-ldobbiamo-fermare-la-guerra-civiler&catid=28:siria-cat&Itemid=116