Smascherata l’alleanza tra sauditi e sionisti contro i musulmani

CrescentTra i sauditi e i sionisti ci sono molte cose in comune. Sono entrambi regimi illegali che occupano terre sacre. La loro alleanza segreta è ora smascherata. I musulmani devono considerare questo fenomeno adeguatamente.
Due regimi illegittimi e usurpatori, uno capeggiato dai sionisti in Terra Santa e l’altro dai Beduini Najdi nella Penisola arabica, sono stati costretti dai rapidi cambiamenti in atto a rivelare i loro legami, mantenuti a lungo segreti. Non solo i musulmani, ma anche molti non musulmani imparziali riconoscono l’illegittimità del regime paria illegittimo in Terra Santa. I sauditi, invece, sono stati capaci di celare la loro vera identità pretendendo di essere i “difensori dell’Haramain”, le due città sante di Mecca e Medina. Se così fosse, la loro sarebbe un’opinabile difesa, essendo da un lato totalmente sottomessi all’imperialismo Usa, e dall’altro servi del razzismo sionista.
È stato il primo ministro Benjamin Netanyahu, diversi mesi fa, a riferirsi all’alleanza tra sauditi e sionisti, parlando dell’opposizione all’Iran islamico. Egli parlò dei regimi arabi, ma data la grandezza e l’importanza dell’Arabia, fu chiaro che egli si riferiva al regime di Riyad. L’altro grande attore sulla scena araba, l’Egitto, ha già da tempo abbracciato pubblicamente il regime sionista.
Due fallimenti politici hanno costretto l’alleanza segreta tra Riyad e Tel Aviv a rivelarsi: la politica saudita-israeliana in Siria e i loro tentativi di isolare l’Iran islamico nella regione, entrambi venuti alla luce a causa degli sviluppi successivi sfuggiti al loro controllo. I sauditi, in particolare, non solo sono rabbiosi nei confronti dei loro padroni di lunga data, gli Stati Uniti, ma sono anche nel panico in quanto gli Stati Uniti hanno preso contatti, seppur esili, con l’Iran islamico.
Tra una serie di contatti fra i sauditi e i sionisti, più di recente c’è stata una breve discussione tra l’ex-capo dell’intelligence dell’Arabia Saudita, il principe Turki al-Faisal, e l’ex-ambasciatore israeliano a Washington (1992-1996), Itamar Rabinovich, tenutasi a Monaco a metà dicembre. Secondo una radio israeliana, Turki avrebbe pubblicamente stretto la mano a Rabinovich alla Conferenza mondiale di Monaco. I loro contatti sono a tal punto progrediti che Rabinovich ha deciso, in maniera inusuale, di invitare Turki a parlare alla Knesset, il Parlamento israeliano.
Turki avrebbe declinato l’invito – che cosa avrebbe potuto dire agli occupanti sionisti della Palestina? – ma il fatto che l’invito ci sia stato indica che i rapporti sono profondi e di lunga data. L’invito dimostra poi il grado di fiducia reciproca. Rabinovich è un esperto di politica siriana, ed è chiaro che egli avrebbe voluto coinvolgere maggiormente l’ex-capo delle spie saudite, nonostante l’attuale capo dell’intelligence saudita, Bandar bin Sultan, sia più profondamente coinvolto con i sionisti.
Entrambi i regimi criticano la politica statunitense sulla Siria e la riconciliazione di Washington con Teheran. I sionisti, come loro abitudine, sono stati così schietti da risultare pedanti. I sauditi invece sono stati più diplomatici, in pubblico, con i loro padroni americani, ma non meno veementi riguardo la denuncia dell’apertura americana verso Teheran.
I sauditi percepiscono un sensibile cambiamento della politica statunitense nella regione. Il presidente Barack Obama ha reso noti tali cambiamenti quando ha annunciato un cambiamento nella politica della regione asiatico-pacifica, per contenere la crescente potenza cinese. I sauditi interpretano ciò come un’evidente diminuzione della loro importanza per gli Usa. Inoltre, Obama ha scioccato i sauditi quando si è rifiutato di attaccare militarmente la Siria, l’estate scorsa, in quello che è ora conosciuto come un ben orchestrato piano da parte di Bandar. Ciò è stato un affronto personale verso Bandar, e un’umiliazione pubblica dell’Arabia Saudita, che si riteneva un alleato indispensabile degli Stati Uniti nella regione.
Poco dopo Bandar annunciò che d’ora in poi il Regno saudita sarebbe andato autonomamente in Siria, senza coordinare la propria politica con Washington. Il risultato è stato la creazione di ciò che è noto come il “Fronte islamico”, un raggruppamento di sei o sette diverse fazioni ribelli che sfida l’Esercito siriano libero (Esl) appoggiato dall’Occidente. Secondo molti rapporti, i combattenti del Fronte islamico, appoggiati e finanziati dall’Arabia Saudita, hanno invaso le posizioni dell’Esl e si sono impossessati dei loro armamenti dagli arsenali vicini al confine turco. Il capo dell’Esl, Salim Idriss, sarebbe, presumibilmente, in fuga.
I sauditi sono intenzionati a sabotare la seconda conferenza di Ginevra sulla Siria, in programma per il 22 gennaio. Gruppi appoggiati dai sauditi stanno avanzando condizioni alla loro partecipazione che quasi certamente faranno naufragare le possibilità che la conferenza abbia luogo. Il governo siriano ha anche detto di partecipare alla conferenza solo in assenza di precondizioni. Questo è ciò che Lakhdar Brahimi, l’inviato della Lega Araba per l’Onu, ha annunciato quando, lo scorso novembre, la data di Ginevra II è stata resa pubblica.
Le Forze governative siriane, recentemente, stanno facendo costanti progressi, mentre i gruppi ribelli combattono uno contro l’altro, indebolendosi. Inoltre, le loro azioni barbare hanno inorridito gran parte dei siriani, che non vogliono sostituire il regime di Bashar al-Asad con chi pratica decapitazioni e cannibalismo. Ma tali comportamenti non fermano i sauditi, che pretendono la rimozione di Asad senza badare al prezzo che il popolo siriano potrebbe dover pagare. Sono già milioni i profughi siriani, e le Nazioni Unite hanno chiesto 6,5 miliardi di dollari per aiuti d’emergenza, o questa gente potrebbe morire di fame. Le condizioni nei campi profughi il Libano e Giordania sono tremende, e le recenti tempeste di neve, insolite nella regione, hanno portato ulteriori sofferenze.
Ma il dramma dei profughi non disturba i sauditi. Anzi, essi ritengono di poterne acquisire dei vantaggi, sfruttandolo in chiave anti Asad. Èinteressante notare che persino il Segretario di Stato Usa, John Kerry, ha annunciato di essere disposto a incontrare gruppi ribelli siriani affiliati ad al-Qa’ida. Ma gli Stati Uniti non hanno invaso l’Afghanistan per combattere al-Qa’ida? O si è trattato solo di uno stratagemma per poter invadere il paese montuoso, ricco di minerali?
La mente dell’alleanza saudita-sionista è Bandar. Durante il suo lungo incarico da ambasciatore saudita a Washington egli coltivò stretti legami con i neocon, in special modo sionisti. Le sue feste sontuose erano famose per l’alcool e le donne discinte (vien da chiedersi cosa ne pensasse il ministro saudita “responsabile del bene e della prevenzione del vizio”, di tale condotta, o forse essa è ammessa se a indulgervi è uno dei reali sauditi?).
Poco dopo che fu evidente che gli Stati Uniti non avrebbero attaccato la Siria, come i sauditi avevano fino allora sperato e progettato, Bandar si recò in Giordania, nella città portuale di Aqaba, per incontrare il direttore del Mossad, Tamir Pardo. Scopo dell’incontro era la coordinazione della politica su Siria e Iran. Quest’informazione è trapelata da una fonte interna all’ambasciata saudita di ‘Amman, in Giordania, il che indica che all’interno dei circoli di potere sauditi ci sono forti differenze.
Occorre ricordare che, quando nel febbraio 2011 in un caffè parigino venne escogitata la trama della messa in scena della rivolta siriana, Bandar vi presenziò assieme all’ambasciatore israeliano degli Stati Uniti Dan Shapiro e al sottosegretario di Stato Jeffrey Feltman. Naturalmente vennero coinvolte anche diversi esponenti dell’opposizione siriana. Sia Shapiro che Feltman sono sionisti e decisi sostenitori di Israele. L’impressione in quel momento era che il regime di Asad sarebbe crollato nel giro di pochi mesi, se non di poche settimane.
Bandar ha anche tentato altre mosse, dal rifiuto degli Stati Uniti di attaccare la Siria l’agosto scorso. Secondo alcune fonti egli avrebbe incontrato il presidente francese Hollande mentre questi si trovava a Tel Aviv per vedere Netanyahu. Secondo il sito libanese al-Hadath, Bandar avrebbe in quest’occasione proposto una politica comune sul nucleare iraniano, per tentare di sabotare qualsiasi accordo con gli Stati Uniti. Inoltre, Bandar ha inoltre proposto il rafforzamento della difesa saudita (ovvero, i sauditi avrebbero acquistato un maggior numero di armamenti, questa volta dalla Francia). Questo dev’essere stato musica per le orecchie di Hollande, dal momento che l’economia francese sta arrancando, e un qualsiasi flusso di valuta sarebbe il benvenuto.
L’abbraccio aperto dei sauditi verso i sionisti riflette la loro disperazione. Si devono, però, mettere all’erta tutti i musulmani onesti sulla vera natura di questo regime. La questione che i musulmani dovrebbero porsi è se le due città sacre di Mecca e Medina possano essere lasciate nelle mani dei sauditi, alleati dei sionisti. Se la mosche al-Aqsa si trova sotto la diretta occupazione dei sionisti, Mecca e Medina si trovano sotto la loro indiretta occupazione, essendo i sauditi loro stretti alleati.
Quanto a lungo possono tollerate i musulmani che questo stato di cose continui?
Traduzione di Stefano Di Felice