‘Solo lavoro ebraico’, gruppi per i diritti umani in Israele condannano le aziende

Di Jonathan Cook.

An-Nasira (Nazareth) – The National.ae. “Non si assumono arabi” – così dichiarano apertamente decine di aziende sull'elenco delle “Pagine gialle” israeliane.

Le aziende, tra le quali una ditta di autobus, altre alla ricerca di idraulici, elettricisti e una ditta di traslochi, pubblicano apertamente le loro inserzioni nella sezione “lavoro ebraico”, vale a dire una politica di assunzioni esclusive per ebrei che gruppi ebraici per i diritti civili definiscono essere una violazione delle leggi anti-discriminazione del paese.

I gruppi di tutela ritengono che tali inserzioni rappresentino una delle tante iniziative volte a concedere trattamenti preferenziali ai candidati in cerca di lavoro ebrei, in un paese composto per un quinto da cittadini arabi.

Essi sostengono che “tale tendenza ad assumere 'esclusivamente ebrei' sia un riflesso della rapida svolta di Israele verso destra”.

Tra le iniziative dei gruppi di destra vi sono l'attribuzione di certificazioni “kosher” a quelle  aziende che limitano le assunzioni ai soli ebrei, e una campagna delle comunità religiose ortodosse per il boicottaggio delle aziende che assumono lavoratori arabi.

Il crescente sentimento anti-arabo presso il parlamento israeliano che ha portato al disegno di legge sul cosiddetto “giuramento di fedeltà” proposto dai partiti di destra, si spinge fino a includere le politiche d'impiego.

Yehuda Weinstein, procuratore generale di Israele, a giugno ha ammonito il primo ministro Benjamin Netanyahu sull'incostituzionalità di un disegno di legge stilato dal partito “Yisrael Beiteinu”, volto a riservare molte professioni del settore pubblico ad ex militari.

Gli arabi sono in genere esonerati dal servizio militare, e sarebbe quindi loro preclusa la candidatura a molte professioni.

Sawsan Zaher, avvocato di “Adalah” (Centro legale per i diritti della minoranza araba in Israele), nota una “inquietante tendenza alla creazione di posti di lavoro senza arabi”.

“Le aziende sono via via più convinte che dichiararsi contrarie all'assunzione di arabi sia positivo per gli affari”.

La controversia sulle “Pagine gialle” ha evidenziato il rilancio della consuetudine al “lavoro ebraico”, precedente alla creazione dello Stato di Israele nel 1948.

La politica di segregazione occupazionale fu ideata in origine dai primi immigrati ebrei in Palestina, allo scopo di rafforzare la propria posizione all'inizio del loro insediamento tra la numerosa popolazione palestinese.

Secondo gruppi per i diritti civili, “la tendenza continua”, come dimostrato dalle inserzioni.

Ron Gerlitz, co-direttore del Sikkuy (Associazione per la promozione delle pari opportunità), riferisce che “una coalizione di nove gruppi per la tutela dei diritti ha lanciato una campagna al fine di sottoporre 'Pagine gialle' a pressioni pubbliche, per chiedere il ritiro delle offensive inserzioni”.

“La pubblicazione di tali inserzioni sulle “Pagine gialle” è indicativa del consenso che vi è tra le aziende intorno al rifiuto di impiegare gli arabi”, dice Gerlitz.

E aggiunge che “in pratica, migliaia di ditte israeliane rifiutano di dare lavoro agli arabi, ma la maggior parte sono riluttanti a rendere pubblico il fatto. Le società per il “lavoro ebraico” sono invece orgogliose di dichiarare il proprio razzismo”.

Le “Pagine gialle” hanno difeso la pubblicazione delle società asserendo che il “lavoro ebraico” non è illegale.

Tuttavia, secondo Zaher, avvocato di Adalah, “le 'Pagine gialle' e le compagnie implicate infrangono la Legge sulla parità d'impiego del 1988”.

Egli aggiunge: “L'elenco non permette alle prostitute di inserire annunci poiché la prostituzione in Israele è illegale, e allora, che differenza c'è con queste compagnie?”

I gruppi per i diritti civili sono inoltre turbati per un nuovo disegno di legge  – l'ultimo di una serie sulla “fedeltà” presentata in parlamento negli ultimi due anni – in base al quale, in caso di assunzione, si conferisce precedenza ai militari in congedo dal servizio civile.

In passato, i tribunali hanno dichiarato illegale una pratica comune alle ditte di proprietà ebraica. Per quelle posizioni lavorative non relative alla sicurezza, esse richiedevano di aver svolto il servizio militare. La decisione dei tribunali era giustificata dall'aver individuato in tale pratica una forma di discriminazione nei confronti della maggior parte dei cittadini arabi.

Nella sua lettera al primo ministro, Yehuda Weinstein afferma che “le offerte di lavoro violano i requisiti legali del 2000 che prevedevano azioni positive al fine di aumentare la presenza araba nel servizio civile.  
Un elenco di obiettivi stabilito dal governo è stato ridotto, e la proporzione di lavoratori arabi è cresciuta di appena il 5% negli ultimi dieci anni.

I gruppi per i diritti civili da tempo lamentano la rarità con cui le leggi israeliane contro le discriminazioni nelle assunzioni vengono applicate. La reazione del governo è stata la formazione di una Commisione per la parità d'impiego.

Jafar Farah, direttore di “Mossawa”, centro legale per la minoranza araba in Israele, sostiene che “la commissione, la polizia e la maggior parte degli organi di governo dimostrano scarsa volontà di far rispettare le regole nel caso di discriminazioni verso gli arabi”.

Egli ha riferito: “Per diversi mesi, il centro ha tentato – senza successo – di far chiudere un sito web per il 'lavoro ebraico' gestito da un'organizzazione di estrema destra, la Lehava”.

Il sito promuove le compagnie che assumono esclusivamente impiegati israeliani, e i suoi servizi sono esclusivamente rivolti a clienti ebrei.

All'inizio dell'anno, l'organizzazione Lehava ha svelato un piano di assegnazione di certificati kosher rivolto alle aziende che escludono i lavoratori arabi. Nel certificato si dichiara: “Il proprietario di quest'azienda impiega solo personale ebraico, e non il nemico”.

Alcuni rabbini ortodossi hanno dato il proprio benestare alla campagna, e hanno contribuito al sostegno del boicottaggio delle aziende che impiegano arabi.

Janet Shalom, tra gli avvocati della commissione, ha affermato che le compagnie per il lavoro ebraico infrangono la legge, e si deve indagare sulla posizione legale di “Pagine gialle”, responsabile della pubblicazione degli annunci.

Egli ha dichiarato che finora non è stata intrapresa alcun'azione nei confronti delle compagnie perché la commissione è priva delle risorse per poter avviare le indagini.

Traduzione per InfoPal a cura di Stefano Di Felice

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