Speranze per una soluzione diplomatica con l’Iran

Memo. Di Samira Shackle. Nel parlare delle linee giuda relative all’anno in corso, Barack Obama ha rivolto un invito ai leader iraniani perché “riconoscano che è arrivato il momento per una soluzione diplomatica” relativa al programma nucleare del Paese. Ha poi aggiunto: “Faremo tutto il necessario per impedire loro di entrare in possesso di un’arma nucleare”.

Dall’inizio del suo mandato nel 2009, Obama ha sempre sottolineato la sua preferenza per una soluzione diplomatica. In quell’anno, in rottura con la retorica del suo predecessore George Bush, ha offerto una “mano tesa a coloro fossero stati disposti a schiudere il pugno”. Nonostante queste cordiali parole, non vi è stato alcun miglioramento. L’Iran ha continuato il suo programma nucleare, anche se ha interrotto la realizzazione della bomba. Una mossa, che consapevolmente avrebbe determinato un intervento militare americano, un esito che entrambi le parti sono ansiose di evitare. Nel frattempo, l’America e i suoi alleati hanno applicato sempre più severe sanzioni, causando considerevoli sofferenze ai cittadini iraniani. La valuta nazionale si è dimezzata, l’inflazione e la disoccupazione crescono continuamente e le imprese private versano in gravi sofferenze. Gli scambi internazionali sono sostanzialmente pari a zero.

Nel 2010, prima che l’effetto delle sanzioni iniziasse a farsi sentire, il PIL era cresciuto del 6 per cento, ma le previsioni per il 2013 anticipano un sostanziale appiattimento. Piuttosto che spingere il governo di Teheran ad aprire un tavolo per le trattative, queste misure punitive sembrano avere l’effetto opposto.

La scorsa settimana, il leader supremo iraniano Ayatollah Ali Khamenei, ha riferito ai medi nazionali: “La nuova amministrazione, così come le precedenti, ha ribadito la necessità dei colloqui tra Iran e America”, e ha aggiunto: “Sei tu (America) a tenere puntata una pistola alla testa dell’Iran, e poi pretendi di impegnarti in un dialogo. La nazione iraniana non avrà paura”. Le sanzioni e le minacce di guerra non stanno certo facilitando la strada verso i colloqui.

L’ennesimo appello di Obama alla ricerca di una soluzione diplomatica, è seguito all’inconclusivo incontro tra Iran e Agenzia Internazionale delle Nazioni Unite per l’Energia Atomica (IAEA). Herman Nackaerts, vice direttore della IAEA, ha affermato che “i negoziatori non hanno potuto finalizzare un accordo, che una volta stabilito, porti alla risoluzione del programma nucleare iraniano per fini militari”. Ha precisato, inoltre, che non sono state fissate date successive per ulteriori colloqui.

La situazione di stallo continua, quale strada occorre percorrere? La soluzione più ovvia sembrerebbe essere un compromesso. Nelle ultime settimane, numerosi analisti hanno suggerito un allentamento parziale delle sanzioni in cambio di un accordo da parte iraniana sulle restrizioni da apportare al programma. Un gruppo di esperti americani, del Consiglio degli Affari Esteri, sottolinea come la priorità per gli Stati Uniti sia di impedire all’Iran di continuare a produrre uranio altamente arricchito, mentre è stato tacitamente accettato che esso non fermi l’arricchimento a livelli inferiori. Ciò suggerisce che Tehran possa accettare questo in cambio di un allentamento delle sanzioni.

Tutto ciò offerto finora è la revoca dell’embargo relativo a parti di ricambio degli aerei di linea, proposta rifiutata dall’Iran già in precedenti colloqui. L’idea che l’Occidente dovrebbe offrire maggiori incentivi al fine di riaprire il dialogo, è stata espressa da una serie di organizzazioni, tra cui il  falco “Washington Institute for Near East Policy”. Partick Clawson, direttore del gruppo di esperti, ha proposto ad Obama di offrire “una carota più succosa” a Teheran.

Tuttavia la possibilità che ciò accada sono davvero poche. Anche se Obama ha voluto più volte offrire manovre attrattive all’Iran, non può decidere da solo. Molte delle sanzioni più dure sono state approvate dal Congresso, che ha una maggioranza Repubblicana. C’è inoltre la pressione della lobby filo-israeliana a Washington, per non parlare poi del rischio che potrebbe creare la concessione di ampi argini di manovra, da parte di Israele, che potrebbe decidere di impugnare il problema intraprendendo un’azione militare. Il premier israeliano Benjamin Netanyauh ha più volte lasciato intendere che sarebbe stato disposto a intraprendere un attacco unilaterale.

Le relazioni tra Iran e America sono caratterizzate da antipatia e sfiducia reciproca. Considerato il precedente dell’Iraq, quando le sanzioni imposte contro il regime di Saddam Hussein non furono alzate fino all’invasione americana del 2003, in Iran molti non credono in una possibile revoca delle sanzioni a meno che non vi sia un cambiamento di regime.

L’intelligence occidentale sostiene che l’Iran in realtà non stia costruendo una bomba atomica. Nel caso in cui però dovesse farlo l’azione militare americana sarebbe altamente probabile. Supponendo che Teheran rimanga su questo lato della “linea rossa” americana, le prospettive per il prossimo futuro sembrano essere ancora di stallo. Obama sostiene che “ora è il momento pe runa soluzione diplomatica”, ma che ciò può avvenire solo nel caso in cui entrambe le parti riconoscano la necessità di alcune concessioni.

Traduzione per InfoPal a cura di Monica Greco