Storie da Gaza: “A volte devo mettere a rischio la mia vita per sopravvivere”

clip_image002Gaza – Pchr. Narrative.

Domenica 14 luglio 2013, le forze israeliane di pattuglia presso la recinzione di confine a nordest di Beit Hanoun, nella Striscia di Gaza, hanno aperto il fuoco in direzione di un gruppo di lavoratori che stava raccogliendo rottami di metallo e plastica da una discarica, a circa 400 metri dalla recinzione. Di conseguenza, Khaled Shehdada Hamad, lavoratore diciottenne del luogo, è stato ferito. Gli altri lavoratori lo hanno portato immediatamente al più vicino ospedale di Beit Hanoun con un carretto, dove ha potuto ricevere i primi soccorsi. In seguito è stato trasferito all’ospedale di Kamal Odwan a Beit Lahia, dove ha ricevuto cure mediche per una ferita nella coscia sinistra. Khaled è stato dimesso dall’ospedale una settimana dopo l’attacco, quando le sue condizioni si sono stabilizzate.

Disteso sul letto, in attesa di essere dimesso, Khaled descrive l’incidente: “Ero assorto nel mio lavoro giornaliero, stavo raccogliendo i miei arnesi per tornare a Beit Hanoun. Vado in questa discarica quasi tutti i giorni insieme ad alcuni amici, per raccogliere metallo, plastica, rame, o qualsiasi altro materiale di scarto da poter poi vendere. Qualcosa mi ha colpito alla gamba. Sono caduto a terra e ho iniziato ad urlare. Solo allora ho visto una jeep israeliana passare in lontananza. L’ho vista solo dopo che mi avevano sparato. Non sono riuscito a vedere il soldato. Deve avermi mirato mentre era nella jeep militare”.

“Quando mi hanno sparato, potevo sentire i frammenti di proiettile nella gamba. Un frammento mi ha anche danneggiato la mano destra. È un proiettile esplosivo, mi hanno detto. Il foro di entrata è piccolo, ma dove il proiettile esce è più largo, ed è questo a causare seri danni. I dottori hanno detto che avevo ancora qualche frammento nella gamba e che ci vorrà molto tempo prima che vengano rimossi. Possono volerci degli anni”, ha aggiunto Khaled, guardando alla sua mano che ancora porta le cicatrici del frammento.

“I miei amici si sono radunati intorno a me e mi hanno trasportato in un carretto trascinato da un asino. Non potevamo chiamare l’ambulanza perché è difficile avere il segnale in quella zona”. Khaled è stato trasferito fino al più vicino ospedale di Beit Hanoun, circa 1 km e mezzo dall’area di confine dove gli avevano sparato. Ma l’ospedale non era attrezzato per occuparsi delle sue ferite, per questo è stato trasferito all’ospedale Kamal Odwan.

Hanno sparato a Khaled mentre lavorava in una discarica a circa 400 metri dalla recinzione di confine. Israele ha imposto unilateralmente una “zona cuscinetto” illegale, un’area proibita ai palestinesi, attorno ai confini di terra e mare della Striscia di Gaza. L’area precisa che Israele designa come “zona cuscinetto” non è certa, e la politica israeliana viene spesso applicata dalle sparatorie. In accordo con il cessate il fuoco che ha terminato l’ultima offensiva militare israeliana nella Striscia di Gaza nel novembre 2012, il Coordinatore Israeliano per le Attività Governative nei Territori (Cogat), in una dichiarazione online del 25 febbraio 2013 ha affermato che i contadini potevano accedere alle terre nella zona di confine fino a 100 metri dalla recinzione, anziché i 300 metri precedentemente imposti. Tuttavia, questo riferimento, così come il riferimento per l’allargamento dell’area di pesca in mare, è stato poi rimosso dalla dichiarazione. L’11 marzo 2013, un portavoce dell’esercito israeliano, in una lettera all’organizzazione non-profit Gisha, aveva affermato: “E’ richiesto ai residenti di Gaza di non avvicinarsi a più di 300 metri dalla recinzione di sicurezza”.

Gli arbitrari e mutevoli  parametri della cosiddetta “zona cuscinetto” hanno portato un’enorme confusione tra la popolazione civile che vive nei pressi dell’area di confine: l’accesso ai terreni agricoli, la loro maggiore fonte di sopravvivenza, può avvenire solo ad alto rischio. In realtà, gli attacchi contro i civili hanno luogo ovunque entro 1,5 kilometri dalla recinzione. Questo significa che è possibile accedere al 35% dei terreni agricoli della Striscia di Gaza solo prendendosi un rischio personale elevato, dato che gli attacchi israeliani possono tradursi in civili feriti o uccisi.

Khaled sembra consapevole del pericolo che comporta il suo lavoro. Ma non ha alternative, essendo tra le principali fonti di sostentamento di una famiglia di 12 persone.  Spiega: “Sappiamo che a volte sparano alle persone nelle aree di confine, soprattutto ai contadini, ma non ho mai pensato che sarebbe successo a me. Mi sono autoconvinto che era un’area sicura, così da poter continuare a lavorare. Molte altre persone che lavoravano in quella zona mi hanno rassicurato. Altre persone erano venute fin da Gaza City per lavorare qui. Non ero nemmeno la persona più vicina alla recinzione. C’erano altre persone che lavoravano molto più vicino. Pare che dipenda dall’umore dei soldati stabilire qual è il limite dell’area di confine. Se stavamo contravvenendo alle regole per essere nella “zona cuscinetto”, allora perché non hanno sparato a quelle persone? Io dico che è arbitrario”.

Khaled è stato costretto a lasciare la scuola a 14 anni. Insieme ad altri due suoi fratelli, cammina per le discariche per raccogliere rottami da poter vendere per qualche soldo, per mantenere la sua famiglia. “Di solito vado a lavorare in queste discariche intorno all’alba e torno alle 2 del pomeriggio. Poi cerco di trovare qualcuno che compri quello che ho raccolto durante tutta la mattina. Mio padre lavora al comune. Il suo reddito non è sufficiente: non può permettersi di crescere 10 figli con il misero salario che gli pagano ogni due mesi. Lavoro da quando avevo 14 anni. Per raccogliere metallo vado ovunque. Spesso è pericoloso. Ma non c’è altro modo per garantire la nostra sopravvivenza. A volte devo rischiare la mia vita per sopravvivere; ma dove altro potrei andare?”

La difficile situazione economica di Khaled non è un caso speciale. È piuttosto il segno del deterioramento della situazione umanitaria causata dalla chiusura della Striscia di Gaza imposta dagli israeliani, che ogni giorno violano i diritti sociali ed economici delle persone. Nel 2012, la percentuale di famiglie palestinesi che vivono sotto la soglia di povertà ha raggiunto il 40%. Questo grande segmento di popolazione non ha accesso alla tutela sociale. Viene loro negato il diritto fondamentale di una vita dignitosa. Nel terzo quadrimestre del 2012, secondo il ministero del Lavoro, il tasso di disoccupazione nella Striscia di Gaza è salito al 33%. Il 45% dei giovani e il 78% delle giovani di Gaza sono disoccupati e lottano per garantire la sopravvivenza delle loro famiglie.

Il mese scorso, il Pchr ha presentato un rapporto all’Inviato Speciale Onu sulla Povertà Estrema e i Diritti umani e a quello per il Diritto al Cibo. Il rapporto, intitolato “Politiche israeliane che influiscono pesantemente sulla qualità della vita nella Striscia di Gaza, presentando singoli casi, forniva agli Inviati Onu una panoramica sulla situazione che affrontano contadini, pescatori, operai e i loro dipendenti nella Striscia di Gaza. Delineava inoltre come le diverse industrie, principale fonte di sopravvivenza a Gaza, siano colpite dalle restrizioni illegalmente imposte ai viaggi e alle importazioni, dal sostanziale bando alle esportazioni e dagli attacchi militari ingiustificati perpetrati contro i civili e le loro proprietà.

Khaled non sa ancora quando sarà in grado di camminare di nuovo, e crede che il soldato israeliano abbia mirato verso di lui di proposito. Spiega: “Non so perché il soldato ha mirato verso di me. Se avesse sparato in aria avremmo avuto la possibilità di scappare, ma non l’ha fatto. È stato un tiro da cecchino. Di sicuro sapeva che mi avrebbe causato una ferita o che avrebbe potuto uccidermi”.

Dal cessate il fuoco di novembre, il Pchr ha documentato l’uccisione di quattro civili palestinesi da parte delle forze israeliane, e il ferimento di altre 100 persone, tra cui 24 bambini, nella “zona cuscinetto”. Altri 62 civili sono stati arrestati dalle forze israeliane nella stessa area, tra i quali 34 bambini.

Gli attacchi israeliani contro i contadini palestinesi nella Striscia di Gaza costituiscono una violazione del diritto umanitario internazionale come codificato all’articolo 147 della quarta Convenzione di Ginevra  (1949). Inoltre questi attacchi possono costituire crimini di guerra secondo gli articoli 8(2)(a)(i) e (iii) e l’articolo 8(2)(b)(i) dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale. L’ingrandimento della “zona cuscinetto”, mantenuto dagli attacchi, costituisce una misura punitiva collettiva, proibita dall’articolo 33 della Quarta Convenzione di Ginevra. Il diritto al lavoro secondo condizioni giuste e favorevoli è garantito dagli articoli 6 e 7 della Convenzione Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali (Icescr). Inoltre, l’articolo 11 della stessa convenzione riconosce “il diritto di chiunque ad uno standard di vita adeguato, per se stesso e per la propria famiglia, inclusi cibo, vestiario e abitazione adeguati, e il miglioramento continuo delle proprie condizioni di vita”.

Traduzione per InfoPal a cura di Elisa Proserpio