Storie da Piombo Fuso: Eyad al-Astal e i tre bimbi uccisi

Gaza – Pchr. 2 gennaio 2009: Eyad al-Astal.

Il 2 gennaio non è diverso da qualsiasi altro giorno. Ogni giorno ed ogni minuto mi sento come nel momento in cui ho perso i miei figli. In ogni cosa c'è il ricordo di loro. Mi mancano tutto il tempo.

Il 2 gennaio 2009 intorno alle 14:30, un drone israeliano lanciò un missile su uno spazio aperto nel villaggio di Qarara, vicino a Khan Yunis. Il missile colpì e uccise due ragazzini, Mohammed (12 anni) e Abed Rabbo (9) al-Astal, e il loro cugino, Abdul Sattar Walid al-Astal (11), mentre stavano giocando e mangiando canna da zucchero su quel terreno.

“Ero in casa quando ho sentito un’esplosione vicina alla nostra zona. In quel momento, un drone israeliano sorvolava il cielo sopra di noi”, ricorda Eyad al-Astal. “Circa dieci minuti dopo mio fratello Ibrahim è arrivato a casa e mi ha detto che i miei due figli e il loro cugino erano stati uccisi da una granata israeliana. Ho immediatamente lasciato la casa e mi sono diretto sul posto, a circa 250 metri ad ovest. Là ho visto un buco profondo. C’erano ancora tracce di sangue e frammenti di carne”.

Sono passati tre anni da quando Eyad ha perso i suoi due figli, ma porta ancora con sé ricordi molto vividi. “Ogni giorno ed ogni minuto mi sento come nel momento in cui ho perso i miei figli. In ogni cosa c’è il ricordo di loro. Mi mancano tutto il tempo”.

Eyad prova a descrivere com’è la vita della sua famiglia senza Mohammed e Abed Rabbo: “Le nostre vite sono state molto difficili da quando sono stati ammazzati. Ogni volta che vedo un ragazzino della loro età, mi ricordo dei miei figli. Non riesco ancora a guardare le loro fotografie, è troppo doloroso. Mi viene sempre da piangere ma mi sforzo di non farlo. Mia moglie, Jawaher, piange tutti i giorni ma cerca di nascondermi le sue lacrime. Non vuole gettare altro sale sulle mie ferite. Lei vuole sempre andare alle tombe dei nostri figli con sua madre, ma io non vado. Ci sono andato solo una volta e non voglio farlo di nuovo. Non posso sopportare la vista delle loro tombe”.

Oltre a Mohammed e Abed Rabbo, Eyad e sua moglie hanno cinque figlie e due figli. Mohammed e Abed Rabbo erano i figli più grandi e i loro fratelli erano molto giovani, oppure non erano ancora nati al tempo della loro morte. Il bimbo più giovane è nato un anno e mezzo dopo la guerra e non avrà nessun ricordo. “Quando i bambini ci chiedono dove sono i loro fratelli gli diciamo che sono stati uccisi, martirizzati, ed ora sono in paradiso”, dice Eyad.

Il ricordo dei suoi figli è sempre presente. “Mio figlio Khaled è esattamente come suo fratello Mohammed e spesso mi trovo a dire 'Mohammed!' quando in realtà voglio chiamare 'Khaled'”. Per continuare ad andare avanti, Eyad cerca di tenersi sempre impegnato, di trovare distrazioni come incontrare gente e lavorare come muratore.

Dalla morte dei suoi figli, Eyad è tormentato dalle preoccupazioni e dalle paure per la sicurezza di quelli rimastigli. Prima della morte di Mohammed e Abed Rabbo permetteva ai suoi figli di andare ovunque e in qualsiasi momento. Anche quando c’erano esplosioni e nella zona si sentivano spari. Dopo l’incidente è diventato estremamente timoroso per i suoi bambini e vuole tenerli in casa. “Ho paura che succeda loro qualcosa, specialmente a mio figlio Khaled, che ora è in prima elementare. Dal momento in cui esce di casa mi preoccupo che gli accada qualcosa. Ogni giorno va a scuola a piedi, a 1 km da casa. So che l’istruzione è importante, altrimenti gli impedirei di andare, per quanto ho paura”.

I bambini stessi sono consapevoli che i loro fratelli sono stati uccisi da un drone: lo stesso tipo di drone che spesso sentono e vedono volare sopra le loro teste. Eyad spiega che “quando sentono un drone sono troppo spaventati per uscire. ‘Il drone mi bombarderà se esco’, dicono così”.

L’area in cui Mohammed e Abed Rabbo sono stati uccisi era uno spazio aperto a circa 3km dal confine con Israele. “I bambini erano soliti giocare in quell’area. Il nostro appezzamento di terra è lì vicino. È un area agricola residenziale, lontana da ogni ostilità”, spiega Eyad.

Eyad è scettico riguardo al futuro, considerata la perdurante impunità. “Gli israeliani disprezzano i nostri diritti. Uccidono i nostri bambini e spianano le nostre terre coi bulldozer, e nessuno li ritiene responsabili”, dice. “Mi aspetto che la corte israeliana rigetterà il nostro reclamo. Posso addirittura immaginarli mentre mi uccidono insieme ai miei altri bambini. Tuttavia, voglio sperare che la denuncia avrà qualche risultato”.

Il PCHR presentò una denuncia per crimini alle autorità israeliane da parte della famiglia al-Astal il 23 giugno 2009. Ad oggi, non è stata ricevuta alcuna risposta.

Traduzione per InfoPal a cura di Giulia Sola

 

 

 

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