Gaza – Infopal. La pioggia comincia a cadere copiosa, così si moltiplicano le sofferenze di migliaia di profughi palestinesi nella Striscia di Gaza che non riescono a trovare un riparo dall’acqua e dal freddo pungente. Durante un giro nella zona settentrionale della Striscia di Gaza, in particolare nel quartiere al-‘Atatira spazzato via dai carri armati e dagli aerei da guerra israeliani durante l'aggressione della fine dell'anno scorso, su entrambi i lati della strada troviamo centinaia di senzatetto che vivono all'aperto, con gli occhi pieni di angoscia e di dolore.
Vivere senzatetto
Husam Al-‘Attar, 45 anni, proprietario di una delle case distrutte durante l’aggressione israeliana alla Striscia di Gaza, ora alloggia con la sua famiglia composta da 8 figli, 5 femmine e 3 maschi, in una tenda di stoffa che non protegge né dal caldo dell'estate né dal freddo dell'inverno, e non fornisce un luogo sicuro in cui vivere, vista la diffusione, nella zona, di malattie e di rettili velenosi.
E aggiunge: “I vestiti che indossiamo e la tenda in cui viviamo costituiscono la beneficienza di alcuni vicini e dell'agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, l'Unrwa. Tutto ciò che avevamo, compresi i mobili, è stato distrutto insieme alla casa, fatta saltare dai carri armati israeliani, in otto giorni, durante la recente aggressione. E tutto questo accade perché siamo palestinesi che vogliono vivere in sicurezza…”.
Dove sono i miliardi dei “Paesi donatori”?
Si chiede Husam: “Dove sono i miliardi di dollari di cui abbiamo sentito parlare pochi giorni dopo la guerra? Perché i ‘Paesi donatori’ che si sono incontrati alla Conferenza di Sharm El-Sheikh non rispettano i loro impegni per la ricostruzione della Striscia di Gaza?”
Hajja Zaynab al-Sultan”, 62 anni, racconta: “Siamo stati cacciati via due volte e per due volte ci siamo rifugiati nelle tende: la prima, nel 1948, la seconda nel 2009, quando le forze di occupazione israeliane hanno demolito la nostra casa sulla testa di due miei nipoti piccoli, che non siamo riusciti a portare via durante la fuga dai bombardamenti degli F16 israeliani.
Il vero ostacolo è l'occupazione
Il sottosegretario del ministero, l’ing. Ibrahim Radwan, in un'intervista concessa al corrispondente di Infopal a Gaza, ha sottolineato che “la rimozione delle macerie sta giungendo a termine – siamo all'80% circa -, ma ne rimangono ancora altre 600 mila tonnellate”.
Radwan ha inoltre confutato le illazioni degli occupanti israeliani circa le cause del divieto d'ingresso ai materiali da costruzione nella Striscia di Gaza: “I lavori di rimozione degli edifici distrutti sono stati effettuati mediante imprese locali che si sono aggiudicate gli appalti sotto il controllo del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) e in coordinamento con il ministero dei Lavori pubblici e dell’Edilizia, e così sarà anche quando entreranno i materiali da costruzione”.
Una tragedia senza fine.
Reportage e foto a cura dei nostri corrispondenti da Gaza, Ahmed Mohammad e Mohammed Asad.