Tempesta a Gaza: “Disastro causato dall’uomo”

1387058183-palestine-gaza-underwater-as-rain-eases-off_3502958Betlemme – Ma’an. Di Alex Shams. Mentre nella Striscia di Gaza in migliaia rimangono sfollati, e ancora giovedì [12 dicembre 2013] lungo l’enclave costiera le strade erano inondate, è sempre più chiaro che la devastazione causata dalla tempesta Alexa non sia stata una pura catastrofe naturale.

Le squadre di pronto intervento sono state paralizzate dalla mancanza di elettricità per pompare l’acqua e di carburante per azionare i generatori. Ma queste condizioni di penuria non sono conseguenze della tempesta. Erano un’amara realtà anche prima che la pioggia cominciasse a cadere, a causa dell’assedio e delle gravi limitazioni alle importazioni e alle esportazioni imposti da Israele.

La gravità degli effetti della tempesta e i sette anni di assedio che la regione ha sopportato – ha accusato, domenica, un funzionario delle Nazioni Unite – sono connessi ad un quasi totale blocco economico che ha portato ad un lento ma costante collasso delle infrastrutture, così come ad una capacità profondamente indebolita di risposta alle emergenze. “L’involuzione a lungo termine di Gaza è il contesto in cui è capitata [la tempesta]”, ha affermato in un’intervista Chris Gunnes, dell’agenzia Onu per i rifugiati della Palestina (Unrwa). “È piuttosto ovvio che sia stata una combinazione di problemi causati dall’uomo e di calamità naturali” ad aver prodotto il recente disastro a Gaza, ha aggiunto. Gunness ha fatto notare che, nonostante la formidabile quantità di lavoro fatto per alleviare la crisi, questa sia una “situazione immensamente grave”.

“Prima delle piogge ci sono stati i liquami che scorrevano nelle strade, perché gli impianti di pompaggio non avevano l’elettricità per pompare le acque reflue”, ha detto, facendo riferimento ai numerosi incidenti delle ultime settimane. “Non c’è bisogno di essere un ingegnere spaziale per capire chi sia il responsabile di tutto questo”.

Nonostante domenica Israele abbia aperto il valico di Kerem Shalom per consegnare a Gaza 450 mila litri di carburante donati dal Qatar, il funzionario è rimasto pessimista. “Le misure a breve termine sono fondamentalmente prive di senso per le persone che vivono a Gaza”, ha detto, aggiungendo che “queste soluzioni sono solo per le prossime ore, ma noi abbiamo bisogno di pensare ai prossimi decenni”.

“Le Nazioni Unite hanno sempre affermato che questa politica fosse insostenibile…quando la catastrofe naturale finirà, dovremo cercare soluzioni a lungo termine”, ha aggiunto, sottolineando la necessità che vengano abolite le limitazioni alle esportazioni. “Gaza non sarebbe così dipendente dagli aiuti se potesse esportare. Le persone avrebbero a disposizione un reddito per comprare le cose di cui hanno bisogno”, ha aggiunto, facendo notare che, se le limitazioni nel commercio fossero abolite, Gaza verrebbe “trasformata”.

Intanto, però, i palestinesi di Gaza restano sommersi da acqua sporca e fredda, mentre i soccorritori e le squadre di pulizia fanno gli straordinari in condizioni disperate per affrontare una crisi umanitaria sempre più pericolosa.

Scene apocalittiche

La tempesta, durata per giorni, ha malridotto Gaza ad un livello senza precedenti da decenni. Secondo le ultime stime, tra 10 mila e 40 mila residenti sono stati sfollati dalle loro abitazioni, mentre le strade lungo l’enclave costiera sono sommerse di acque sporche, in alcuni punti fino a mezzo metro. Le immagini provenienti da Gaza sono apocalittiche, con i servizi di difesa civile e gli stessi residenti che si servono delle barche da pesca per salvare chi è intrappolato in casa propria, giorni dopo il violento attacco iniziale della tempesta.

Anche quelli che sono riusciti a fare provviste di acqua e cibo in previsione dell’arrivo della tempesta sono rimasti bloccati per giorni dalle temperature di freddo record, mentre le forniture di elettricità vengono interrotte ogni una o due ore. In alcune aree la corrente è rimasta completamente assente per due giorni interi, costringendo le persone a riscaldarsi sotto le coperte mentre le loro abitazioni venivano martellate dalle intemperie.

La fornitura di acqua è stata irregolare come sempre, interrompendosi e ritornando in base a quando le stazioni di pompaggio avevano abbastanza elettricità per farla arrivare. Per molti, i generatori sono rimasti inutilizzabili, dato che anche quelle strutture così fortunate da avere dei generatori di riserva hanno avuto problemi a farli funzionare, date le gravi carenze di carburante iniziate a novembre. La mancanza di elettricità, a sua volta, ha bloccato gli sforzi del pronto intervento. Anche se migliaia di lavoratori di Gaza stanno lavorando giorno e notte per affrontare la crisi, pompare l’acqua dalle aree allagate è diventato un compito di proporzioni immani, a causa della mancanza di corrente.

Circa 1,7 milioni di persone ammassate in 40 km quadrati sono state di fatto intrappolate e lasciate ai propri mezzi. Mezzi che hanno subito un deterioramento significativo dopo quasi sette anni di embargo. Le autorità israeliane affermano che il blocco è stato imposto, dopo la vittoria di Hamas alle elezioni democratiche del 2006, come forma di sanzione politica. Ma tutto ciò non ha avuto altro evidente risultato che quello di punire i civili, mentre Hamas mantiene il controllo su di una popolazione sempre più impoverita e isolata.

Le autorità israeliane, nel frattempo, si mostrano entusiaste nel ricordare alla comunità internazionale di essersi impegnate ad aiutare la popolazione di Gaza, un fatto che pubblicizzano con frequenti gesti simbolici in segno di buona volontà. Le forze armate israeliane hanno annunciato venerdì di aver aperto il valico di Kerem Shalom per trasferire il gas per il riscaldamento e quattro pompe per l’acqua, come aiuto contro la crisi. Ma lo stesso assedio che ha creato una situazione di carenza diffusa di carburante e blackout energetici ha anche avuto l’effetto di rendere le pompe dell’acqua inefficaci per gran parte del giorno, quando l’elettricità a Gaza non c’è.

Tra le altre vittime dell’assedio c’è il porto di Gaza, che ha subito un grave colpo dalla tempesta. I funzionari di Gaza hanno annunciato lunedì che il porto e il molo dei pescatori, che sostiene le famiglie di mille pescatori locali, hanno subito danni per 100 mila dollari nelle ultime quattro ore. La ragione di questi tremendi danni, spiegano i funzionari, sta nel fatto che i responsabili del porto non hanno potuto mettere in sicurezza la struttura con sufficienti barriere, dato che Israele limita fortemente le importazioni di cemento.

“Senza un’azione drastica, la vita quotidiana dei palestinesi di Gaza sarà presto drammaticamente peggiore di quanto già non sia. Non ci sarà praticamente nessun accesso affidabile a dell’acqua sicuramente potabile, gli standard sanitari ed educativi continueranno a ridursi di livello, l’idea di un’elettricità conveniente e affidabile per tutti diventerà un ricordo lontano”, ha predetto un rapporto Unrwa del 2013, intitolato “Gaza 2020”. Mentre ampie zone di Gaza rimangono allagate e il blocco israeliano continua a oltranza, sembrerebbe che questa distopica visione del futuro sia già avvenuta.

Gaza resisterà a questa tempesta, così come ogni ad ogni tempesta e assalto nella sua lunga storia. Ma fintanto che persisterà l’assedio israeliano, riparazioni significative e sviluppo rimarranno impossibili.

Traduzione di Elisa Proserpio