The Indipendent: il 96% dell’acqua di Gaza non è potabile

Gaza-PIC. Il giornale britannico The Independent ha affermato che “il 96% dell’approviggionamento idrico di Gaza non è potabile, visto che la sua unica fonte idrica è contaminata da liquami e i tre dissalatori dell’enclave sono di fatto spenti”.

Nel rapporto divulgato sabato scorso, il giornale ha affermato che “la grave crisi idrica e elettricità della Striscia di Gaza sta pensando parecchio. A tre anni dalla guerra israeliana contro Gaza è chiaro che le cose alla Striscia di Gaza stiano peggiorando, piuttosto che migliorando”.

“Il rapporto di luglio dell’ONU ha rilevato che in 10 anni d’assedio, la Striscia di Gaza è diventata invivibile, e il suo sviluppo sta arretrando più velocemente del previsto”.

Il rapporto ha aggiunto che l’aggressione israeliana contro Gaza è terminata il 26 agosto 2014. In seguito alla morte di 2.200 palestinesi, Israele avrebbe promesso di cambiare rotta con Gaza.

Il rapporto sottolinea che “la promessa di aumentare i permessi di lavoro per fare uscire i palestinesi dalla ‘prigione a cielo aperto’ non è stata mantenuta. Rispetto al 2014 sempre meno persone hanno avuto il permesso di lasciare la Striscia, persino per ragioni mediche. Anche il valico con l’Egitto resta chiuso”.

Il Consiglio norvegese per i Rifugiati ha recentemente stimato che solo un terzo delle 11.000 case distrutte nella guerra del 2014 sono state ricostruite. Le ripercussioni economiche delle due guerre e i 10 anni del blocco marittimo e terrestre israeliano hanno contribuito al collasso dell’economia di Gaza. La disoccupazione è aumentata del 41% – arrivando al 60% per i giovani -, mentre la minaccia degli attacchi aerei israeliani resta costante.

L’energia elettrica è erogata soltanto per 3 ore al giorno. Gli ospedali hanno messo in guardia sul pericolo che i blackout hanno per la sopravvivenza dei pazienti; inoltre, poiché molte famiglie si affidano alle pompe elettriche per l’acqua, milioni di persone fanno difficoltà a lavarsi, cucinare e fare il bucato.

Traduzione di Iman Hakki