“Toglietevi l’abito della schiavitù” – Abu Hamza attraverso le sue parole

Il Movimento del Jihad Islamico in Palestina (IJP) ha annunciato martedì l’uccisione del suo leader, Naji Abu Seif, noto con il nome di battaglia “Abu Hamza”. (Immagine di PC).

Palestine Chronicle. Di Romana Rubeo.

“Non ci sono scuse per nessuno per trascurare la battaglia che stiamo combattendo per conto della nazione islamica”. – Abu Hamza

Il Movimento palestinese del Jihad Islamico ha confermato la vera identità del portavoce della sua ala militare, Abu Hamza, che è stato ucciso in un attacco aereo israeliano martedì sera.

L’attacco fa parte delle incursioni israeliane in corso contro la  Striscia di Gaza, che hanno causato la morte di oltre 400 (700, ad oggi, ndr) Palestinesi, tra cui circa 200 bambini.

In una dichiarazione, il movimento ha annunciato che Abu Hamza era Naji Abu Seif. Molti membri della sua famiglia sono stati uccisi insieme a lui, tra cui sua moglie Shaimaa Abu Seif, suo fratello Ghassan Maher Abu Seif, sua cognata Sara Abu Seif e i loro figli.

Di seguito sono riportate alcune delle dichiarazioni più importanti di Abu Hamza.

“Spada di Gerusalemme”.

Dal 2014, Abu Hamza era il portavoce delle Brigate Al Quds, l’ala militare del PIJ.

Era noto per le sue importanti apparizioni sui media, in particolare dopo i principali scontri militari con Israele.

Nel giugno 2021, Abu Hamza aveva rilasciato dichiarazioni significative a seguito dell’Operazione Spade di Gerusalemme, il nome palestinese per la resistenza contro l’offensiva di Israele nella Striscia di Gaza assediata tra l’11 e il 21 maggio 2021.

L’offensiva di 11 giorni aveva provocato l’uccisione di oltre 260 Palestinesi a Gaza, e almeno altri 2.000 feriti.

Durante questo periodo, i gruppi della resistenza palestinese lanciavano razzi verso Gerusalemme per la prima volta, scioccando Israele per loro gittata, che aveva paralizzato aeroporti e trasporti israeliani. Per la prima volta, anche i Palestinesi in Israele si erano uniti alla battaglia.

All’epoca, Abu Hamza aveva affermato:

“Le Brigate Al-Quds continueranno le loro operazioni contro i siti di occupazione israeliani in qualsiasi momento. La resistenza palestinese non si piegherà ad alcuna pressione o minaccia. La nostra lotta è continua e incrollabile”.

“Battaglia di vendetta e orgoglio”.

Il 7 ottobre 2023, la Resistenza palestinese ha lanciato Al Aqsa Flood, un attacco a sorpresa su larga scala che ha comportato il lancio di razzi nel territorio israeliano e l’infiltrazione di combattenti palestinesi attraverso la barriera che separa Gaza dal sud di Israele.

“Oggi abbiamo iniziato la battaglia di vendetta e orgoglio. Siamo nel mezzo di una guerra globale con il nemico sionista, e questo è solo l’inizio”, aveva affermato Abu Hamza in quell’occasione.

Nello stesso giorno, Israele aveva lanciato la sua guerra genocida contro Gaza, che finora ha ucciso quasi 50.000 Palestinesi, ferendone molti altri, e causando una distruzione diffusa nella Striscia assediata.

“Nessuna scusa”.

Durante il primo Ramadan con il genocidio, il 2 marzo 2024, Abu Hamza ha trasmesso un messaggio potente al mondo musulmano in una dichiarazione trasmessa sul canale Telegram delle Brigate Al Quds.

“Non ci sono, scuse per nessuno per trascurare la battaglia che stiamo conducendo per conto della nazione islamica, specialmente per coloro che hanno eserciti, aerei e artiglieria”, ha dichiarato Abu Hamza, aggiungendo:

“Non è giunto il momento per mobilitare la vostra artiglieria come le persone libere in Yemen, Libano e Iraq? Non è giunto il momento per togliervi l’abito della schiavitù e dell’umiliazione all’America, il Grande Satana, e seguire l’esempio dell’onorevole?”

“Diciamo agli Arabi e ai musulmani, proprio come vi rivolgete ad Allah con preghiere obbligatorie e digiuno, rivolgetevi alla Palestina con le armi e l’obbligo del jihad”, ha continuato.

“Compagni nel destino”.

Abu Hamza ha sempre ribadito l’importanza dell’unità dei campi, dove tutti i movimenti di resistenza dovrebbero lavorare insieme.

“Fate sapere al nemico che siamo con il Libano, lo Yemen e l’Iraq, un fronte in pace e in guerra, compagni nel destino e nel processo decisionale”, ha affermato.

“Corone sulle nostre teste”.

Rivolgendosi al popolo palestinese, l’ultimo portavoce militare aveva detto: “Siete il simbolo della dignità, dell’orgoglio e delle corone delle nostre teste, e non rinunceremo ai vostri diritti, non importa quanto condividiamo con voi il dolore e le ferite.

“Siamo in grado di continuare la battaglia, non importa quanto dura”, aveva concluso Abu Hamza.

“Nient’altro che resistenza”.

Affrontando la questione della Gaza del dopoguerra, Abu Hamza aveva inviato un messaggio chiaro a Israele:

“Il nostro messaggio al nemico e al leader del branco, Netanyahu, è che la questione del giorno dopo a Gaza non è determinata da nessun altro se non dalla resistenza palestinese”. 

Affrontare il nemico.

Il 22 gennaio, in una dichiarazione registrata tre giorni dopo il raggiungimento di un cessate il fuoco, Abu Hamza aveva respinto l’idea che la guerra di Israele a Gaza fosse una reazione a una singola operazione militare.

Invece, aveva sostenuto che rifletteva una politica israeliana a lungo termine di guerra e genocidio contro il popolo palestinese.

“Abbiamo intrapreso questa battaglia confidando in Dio, lasciandoci alle spalle le nostre case, le famiglie e i beni, pienamente consapevoli della gravità della responsabilità su di noi e sul nostro popolo”.

Evidenziando le alleanze più ampie della lotta, aveva affermato:

“Abbiamo affrontato l’occupazione insieme a un gruppo leale in Yemen, Libano, Iraq e Iran per conto di 1,5 miliardi di musulmani”.

Rivolgendosi direttamente al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, aveva aggiunto:

“Fin dall’inizio, il nostro motto è stato: non importa quanto duri questa guerra, noi siamo all’altezza”.

“Faccia a faccia”.

Abu Hamza aveva sottolineato che i combattenti palestinesi avevano impegnato direttamente le forze israeliane durante la guerra.

“Tutti hanno assistito al modo in cui abbiamo affrontato i carri armati nemici faccia a faccia, dimostrando la nostra legittima rivendicazione sulla terra”, aveva detto.

“Dal primo carro armato entrato a Gaza, i nostri combattenti erano sul campo, emergendo dai tunnel e da posizioni di combattimento per respingere gli invasori usando assetti di combattimento”.

Abu Hamza aveva descritto come le operazioni di resistenza erano continuate fino agli ultimi istanti prima del cessate il fuoco, attribuendo la loro resistenza ad anni di preparazione.

“Il nemico ha anticipato la nostra resa con bandiere bianche, ma ha trovato solo bandiere nere e morte nei campi di battaglia di Gaza”.

“L’esercito israeliano non è riuscito a eliminare la resistenza, a recuperare i suoi prigionieri o a raggiungere qualsiasi obiettivo a parte la distruzione e la devastazione”, aveva aggiunto.

“Pilastri di questa terra”.

Abu Hamza aveva sostenuto che nonostante la sua schiacciante forza militare, Israele non è riuscito a raggiungere i suoi obiettivi.

Aveva indicato la resilienza palestinese come caratteristica distintiva della guerra:

“Una delle caratteristiche più importanti di questa battaglia è stata la leggendaria resilienza del grande popolo palestinese, che ha dato un esempio senza pari di lotta e fermezza”.

Infine, si era rivolto direttamente al popolo palestinese:

“Voi siete i pilastri di questa terra e la pietra angolare di ogni speranza. Senza la vostra fermezza, la resistenza non esisterebbe, e non avremmo ottenuto questo successo”.

Traduzione per InfoPal di Edy Meroli