Torino, solidarietà ai prigionieri palestinesi in sciopero della fame

Riceviamo e pubblichiamo.
Solidarietà ai prigionieri palestinesi in sciopero della fame
Contro le ultime rappresaglie sioniste in Cisgiordania e a Gaza
Presidio
Venerdì 20 giugno 2014, ore 16
Via Garibaldi, angolo via dei Mercanti
Torino
Attualmente i prigionieri politici palestinesi nelle carceri israeliane sono circa 5.000, e tra essi ve ne sono quasi 200 in regime di detenzione amministrativa, cioè reclusi per un tempo indefinito, senza alcun capo d’imputazione.
Il 24 aprile scorso 125 detenuti, di cui 90 in detenzione amministrativa, hanno dato inizio a uno sciopero della fame per porre fine all’odioso istituto della reclusione senza accusa. Lo sciopero, tuttora in corso, è diventato il più lungo sciopero collettivo della storia della Resistenza palestinese.
Esso prende esempio dall’altro grande sciopero collettivo di due anni fa, iniziato da circa 2.000 prigionieri il 17 aprile 2012 e durato quasi un mese, fino al raggiugimento di un accordo con le autorità carcerarie israeliane che prevedeva l’estensione del diritto ai colloqui e l’abolizione, “salvo casi eccezionali”, della detenzione amministrativa. Un accordo che nei fatti poi Israele ha disatteso. (Nello stesso periodo 2012-2013 c’erano stati alcuni eclatanti casi individuali, conclusisi con una vittoria: Khader Adnan, militante della Jihad islamica, nella primavera del 2012 ha fatto uno sciopero della fame contro la detenzione amministrativa della durata di 66 giorni, fino a ottenere la liberazione il 17 aprile; Mahmud Sarsak, calciatore della nazionale palestinese, che era stato arrestato nel 2009 al valico di Erez mentre usciva dalla Striscia di Gaza per unirsi alla sua squadra, dopo quasi tre anni di detenzione amministrativa nella primavera 2012 ha tenuto uno sciopero della fame di tre mesi prima di essere liberato; Samer Issawi ha iniziato il suo sciopero della fame contro la detenzione amministrativa il 1 agosto 2012 e lo ha terminato il 23 aprile 2013, dopo quasi nove mesi).
Attualmente diverse decine dei detenuti in sciopero sono ricoverati in ospedale a causa delle gravi condizioni di salute. Israele, come ha già fatto in altri casi (Samer Issawi ad esempio) sta praticando l’alimentazione forzata dei detenuti, e sta discutendo in Parlamento affinché questo barbaro sistema diventi una vera e propria legge.
Il popolo palestinese appoggia con manifestazioni e altre azioni le proteste dei suoi prigionieri, sfidando la feroce repressione dell’esercito israeliano che il 15 maggio scorso ha ucciso due ragazzi durante un sit-in davanti al carcere di Ofer. Anche in varie città del mondo in questi giorni ci sono presidi e manifestazioni di solidarietà.
Inoltre lo scorso 12 giugno tre giovani coloni dell’insediamento ebraico di Gush, presso Hebron, sono scomparsi. L’esercito israeliano ha subito addossato la responsabilità ad Hamas, arrestando per rappresaglia centinaia di palestinesi in tutta la Cisgiordania e uccidendo un ventenne nel campo profughi di Jalazon. L’obiettivo può essere quello di distogliere l’attenzione dallo sciopero dei detenuti e soprattutto di sabotare il recente accordo per un governo unità nazionale Fatah – Hamas; negli ultimi giorni infatti i raid sulla Striscia di Gaza controllata da Hamas si sono intensificati e l’11 giugno un bombardamento ha ucciso un militante e ferito un bambino di dieci anni, morto dopo due giorni coma.
Peraltro la Resistenza palestinese quando è possibile sostiene la causa dei prigionieri anche attraverso la cattura di soldati dell’esercito sionista o di coloni. Nell’autunno 2011, in cambio della liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit, fatto prigioniero nella Striscia di Gaza cinque anni prima, erano stati liberati oltre 1.000 palestinesi.
In questi giorni ricordiamo la lotta dei palestinesi dentro e fuori le carceri e anche in Italia sosteniamola con iniziative di controinformazione e di boicottaggio di Israele, per la fine della detenzione amministrativa, la liberazione di tutti i prigionieri, la fine dell’occupazione e la costituzione in Palestina di un unico paese in cui arabi ed ebrei abbiano uguali diritti!
Collettivo Boycott Israel – per uno stato unico in Palestina