Trattamento preferenziale

Trattamento preferenziale

Gideon Lévy – Haaretz, 13 marzo 2009

www.haaretz.co.il/hasite/spages/1070671.html

Basta con le paranoie: il mondo non è contro di noi. Anzi: non c’è nessun’altro stato a cui i membri della famiglia delle nazioni perdonino in questo modo gli omicidi, le colonie e l’occupazione che porta avanti. Non c’è quindi ragione di temere il futuro. Il mondo accetterà docilmente la squadra da sogno Netanyahu-Lieberman-Ya’alon e manderà giù tutto ciò che gli si farà trangugiare. Perchè? Così. Rallegratevi di vivere in Israele in questi tempi meravigliosi e state zitti.

 

Coincidenza? L’indomani della partita di tennis, senza pubblico, tra Israele e Svezia, una piccola notizia è apparsa sul sito Internet di Haaretz: degli storici hanno scoperto che la Svezia, ex potenza del tennis, aveva aiutato la macchina da guerra nazista concedendo credito alle imprese tedesche. Coincidenza o no, neutrale nel 1941 o no, 68 anni dopo, l’opinione pubblica svedese non è affatto neutrale: migliaia di persone hanno manifestato contro Israele che è stato costretto a giocare a tennis, come un lebbroso, senza pubblico. Nessuno in Israele ha chiesto perché Israele è trattato in Svezia come un lebbroso. Nessuno ha osato chiedere se la guerra a Gaza valeva il prezzo che ora paghiamo, da Ankara a Stoccolma. Ci è bastato ricordare che gli Svedesi sono sempre stati contro di noi. Il fatto che ci siano stati dei periodi in cui gli Svedesi si siano sprofondati nell’amore d’Israele è stato eliminato dalla coscienza. Il mondo è sempre contro di noi, ecco tutto.

Solo che il mondo non è contro di noi. Anzi è vero il contrario: la verità è che non c’è nessun altro stato a cui il mondo lasci correre anche facilmente i suoi capricci, ancora oggi. Sì, anche oggi. Certo, l’opinione pubblica mondiale è molto critica a volte nei confronti di Israele. Ma la maggioranza dei governi, tranne il Venezuela e la Turchia ma compresi l’Egitto e la Svezia, sono ben lontani da quanto si mormora nella loro opinione pubblica. Il mondo ufficiale continua ad essere a fianco di Israele, nonostante tutti i suoi misfatti. L’ascesa di Hamas, il rafforzamento dell’odio dell’Islam in Occidente e l’egemonia americana danno un aiuto potente, e noi sappiamo meravigliosamente trarne tutto il profitto possibile.

Che differenza c’è tra il tennista nazionale Andy Ram e il tennista nazionale Thomas Johansson? Il fatto è che Johansson e i suoi fans impegnati hanno visto le immagini di Gaza mentre Ram e i suoi fans spensierati probabilmente non le hanno viste. Se Andy Ram avesse visto le immagini, forse anche lui avrebbe manifestato. Ma questo fastidio è stato risparmiato a Ram, come alla maggioranza degli Israeliani, e ciò grazie ai media israeliani mobilitati per rimpinzare e oscurare. E’ davvero permesso, a Andy Ram e a noi, ingiuriare chi è rimasto scioccato dalle immagini provenienti da Gaza? Chi osa protestare contro i responsabili di queste scene? Pretendiamo, ancora una volta, che tutti stiano zitti?

I manifestanti di Stoccolma portavano striscioni contro la violenza e il razzismo. Si può senza dubbio chiedere perchè manifestino solo contro di noi – ci sono ancora altri luoghi razzisti e violenti nel mondo –, ma non è possibile chiedersi semplicemente perché manifestano? Non c’è stata violenza a Gaza e non c’è razzismo in Israele? Se noi fossimo svedesi, non staremmo protestando contro la morte e la distruzione disseminate per niente da Israele?

Ma non bisogna nemmeno agitarsi troppo per l’opinione pubblica tempestosa in Svezia; il loro governo di destra è, come tutti i governi europei, infinitamente meno agitato. Ci basterà ricordare questa scena surrealista quando, al culmine dell’attacco brutale contro Gaza, i dirigenti dell’Unione Europea sono venuti in Israele, hanno pranzato alla tavola del Primo ministro, dimostrando un sostegno unilaterale a fianco dell’omicida e del distruttore, senza pensare di visitare Gaza né aprire bocca per criticare Israele. Questa è l’Europa ufficiale.

 

Niente da temere

Ora, alla vigilia della costituzione di un nuovo governo, s’insinua il timore che a motivo della sua composizione, Israele debba pagare un costo internazionale elevato. Nessuna preoccupazione: tutto andrà come sempre. Il mondo accoglierà Benjamin Netanyahu come l’uomo di stato numero 1 d’Israele, Avigdor Lieberman come l’ambasciatore numero 1 e Moshe Ya’alon come il soldato numero 1. Le dichiarazioni aggressive di Lieberman e le violenze dell’esercito israeliano sotto il comando di Ya’alon nei Territori [occupati], non costituiranno un ostacolo. Anche il mondo le accetterà.

Ugualmente, il timore che si rafforza, secondo cui la nuova amministrazione americana potrebbe modificare le regole del gioco, ha delle chance di rivelarsi esagerato. Anche la nuova America di Barack Obama si è già impegnata a ripulire i disastri di Israele, come al solito. I 900 milioni di dollari che l’amministrazione si è impegnata a dare per la ricostruzione di Gaza, senza una parola di critica contro chi ha causato queste distruzioni, come se esse fossero opera del cielo e non di un esercito senza freni, e il tutto per di più nella situazione economica attuale degli Stati Uniti, sono di cattivo augurio per chi spera in un cambiamento. E’ con armi americane che Israele ha distrutto Gaza, dopo di che America ed Europa di seguito passano ad aggiustare – non è la prima volta e non sarà l’ultima. Ciò che è stato sarà; il macellaio ucciderà e il sistema metterà a posto: Israele continuerà a devastare e l’America a passare dopo, senza dire niente.

Cattivo presagio? Sì, per chi pensa che il cambiamento non potrà venire che da fuori, o in altre parole, dall’America. Vedete come è ostacolata la Conferenza di Durban II, per timore di una linea dura che sarebbe adottata nei confronti d’Israele. Vedete come è stata annullata, negli Stati Uniti, la nomina di Charles Freeman alla testa del National Intelligence Council, sotto la pressione della onnipotente lobby ebraica (*). Perché? Perché è «anti-Israele».

Qualcuno conosce un altro paese che possa godere di un sostegno internazionale così ampio? Ma noi ci lamentiamo sempre: il mondo intero è contro di noi. Va bene per serrare le fila qui ed è eccellente per spillare sempre più sostegno nel mondo…

Le oscure profezie di un cambiamento nei rapporti degli Stati Uniti con Israele, sono vecchie come lo Stato. Ogni volta che l’amministrazione cambia negli Stati Uniti, il timore riacquista forza. Ma di Presidente in Presidente, la nostra forza aumenta: quando George Bush è salito alla presidenza, ci hanno messo in guardia contro questo Texano, amico degli Arabi e del petrolio, e cos’è successo? Non c’è mai stato un Presidente così “dalla parte di Israele”, che ha dato a tal punto carta bianca per tutte le sue colonie, i suoi omicidi e le sue conquiste. Anche Obama fa paura: eccolo già a discutere con l’Iran e con i Talebani. Si può supporre che anche questo si rivelerà un timore sopravalutato, quando si tratterà d’Israele.

 

Questo non durerà in eterno?

L’interesse internazionale per Israele è sproporzionato. La settimana scorsa, qualsiasi taxista della città di Bursa, in Turchia, poteva dirvi a memoria i nomi di Lieberman, Tzipi Livni, Benjamin Netanyahu ed anche Avi Mizrahi, il generale che ha criticato il loro paese. Il più piccolo fremito nel processo di coalizione in Israele fa immediatamente titoli cubitali sui giornali di tutto il mondo. La politica interna di nessun altro paese attrae così tanto l’attenzione mondiale. Solo quella d’Israele.

Che ciò sia bene o male per gli Ebrei, è difficile riconoscere le radici di questo fenomeno. Sono decenni che il mondo ingoia quasi interamente il racconto sionista. L’occupazione è andata avanti senza veri ostacoli, come pure la colonizzazione, per oltre 40 anni. Al di fuori di qualche brontolio e di qualche risoluzione internazionale che nessuno ha avuto seriamente l’intenzione di far applicare, Israele continua ad appartenere al campo dei buoni. Gli Arabi, loro, sono i cattivi.

Il nuovo stato d’animo anti-islam rafforza questa tendenza e Israele ne esce ancora una volta vincente. La critica contro i media occidentali da parte dei simpatizzanti di Israele è, anch’essa, molto esagerata. Una giornalista svedese è stata recentemente licenziata dal suo giornale per essersi schierata a favore del punto di vista palestinese nel conflitto. Si immagina difficilmente che il suo giornale avrebbe agito allo stesso modo se si fosse trattato, per esempio, di una giornalista ebrea che si fosse espressa a sostegno di Israele.

Un giorno sono stato intervistato dalla prima catena televisiva francese, una catena commerciale, nel luogo dove l’esercito israeliano aveva ucciso la figlia unica di una donna paralizzata ed ho dichiarato che era uno di quei momenti in cui mi vergognavo di essere israeliano. Le mie parole non sono state diffuse. L’indomani, il reporter della catena mi ha spiegato che, per timore dei telespettatori, gli editori avevano deciso di non diffondere questa frase che avevo pronunciato. Quando un giorno ho pubblicato un articolo sul giornale tedesco Die Welt, che appartiene alla casa editrice di Axel Springer, un editore che esige da tutti i suoi giornalisti che sottoscrivano un impegno a non mettere mai in discussione il diritto all’esistenza dello Stato d’Israele, l’editore mi ha detto: «Se quest’articolo che critica l’occupazione fosse stato scritto da un giornalista tedesco, non sarebbe stato pubblicato da noi».

Malgrado le opinioni critiche sempre più forti verso Israele, l’Europa resta molto prudente. Tra colpevolezza del genocidio e paura dell’islam, con un’Europa che si trascina ciecamente dietro gli Stati Uniti ovunque vadano, Israele gode ancora, come stato, di un trattamento privilegiato nel mondo, estremamente privilegiato.

Forse ciò non durerà in eterno. Forse più le nostre azioni peggioreranno e più anche le critiche si inaspriranno. Nell’attesa, due guerre inutili in due anni non sono bastate. Ma forse verrà un tempo in cui il mondo ne avrà abbastanza della nostra brutalità e della nostra violenza che minacciano la pace mondiale, e forse ci dirà finalmente: basta con l’occupazione. Basta con queste guerre che Israele lancia e per le quali poi il mondo deve pagare. Forse quando l’a squadra da sogno di Israele, Netanyahu-Lieberman-Ya’alon, si troverà di fronte alla squadra da sogno americana, Obama-Clinton, conservatori contro liberali, istigatori di guerra contro sostenitori del negoziato, ne uscirà qualcosa. Nell’attesa, ricordatevi: Israele ha battuto la Svezia, a tennis, 3-2. Ancora una volta, la giustizia ha prevalso.

 

(*) L’autore della traduzione inglese di quest’articolo per il sito Internet haaretz.com non ha voluto conservare questa frase. [ndt]

 

 

 

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