Trump ha confermato la morte del processo di pace?

MEMO. Di Hossam Shaker. L’annuncio del presidente degli Stati Uniti  non ha avuto effetti solo entro i confini di Gerusalemme – che lui ha consegnato con arroganza a Benjamin Netayahu. Donald Trump è apparso il 6 dicembre negli schermi televisivi di tutto il mondo e ha confermato la morte del cosiddetto processo di pace in Medio Oriente, lanciato a Madrid nel 1991.
Ha deriso gli ex presidenti per non aver fatto quello che lui stava facendo ora e ha definito fallito le loro strategie. Nel suo discorso, Trump ha usato ripetutamente la parola “nuovo”, sottolineando che si allontanerà dalle politiche delle precedenti amministrazioni per quanto riguarda la causa palestinese e il Medio Oriente. Tuttavia, che cosa farà esattamente?

Ha suggerito che lascerà i negoziati ai palestinesi e agli israeliani, in modo che se ne occupino da soli, se lo vorranno, e che non interferirà per imporre pressioni sulla cosiddetta soluzione dei due stati. Ciò significa che non farà alcuno sforzo per stabilire uno stato palestinese; che il popolo palestinese dovrà raggiungere una soluzione da solo con un governo che sta occupando il loro paese e imponendo un’egemonia militare, e non dovrà aspettarsi alcun sostegno da Washington.

Lo stesso presidente che ora afferma ciò, una volta disse che avrebbe appoggiato il processo di pace dei due stati solo se le parti, palestinese e israeliana, vi avrebbero aderito. E se loro non volessero? Ci sarebbe solo uno stato che occupa l’altro, che è lo status quo.

Questo è il modo di Trump di imbrogliare il mondo. È ben consapevole che il primo ministro israeliano Netanyahu celebrerà la caduta della soluzione dei due stati con la sua squadra di estrema destra, e che Gerusalemme è il regalo che gli è stato inviato da Washington DC, confezionato in una scatola avvolta nella bandiera israeliana.
La situazione sembra molto triste per il popolo palestinese, che recentemente ha ricordato il ministro degli Esteri britannico Arthur Balfour che ha “donato” la Palestina al movimento sionista esattamente 100 anni fa, come una “casa nazionale per il popolo ebraico”.

Quelli del 6 dicembre resteranno un evento-chiave nella storia della Palestina e della regione. Trump ha sostanzialmente portato alla fine l’era dei negoziati. Anche se il processo di pace in realtà è morto tempo fa, e tutti ne erano consapevoli, nessuno lo aveva ammesso apertamente finché Trump non è arrivato a fare proprio questo.

Negli ultimi 25 anni, i leader americani ed europei hanno venduto un’illusione al popolo palestinese deluso assicurando che i negoziati avrebbero portato allo stato palestinese e che Gerusalemme sarebbe stata lasciata ai negoziati sullo status finale. Ora Trump sta imponendo un accordo definitivo dichiarando che Gerusalemme appartiene alle autorità di occupazione israeliane e seppellendo la soluzione dei due stati, in un colpo solo.

L’amministrazione Trump è consapevole di quanto siano pericolose le azioni del Presidente, indipendentemente dal fatto che siano state motivate da una visione strategica pre-pianificata o da interessi personali o da entrambi. Ha esortato le due parti a mantenere la calma, che è esattamente quello che un assassino direbbe alla sua vittima mentre tiene il coltello alla gola.

Il leader degli Stati Uniti ha inferto un duro colpo ai leader arabi che hanno imbrogliato le loro nazioni per molti anni, convincendoli che i negoziati sotto gli auspici americani erano l’unica opzione strategica per raggiungere una “soluzione equa e globale”. Dopo aver ricevuto questo colpo, Mahmoud Abbas si è rivolto al suo popolo, a testa bassa. I pionieri dell’Iniziativa per la Pace Araba non hanno osato rivolgersi alla loro gente dopo i colpi subiti da Trump, e molti potrebbero aver colluso con lui in cambio dell’assistenza degli Stati Uniti per preservare le loro posizioni.

La mancanza di potenziale per un accordo di pace significa semplicemente che non c’è più alcuna utilità nell’Autorità palestinese, che può solo sperare di migliorare la natura del suo governo sotto occupazione, senza una reale indipendenza o sovranità.

L’ANP, tuttavia, dovrà svolgere il ruolo di un rigido servizio di sicurezza per i suoi padroni israeliani che hanno il controllo su gran parte della terra, delle risorse naturali, dei valichi di frontiera e del personale militare. L’autorità deve reprimere il suo popolo, vietare qualsiasi resistenza all’occupazione, frenare le sollevazioni popolari, affrontare il sequestro di Gerusalemme e intensificare le attività di insediamento. Non c’è dubbio che è in corso la ricerca di un nuovo presidente palestinese che è disposto a svolgere questo ruolo quando l’esausto Mahmoud Abbas si dimetterà; non è riuscito a mantenere tutte le sue promesse politiche per stabilire uno stato palestinese vitale con Gerusalemme come capitale attraverso negoziati. Nel frattempo, nell’ombra, continua un gioco di ricatto ripetitivo dell’ANP, con accenni alle riduzioni dei finanziamenti statunitensi. Ramallah deve ora arrendersi; soffrirà di più, e più spesso, se rifiuta di conformarsi al “nuovo” concetto di Trump.

Tuttavia, ci sono voci che si fanno più forti all’interno dell’arena palestinese, chiedendo che il tavolo venga “attivato” a tutti i giocatori. Il modo più semplice per farlo è che i funzionari dell’Autorità Palestinese si dimettano in massa e causino un improvviso vuoto di leadership, che può essere raggiunto anche senza richiedere la completa dissoluzione dell’autorità. Forse il mondo vedrà e capirà quanto Trump abbia spinto il Paese sull’orlo del baratro e la Casa Bianca dovrà sopportare le conseguenze della sua azione critica.

Traduzione di Bushra Al Said