Trump fa assassinare Soleimani

Enricocampofreda.blogspot.com. Se la follia può orientare la geopolitica la scelta comune di Trump e del Pentagono di uccidere a Baghdad il generale Qassem Soleimani, capo della Forza Al Quds (i reparti d’eccellenza dell’esercito iraniano) e l’uomo di fatto più potente della nazione dopo la Guida Suprema Ali Khamenei, è un passo che aiuta nuove escalation di guerra. Ampliando i conflitti locali già in corso, quelli che da tempo divorano vite inermi in Siria, Yemen e in Iraq. E quelli che si preparano su scenari devastati, come in Libia, dove le truppe di Ankara invaderanno non uno Stato sovrano, bensì una terra diventata di nessuno, ovvero divisa fra uno statista-fantoccio (Fayezal Serraj) e un signore della guerra (Khalifa Haftar) con il benestare della comunità internazionale. Così Trump avrebbe fatto uccidere un uomo-simbolo di una nazione nemica per lanciare una volata lunga sulla Casa Bianca, che l’impeachement subìto potrebbe ostacolare, perlomeno nell’ombra lanciata sul suo ruolo politico. Da baro incallito Trump cerca un recupero usando l’arma che unisce il Paese delle armi e incendia la prateria mediorientale. Ma stavolta non è solo. A decidere che il drone statunitense alzasse la posta con quest’omicidio – definito dal ministro degli Esteri di Teheran “un atto di terrorismo internazionale” che, aggiungono i connazionali, non resterà impunito – ci sono i generali del Pentagono.

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(Photo by Mass Communication Specialist 2nd Class Christopher Gordon/U.S. Navy via Getty Images).