InfoPal. Durante l’escalation militare israeliana a Gaza, è stato ucciso il giornalista Roshdi Sarraj, assassinato il 22 ottobre scorso da una bomba israeliana che ha distrutto la casa in cui viveva con la figlia di un anno, Dania, e la moglie Shurouq. Roshdi era fotoreporter, co-fondatore di Ain Media, e ha sempre narrato ciò che accadeva nella sua terra dal 2012.
Nella prima settimana di guerra, Roshdi Sarraj e la sua famiglia erano stati costretti ad abbandonare il loro appartamento a causa dei gravi danni subiti in seguito ai bombardamenti. Si erano trasferiti nella casa di famiglia nel quartiere di Tel al-Hawa a Gaza, ma neanche lì, evidentemente, erano al sicuro.
Dopo il bombardamento sono stati estratti dalle macerie tutti i familiari del fotoreporter ancora vivi. Tutti tranne lui. E’ stato portato in ospedale, ma una volta lì i medici ne hanno constatato la morte.
“Gli importava della verità”, ha raccontato Yahya al-Sarraj, padre di Roshid e sindaco di Gaza, ai microfoni di Al Jazeera, “dall’inizio della guerra, ha aiutato a estrarre le persone da sotto le macerie a mani nude, tra cui due ragazze con handicap fisici”. Roshid si era inoltre rifiutato di dirigersi a sud di Gaza e di lasciare il nord, dove c’erano la sua casa e la sua famiglia. “L’unico modo per costringermi a lasciare Gaza sarà andare in paradiso” aveva scritto il 13 ottobre su Facebook.
A ricordarlo è stata la scrittrice e volontaria Gianna Pasini che è stata in contatto con lui via Messenger fino a giovedì pomeriggio, per poi non saperne più nulla.
Roshdi è stato il giornalista videomaker che aveva prodotto il video, commissionato dalla stessa Gianna Pasini, sui “bambini farfalla” di Gaza, bambini affetti da epidermolisi bollosa (Eb), rara malattia genetica che provoca bolle e lesioni in corrispondenza della pelle e delle mucose interne. Il video viene tuttora usato dalla scrittrice durante le presentazioni del suo libro “Storia di una bambina farfalla di Gaza”.
Il 10 ottobre aveva scritto alla Pasini, dopo i bombardamenti a Gaza, “Pray for us. Keep stand with gaza. We die”. Dopo una settimana, la tragica notizia.
Era collega e amico del videomaker Yaser Mourtaja, ammazzato da un cecchino dell’esercito israeliano nel 2018 durante la copertura delle informazioni sulla “Marcia del Ritorno”.
L’immane tragedia di Gaza si allarga come cerchi nell’acqua e colpisce anche i giornalisti palestinesi in quanto voci fuori dal coro in una narrazione che vede Israele come l’unica “vittima”.