Ucraina e la promessa di entrare nella NATO

Di Lorenzo Poli. In questi giorni molti giornalisti mainstream si scannano in diretta tv sul fatto se l’Ucraina entrerà a far parte della NATO. Altri, addirittura, hanno dichiarato che la voce che l’Ucraina possa entrare a far parte della NATO sia una diceria al limite della “fake news”, ma dimenticano un particolare storico.

Il 6 febbraio 2019 la Macedonia del Nord firma il protocollo di adesione alla NATO come 30° membro e il 7 febbraio 2019 l’Ucraina ha incluso nella propria Costituzione l’impegno a entrarvi ufficialmente e, allo stesso tempo, anche nell’Unione Europea.

La proposta era stata avanzata dall’allora presidente Petro Poroshenko, oligarca arricchitosi con il saccheggio delle proprietà statali, ed il parlamento di Kiev approvò (con 334 voti contro 35 e 16 assenti) gli emendamenti in tal senso della Costituzione.

Il Preambolo enunciava “il corso irreversibile dell’Ucraina verso l’integrazione euro-atlantica”. Gli Articoli 85 e 116 dell’emendamento decretavano che compito fondamentale del parlamento e del governo è “ottenere la piena appartenenza dell’Ucraina alla NATO e alla UE”.

L’Articolo 102 stabilisce che “il presidente dell’Ucraina è il garante del corso strategico dello Stato per ottenere la piena appartenenza alla NATO e alla UE”.

Fin da subito, i più attenti analisti geopolitici, hanno affermato che l’inclusione nella Costituzione ucraina dell’impegno a entrare ufficialmente nella NATO avrebbe comportato conseguenze gravissime nel medio tempo.

Come scrisse Manlio Dinucci: “Sul piano interno, vincola a tale scelta il futuro dell’Ucraina, escludendo qualsiasi alternativa, e mette di fatto fuorilegge qualsiasi partito o persona si opponga al ‘corso strategico dello Stato’. Già oggi la Commissione elettorale centrale impedisce a Petro Simonenko, esponente del PC di Ucraina, di partecipare alle elezioni presidenziali di marzo. Il merito di aver introdotto nella Costituzione l’impegno a far entrare ufficialmente l’Ucraina nella Nato va in particolare al presidente del parlamento Andriy Parubiy”[1].

Poiché la Russia viene accusata dalla Nato di aver annesso illegalmente la Crimea, di aver “violato la sovranità dell’Ucraina” avendo riconosciuto le Repubbliche Popolari di Doneck e Lugansk e di condurre azioni militari contro l’Ucraina, se questa entrasse ufficialmente nella NATO, gli altri 30 membri della Alleanza, in base all’Art. 5, dovrebbero «assistere la parte attaccata intraprendendo l’azione giudicata necessaria, compreso l’uso della forza armata». In altre parole: diventando l’Ucraina un Paese NATO, qualora venisse attaccato dalla Russia, tutti dovremmo entrare in guerra contro la Russia. In sostanza sarebbe un “nuovo Afghanistan” con l’unica premessa che non sarebbe una guerra in violazione del diritto internazionale e non sarebbe una guerra “out of area” condotta dalla NATO.

In tutto ciò c’è da aggiungere che, come ci ricorda Manlio Dinucci, dal 1991 al 2014, secondo il Servizio di ricerca del Congresso USA, gli Stati Uniti hanno fornito all’Ucraina assistenza militare per 4 miliardi di dollari, cui si sono aggiunti oltre 2,5 miliardi dopo il golpe del 2014, più oltre un miliardo fornito dal Fondo fiduciario NATO al quale partecipa anche l’Italia. Questa è solo una parte degli investimenti militari fatti dalle maggiori potenze della NATO in Ucraina: armi che sono state usate contro il Donbass.

“La Gran Bretagna, ad esempio, ha concluso con Kiev vari accordi militari, investendo tra l’altro 1,7 miliardi di sterline nel potenziamento delle capacità navali dell’Ucraina: tale programma prevede l’armamento di navi ucraine con missili britannici, la produzione congiunta di 8 unità lanciamissili veloci, la costruzione di basi navali sul Mar Nero e anche sul Mar d’Azov tra Ucraina, Crimea e Russia” – ha riportato Dinucci[2].

La spesa militare ucraina, che nel 2014 equivaleva al 3% del PIL, è passata al 6% nel 2022, corrispondente a oltre 11 miliardi di dollari. Agli investimenti militari Usa-Nato in Ucraina si aggiunge quello da 10 miliardi di dollari previsto dal piano che sta realizzando Erik Prince, fondatore della compagnia militare privata statunitense Blackwater, ora ridenominata Academy, che ha fornito mercenari alla Cia, al Pentagono e al Dipartimento di stato per operazioni segrete (tra cui torture e assassini), guadagnando miliardi di dollari.

Come si può ben notare, i soldi occidentali per le armi in Ucraina sono arrivati già da molto tempo e da tempo mietono vittime. Si tratta di venti di guerra costanti che, se sfocerebbero nell’entrata dell’Ucraina nella NATO sarebbe la fine, sia per quanto riguarda l’inizio di una guerra mondiale sia per quanto riguarda gli sbilanciamenti dell’equilibrio geopolitico, i quali sancirebbero una palese violazione degli Accordi di Varsavia con un’evidente espansione ad est della NATO.

All’epoca nessuno parlò di queste pericolose implicazioni della modifica della Costituzione ucraina, che addirittura portarono ad un silenzio politico e mediatico sulla vicenda ignorandone i risvolti geopolitici.

(Foto: Limesonline.com).


[1] https://ilmanifesto.it/ucraina-la-nato-nella-costituzione/

[2] https://ilmanifesto.it/la-blackwater-e-nel-donbass-col-battaglione-azov/