Brasilia (Br), 27 agosto.
Di Angela Lano (*)
La Camera dei Deputati del Congresso brasiliano ci accoglie in tutta la vastità dei suoi edifici, nell’area della capitale esclusivamente dedicata alle sedi della presidenza, del governo e del parlamento federali.
Nei corridoi e nelle sale delle commissioni parlamentari è un pullulare di politici in piena attività lavorativa.
Ci rechiamo nel compound delle “Relazioni internazionali”, dove si trovano gli uffici dei molti deputati federali membri della “bancada àrabe”, il nutrito gruppo parlamentare che si occupa dei Paesi arabi e, in particolare, del sostegno alla Palestina.
Molti sono di origine araba (prevalentemente siro-libanesi, e qualche palestinese), ma ciò non costituisce una condizione essenziale. L’importante è l’impegno a migliorare e approfondire le relazioni con il mondo arabo, missione fondamentale nei piani di politica estera brasiliana.
I parlamentari sono cordiali, disponibili e informali – caratteristiche quasi del tutto inusuali per quelli italiani – e ci accolgono con un entusiasmo a noi sconosciuto…
Ci interessa capire quali sono i progetti e le relazioni che il governo brasiliano intrattiene con la Palestina occupata, in quanto questo enorme Paese, un continente per estensione geografica e popolazione, ha da anni assunto, insieme ad altri stati cosiddetti “emergenti”, un importante ruolo politico, economico e strategico internazionale.
“Mio marito è di origine siro-libanese – premette Angela Amin, deputata e rappresentante del gruppo parlamentare arabo -, per questo mi interesso di relazioni con i paesi del Vicino e Medio Oriente. Faccio parte della Commissione per le relazioni con la comunità palestinese in Brasile e all‘estero. Abbiamo organizzato incontri tra parlamentari palestinesi e brasiliani, ma ci sono progetti di scambio con tutto il mondo arabo. In Brasile non ci sono discriminazioni e non percepiamo gli arabi e i musulmani come una minaccia. Inoltre, il nostro gruppo parlamentare è molto solidale con la popolazione palestinese assediata”.
Cos’è e cosa rappresenta la “bancada àrabe”? E’ una specie di lobby?
“E’ un gruppo parlamentare di circa 100 deputati, non è una lobby in senso statunitense. Organizza diverse riunioni all’anno con tutti gli ambasciatori arabi presenti in Brasile e discute di ciò che il parlamento può fare per migliorare le relazioni con quei paesi. La bancada è assolutamente pro-Palestina, ma si occupa di tutta la comunità araba”.
La “Israel-lobby”, molto forte negli Usa e in Europa, non vi boicotta? In Italia, ma non solo, se un parlamentare o un qualsiasi politico osa prendere posizione a favore dei palestinesi, i gruppi di sostegno a Israele insorgono tentando di farlo recedere…
“No, assolutamente qui non succede. La comunità ebraica (molto più piccola di quella siro-libanese), e totalmente integrata nella vita quotidiana del paese, rispetta le posizioni e le scelte degli altri, nonostante sia pro-Israele.
Durante la guerra israeliana contro Gaza, quest’inverno, c’è stato un forte movimento a sostegno dei palestinesi, ma la comunità ebraica non è intervenuta per boicottare. Qui c’è molto rispetto tra le varie comunità. Nessuno osa ostacolare la libertà dell’altro”.
Avete relazioni anche con il governo Hamas?
“Sì. Non abbiamo alcun problema con Hamas. Le nostre delegazioni hanno incontrato anche il governo di Gaza”.
Ma Usa ed Europa, a livello ufficiale, lo boicottano. L’Italia anche. Hamas è nella black list delle “organizzazioni terroristiche”…
“Qui è tutto diverso. Noi non abbiamo questi problemi. Il Brasile è diverso. Noi siamo liberi di rispettare tutti”.
Nilson Mourao è un simpatico e cordiale deputato federale, vice-leader del PT (il partito dei lavoratori, il movimento dell’attuale presidente Luis Ignacio Lula da Silva), membro della Commissione per le relazioni esterne e presidente del gruppo parlamentare arabo-brasiliano, “con focus sulla Palestina”, come ci tiene a precisare.
Nel suo ufficio balzano immediatamente agli occhi le sue foto con Yasser Arafat, una targa che ritrae la Cupola della Roccia, a Gerusalemme, e altre effigi della Palestina.
“Le relazioni tra Brasile e Palestina sono sempre state molto buone, già nel passato – racconta -. Il governo brasiliano si è sempre espresso chiaramente sulla libertà per i palestinesi. Il governo Lula sta portando avanti importanti iniziative per la Palestina. Nel 2004 ha aperto il primo ufficio di rappresentanza brasiliana a Ramallah. Ha inoltre fermamente condannato la guerra israeliana contro Gaza (Piombo fuso, ndr). Il ministro per le relazioni esterne, Souzo Amorin, ha condotto un’operazione umanitaria a Gaza, e ora donerà 10 milioni di dollari all’Onu per la ricostruzione della Striscia bombardata.
Infine, ha concesso un appezzamento di terreno a Brasilia per l’edificazione dell’ambasciata palestinese”.
E nell’ambito prettamente politico, come si manifesta il sostegno alla causa palestinese?
“Sul piano politico difende la soluzione dei due Stati, che prevede il ritiro totale e incondizionato di Israele da tutti i territori palestinesi del ‘67, il ritorno dei profughi e Gerusalemme Est capitale.
Il Brasile ha organizzato due vertici internazionali – il primo a Brasilia, il secondo a Doha – tra paesi arabi e sudamericani. Sono eventi molto importanti per le relazioni tra i due mondi e a livello globale”.
In Palestina purtroppo esistono due governi, quello di Gaza e quello di Ramallah. Quali dei due riconoscete ufficialmente?
“Noi riconosciamo l’Anp guidata dal presidente Mahmoud Abbas, che è la presidenza palestinese. Abbiamo rapporti anche con Gaza. Il Brasile riconosce che per i palestinesi non è possibile raggiungere l’unità nazionale senza la partecipazione di Hamas. Lula ha affermato che tutti gli attori politici, compreso Hamas, devono far parte della coalizione di governo.
Da parte sua, il PT crede che la lotta palestinese sia indebolita dalla divisione interna e che sia necessario ritrovare l’unità”.
Hamas, tuttavia, nel 2006 vinse regolari e trasparenti elezioni, mentre Fatah, rappresentata dalla dirigenza di Ramallah, le perse…
“E’ vero. Io ero là, nel 2006, come osservatore internazionale, e considero un grave errore politico, da parte di Fatah, di Israele, dell’Onu, della Ue e degli Usa aver boicottato l’esito di tali elezioni e non aver voluto riconoscere il governo Hamas nato dalla scelta elettorale dei palestinesi. Solo il popolo ha diritto di scelta. Invece, la comunità internazionale ha isolato ed esasperato Hamas. Questo movimento aveva vinto in modo schiacciante. Una vittoria storica. Io ritengo che chi vince le elezioni debba governare, sarà poi la gente a riconfermare o a rivedere la propria scelta politica. Non spetta agli altri stati interferire…”.
L'attuale situazione politica palestinese è complicata…
“E’ molto grave, ma devono essere i palestinesi stessi a trovare una soluzione”.
Come vede il futuro della Palestina?
“Personalmente sono favorevole alla proposta di Javier Solana: l’Onu convoca una sessione speciale e decreta la creazione dello Stato palestinese sui territori del ‘67, da cui Israele deve ritirarsi totalmente.
Ci vuole una decisione netta delle Nazioni Unite. Così non si può andare avanti: cosa farebbero gli italiani se la Francia decidesse di colonizzare l’Italia? Se nel vostro Paese ci fossero colonie francesi a occupare i vostri territori? E’ quanto avviene in Palestina, e non è più sostenibile”.
(*) Direttore Infopal.it
Foto di A.L. e F.L. per Infopal