Un detenuto palestinese paralizzato agli arti in seguito alle torture subite durante gli interrogatori dell’esercito israeliano

L’avvocato dell’associazione “Nafha” per la difesa dei diritti del detenuto e dell’uomo ha riferito che il detenuto Imad Marwan al-Hotari, della città di Qalqiliyah nella Cisgiordania occupata, è stato sottoposto ad un interrogatorio molto duro, della durata totale di due settimane, che gli ha causato una paralisi parziale del corpo.

Il detenuto al-Hotari ha confermato ieri all’avvocato, durante la visita di questi al centro d’interrogatori “al-Jumlah”, di soffrire di una paralisi alle mani in seguito alla violenza ed alle torture subite, spiegando di non riuscire a scrivere né a trasportare nulla con esse.

Al-Hotari ha chiarito tuttavia che, secondo il medico che l’ha assistito all’ospedale Rampam di Haifa,  questa paralisi durerà solo uno o due mesi, aggiungendo però di continuare ad accusare un forte dolore alla schiena, provocato anch’esso dal tipo di tortura inflittagli dai militari: si tratta dello “Shabah” (fantasma, N. d. T.), che comporta il rimanere seduti su una sedia in posizioni scomode per lunghe ore.

Da parte sua, l’associazione Nafha ha accusato i medici israeliani di collaborare agli interrogatori, e di non informare i detenuti della gravità dei danni arrecati ai loro corpi, che portano al rapido peggioramento della loro salute.

Interrogatori crudeli

L’avvocato della Nafha ha riferito che il detenuto Baher Sulaiman Hawash, della città di Nablus, ha subito anch’egli un interrogatorio militare inumano, durante il quale i militari hanno ricorso anche a percosse sulla faccia e sulle gambe, oltre che allo Shabah, e quindi, secondo la descrizione dello stesso Baher, gli hanno legato le mani stringendogliele al punto tale da fargliene perdere ogni sensibilità.

Lo stesso Hawash ha spiegato all’avvocato di avere problemi alla mano e all’addome, e che chi lo interroga rifiuta di passargli le medicine se non si dichiara colpevole e se non fornisce le informazioni che cercano, e che lui non possiede.

Hawash ha affermato di essere stato trasferito più volte, passando dal centro d’interrogatori al-Maskubiyah al centro Petah Tikva, e quindi alla prigione di Beer Sheva, dov’è rimasto per qualche giorno prima di ritornare al centro Petah Tikva; ha dichiarato inoltre di essere stato sottoposto alla macchina della verità.

 

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