Un medico: “Il supporto psicologico è fondamentale per i Palestinesi di Gaza, ma il vero problema sono l’occupazione, l’assedio”

MEMO. La popolazione di Gaza è vittima di enormi pressioni psicologiche a causa dell’estremo disagio economico, del continuo assedio e di una vita condotta in un luogo sovraffollato. 

Tutto questo è dovuto anche al fatto che Gaza ha affrontato tre conflitti devastanti nell’ultimo decennio. Il dr. Mohamed Altawil, che ha fondato il Palestine Trauma Center (PTC) a Gaza 13 anni fa, ha studiato gli effetti del terrore e dell’ansia tra la popolazione. 

A Gaza Altawil ha constatato la disperata necessità di disporre di ulteriori strutture mediche per far fronte a lesioni e disturbi fisici, ma sottolinea anche l’importanza, di solito non riconosciuta, di trovare nuovi strumenti di supporto per la salute mentale, allo scopo di alleviare i traumi sofferti all’interno delle famiglie. 

Egli attinge alla propria esperienza di bambino a Gaza, negli anni ’80, e alle successive pressioni sulla sua famiglia oggi, per individuare la crescente disperazione e le sfide che le persone dell’enclave devono affrontare giorno dopo giorno. 

“Provengo da una famiglia povera che vive ancora come rifugiata di seconda e terza generazione nella zona centrale di Gaza”, afferma Mohamed, che ora vive nel Regno Unito. “Da bambino ero profondamente consapevole della necessità di libertà e giustizia nel mio paese. Con i miei fratelli, correvo dietro alle auto blindate e ai militari, lanciando pietre e gridando. Un giorno mi hanno sparato e trascinato in prigione, tutto perché ho lanciato pietre contro i soldati”. 

Dopo aver lasciato la casa di famiglia nel campo profughi di Nuseirat a Gaza, Mohamed ha fondato il PTC nel 2007, considerato il primo centro del genere in Palestina e nel mondo di lingua araba. 

È specializzato in servizi psicologici e culturali per la comunità araba e musulmana in Gran Bretagna e oltremare, con particolare attenzione ai traumi, lutti, depressione e ansia. 

“Forniamo servizi medico-psicologici, sociali e specializzati per i Palestinesi della Striscia di Gaza che hanno sofferto e continuano a soffrire per il blocco imposto da Israele ed Egitto. Il nostro lavoro psicologico ha sviluppato metodi di risposta alle emergenze durante i bombardamenti del 2008-2009, 2012 e l’invasione del 2014. Questi vengono ora adeguati per far fronte alla minaccia del virus COVID-19”. 

All’indomani della guerra del 2014, l’OMS ha stimato che fino al 20% della popolazione di Gaza potrebbe aver sviluppato disturbi mentali. Secondo l’UNICEF, oltre 300.000 bambini a Gaza hanno richiesto qualche tipo di assistenza psico-sociale. 

Nell’ultimo anno gli operatori umanitari, compresi i funzionari dell’agenzia per i rifugiati palestinesi delle Nazioni Unite (UNRWA), avvertono di una crisi di salute mentale senza precedenti che si è sviluppata in tutta Gaza, aggravata da un’ondata di violenza e dal taglio dei finanziamenti ai programmi di sostegno essenziali. 

Inoltre, il blocco israeliano che dura da 13 anni ha gravemente ridotto la qualità della vita a Gaza, dove la disoccupazione giovanile si attesta attualmente al 60% e i livelli di povertà sono aumentati dal 30 al 50%. 

Il conflitto in Palestina è molto diverso da quelli che si verificano in altri paesi della regione, poiché ogni bambino di Gaza è cresciuto assistendo a tre offensive israeliane – 2008-2009, 2012 e 2014 – che hanno devastato la Striscia. Secondo Mohamed, i genitori sono stati i soggetti più colpiti. 

“Anche se al centro delle organizzazioni benefiche vi sono principalmente gli anziani, i bambini o le donne”, afferma, “per esperienza personale e professionale, sono i genitori quelli più vulnerabili”. 

“È straziante quando, come madre o padre, ti senti impotente dopo che tuo figlio è stato colpito o ferito e sanguina fino a morire, senza che tu possa fare nulla”. 

Durante un bombordamento, non hai nessun modo di proteggere il bambino terrorizzato che si aggrappa a te. Questa profonda impotenza può rendere i genitori vulnerabili alla disperazione e alla rabbia incontrollata. 

“Riteniamo che le migliori terapie e trattamenti debbano essere messi a disposizione degli abitanti di Gaza che soffrono, non solo a causa dei sintomi di PTSD (Post Traumatic Stress Disorder, ndt), ma anche di una forma di trauma permanente. Abbiamo scoperto che i metodi psico-sociali che incorporano elementi culturali e storici della situazione palestinese possono aiutare la resilienza”. 

Di conseguenza, ha sviluppato la terapia familiare e comunitaria. “Una persona che soffre di PTSD in una famiglia condiziona tutto il resto”, dice, “perché la famiglia è l’anello centrale più efficace nella comunità. L’intervento deve prima occuparsi della famiglia”. 

“Abbiamo psichiatri, assistenti sociali, psicologi e infermieri che utilizzano tutti un metodo multi-sensoriale per affrontare il trauma. Quindi non si tratta soltanto di chiacchierare. Le attività pratiche sono di vitale importanza durante gli interventi, in modo che le persone ne escano fisicamente rafforzate e sufficientemente resistenti per sentire che possono prendersi cura di se stesse e, di conseguenza, prendersi cura della propria famiglia”. 

Vari studi di ricerca che hanno osservato gli effetti della guerra sui bambini palestinesi che vivono nella Striscia di Gaza, hanno concluso che i sintomi di depressione, ansia e PTSD erano evidenti tra i bambini esposti ad eventi significativamente angoscianti, come la distruzione delle loro case di famiglia, la visione della loro famiglia mentre viene assassinata, i bombardamenti e l’arresto di membri della famiglia. 

Gli effetti di questi disturbi sono gravi e possono ostacolare notevolmente il sonno di un bambino, causare mancanza di concentrazione, attacchi di panico, ansia e, forse ancor più inquietante, infondere un costante senso di terrore nei bambini e nei neonati. 

L’attaccamento a genitori e familiari, che Mohamed esplora nella sua ricerca intitolata “Il bambino, la famiglia e la comunità: superare il trauma a Gaza”, è un fattore cruciale nel modo in cui un bambino risponde ad un evento traumatico in guerra o comunque durante un conflitto. 

L’anticipazione dei genitori sull’evento traumatico, la loro reazione mentre si verifica e il modo in cui lo affrontano in seguito, possono aumentare o ridurre sostanzialmente i livelli di DPTS (Disturbo Post Traumatica da Stress, ndt) nei bambini. “Questo è il motivo per cui una comprensione olistica della terapia familiare può alleviare i sintomi di PTDS”, spiega. 

Tuttavia, si tratta di una continua lotta. 

Mohamed afferma che molti malati evitano di chiedere aiuto a causa del mancato riconoscimento della malattia mentale o perché esiste uno stigma associato al trattamento psichiatrico in una società conservatrice. 

“Non tutti possono essere aperti a proposito della necessità di un aiuto psicologico o psicoterapia”, continua Mohamed. “Ma la consapevolezza è migliorata. A poco a poco, sempre più abitanti di Gaza cercano cure perché stiamo attenti a come presentiamo l’idea della terapia. Ci concentriamo su elementi somatici e usiamo il termine supporto“. 

“Sfortunatamente”, ha aggiunto, “questo sostegno può aiutare solo in misura limitata, dal momento che non è possibile per gli psichiatri combattere il problema che sta alla radice di tutto: l’occupazione e l’opprimente blocco israeliano”. 

Mentre riflette sul suo viaggio ormai decennale durante il quale sta affrontando questa depressione collettiva, afferma che l’obiettivo principale del Palestine Trauma Centre è quello di cambiare il significato che le strade di Gaza hanno per i suoi residenti. 

“Le strade di Gaza innescano un’impressione mentale di distruzione, con ricordi che odorano di sangue, membra umane sparse in giro, macerie e caos. Abbiamo attività di strada il venerdì che mirano a trasformare quell’immagine in qualcosa di positivo”. 

“Ogni venerdì, un team di artisti, insieme a terapisti noti come ‘Joy Team’, si recano in diversi campi profughi per intrattenere bambini e famiglie e portarli in strada per giochi, teatro di strada, pagliacci e danza. È un’iniziativa di costruzione della comunità sviluppata per contrastare il trauma che è stata molto apprezzata”. 

I risultati dell’iniziativa sono stati evidenti fin da subito con alcuni genitori che giocavano con i loro bambini per la prima volta, spiega. “I genitori finiscono per divertirsi più dei bambini perché dicono che non sono stati mai abbastanza fortunati da avere qualcosa del genere nella loro infanzia”.

Traduzione per InfoPal di Aisha Tiziana Bravi