Un rapporto sull'”impunità dell’India in Kashmir” rivela la connessione con Israele

Palestine Chronicle. All’inizio di febbraio, le testate giornalistiche indiane hanno riferito di quella che è stata definita una “campagna anti-abbandono” nella valle occupata del Kashmir.

Mentre il Press Trust of India definiva le azioni delle autorità indiane come “recupero” di terreni su cui erano state costruite “strutture illegali”, le notizie provenienti da fonti locali offrivano un quadro diverso.

Siti web di notizie come The Kashmiriyat hanno evidenziato l’impatto di queste sottrazioni di terra sui proprietari di attività commerciali locali, centinaia dei quali perderanno i locali su cui fanno affidamento per guadagnarsi da vivere. Studiosi e commentatori kashmiri, come Mohamed Junaid, sono inequivocabili nell’analizzare questo processo: un “disastro” messo in atto dallo “Stato coloniale dei coloni”.

Analogamente a quanto accade nella Palestina occupata, i kashmiri hanno visto usare contro di loro il concetto coloniale di “terre statali” come parte di un regime di permessi che cerca, ironia della sorte, di considerare le comunità indigene come occupanti illegali della loro stessa terra, che dovrebbe in realtà appartenere allo Stato occupante secondo tale regime.

Gli osservatori e i testimoni della confisca e dell’espropriazione perpetua della terra palestinese da parte dello Stato israeliano non tarderanno a notare quanto simili siano le pratiche messe in atto da entrambe le potenze coloniali. Mentre i leader e gli attivisti della resistenza kashmira hanno a lungo fatto analogie tra la loro resistenza e quella dei palestinesi, negli ultimi decenni l’occupazione indiana delle loro terre ha accelerato, finendo per assomigliare fortemente al modello israeliano di colonialismo dei coloni.

I kashmiri, secondo l’accademico Ather Zia, “salutano la lotta della nazione palestinese contro l’occupazione della sua terra come iconica, pionieristica e faro per le giuste lotte per il diritto all’esistenza altrove”. 

In effetti, Hilal Mir sottolinea come il leader della resistenza kashmira in esilio, Muhammad Farooq Rahmani, scrive nel suo libro in urdu “Azadi ki Talaash: Kashmir ki Jidojihad, Manzil ba Manzil” (“Ricerca della libertà: la lotta del Kashmir, destinazione per destinazione”) che un uomo è morto per una ferita da arma da fuoco a Srinagar e un altro ha subito una ferita da arma da fuoco alla gamba, a Sopore, nella zona settentrionale del Kashmir, durante le diffuse proteste in molti distretti nell’agosto 1969″ all’indomani dell’attacco di Denis Michael Rohan alla moschea di Al Aqsa. 

Più recentemente, le autorità indiane hanno iniziato a prendere atto del peso effettivo e del significato strategico dell’analogia tra le sofferenze dei palestinesi e quelle dei kashmiri. Ad esempio, Azad Essa, nel suo libro Hostile Homelands: The New Alliance Between India and Israel, descrive come il governo indiano abbia mobilitato una serie di tattiche, nel 2011, per intimidire il personale di Al Jazeera dopo che l’emittente aveva pubblicato un articolo intitolato Kashmir: la Palestina dell’Asia meridionale.

Dieci anni dopo, mentre i palestinesi di tutta la Palestina storica protestavano uniti contro l’invasione di Israele a Sheikh Jarrah e in altri quartieri palestinesi, Sarjan Barkati, un religioso del Kashmir, è stato arrestato per aver incluso una preghiera sulla Palestina nel suo sermone dell’Eid e per aver “(lodato) il coraggio del popolo palestinese”. 

In una serie di tweet pubblicati nello stesso periodo dalla polizia della zona del Kashmir si legge che “la polizia del J&K sta tenendo sotto stretto controllo gli elementi che cercano di sfruttare l’incresciosa situazione in Palestina per disturbare la pace e l’ordine pubblico nella valle del Kashmir”.

Tenendo conto di questi parallelismi e punti di connessione, il Legal Forum for Kashmir ha redatto un rapporto sulle misure di sorveglianza e controinsurrezione adottate dalle autorità indiane in Kashmir.

Il rapporto è un progetto di ricerca collaborativo/congiunto di ricercatori anonimi kashmiri e palestinesi.

Sebbene non si limiti ad affrontare i punti di connessione e le somiglianze, il rapporto fa riferimento a diverse aree in cui l’esperienza vissuta dai kashmiri sotto la colonizzazione indiana assomiglia a quella dei palestinesi sotto colonizzazione israeliana. Ad esempio, il rapporto parla dell’uso da parte dell’India del software Pegasus, prodotto dalla società israeliana di cyberspionaggio NSO, per spiare 25 cittadini kashmiri, tra cui leader politici e religiosi, attivisti, giornalisti e coloro che lavorano a stretto contatto con loro.

Questo rapporto è importante perché dimostra l’arsenale di tattiche di sorveglianza e controinsurrezione che hanno un impatto sui civili che vivono sotto il dominio coloniale, creando al contempo collegamenti tra le esperienze di colonialismo (dei coloni) ormai collegate in tutto il mondo.

Man mano che Israele e l’India rafforzano la loro alleanza reciproca e radicano i rispettivi progetti coloniali nei circuiti globali del potere e dell’influenza politica ed economica, la necessità di documentazione e analisi come quelle incluse in questo rapporto non potrà che aumentare di importanza e urgenza.

(Foto: l nuovo rapporto sull’impunità dell’India in Kashmir. Copertina del rapporto, Supplied).

Traduzione per InfoPal di Chiara Parisi