Una docente universitaria sostiene che i testi scolastici israeliani contengono pregiudizi.

Riceviamo e pubblichiamo.

Una docente universitaria sostiene che i testi scolastici israeliani contengono pregiudizi.

Nurit Peled-Elhanan, dell’Università ebraica, dice che i testi scolastici dipingono i Palestinesi come “terroristi, rifugiati e contadini primitivi”.

Harriet Sherwood a Jérusalem

The Observer, Domenica 7 agosto 2011

Nurit Peled-Elhanan, una docente israeliana, madre, su posizioni politiche radicali, evoca un’immagine di  schiere di scolari ebrei, chini sui loro libri, mentre apprendono notizie sui loro vicini, i Palestinesi. Ma, afferma, non ci si riferisce mai a loro come a Palestinesi, a meno che il contesto sia il terrorismo.

Vengono chiamati Arabi. “L’Arabo con un cammello, vestito da Ali-Babà. Vengono descritti come vili, devianti e criminali, gente che non paga le tasse, gente che vive a spese dello Stato, gente che non vuole svilupparsi”, dice. “Sono rappresentati soltanto come rifugiati, come contadini primitivi e come terroristi. Non si vede mai un bambino o un dottore, un insegnante, un ingegnere, un contadino moderno palestinese”.

Peled-Elhanan, docente di lingua e educazione all’Università ebraica di Gerusalemme, ha studiato il contenuto dei testi scolastici israeliani negli ultimi cinque anni, e il suo rapporto, “La Palestina nei testi scolastici israeliani: ideologia e propaganda nell’educazione”, sarà pubblicato in Gran Bretagna questo mese. Ella descrive ciò che considera razzismo – ma anche di più – un razzismo che prepara i giovani Israeliani al loro servizio militare obbligatorio.

“Le persone non sanno davvero che cosa leggano i loro figli nei testi scolastici”, dice. “Una questione che inquieta molti è come spiegare il comportamento crudele dei soldati israeliani verso i Palestinesi, una indifferenza alla sofferenza umana, il fatto di infliggere sofferenze. Qualcuno domanda come questi gentili ragazzi e ragazze ebrei diventino dei mostri una volta che hanno indossato l’uniforme. Io credo che la ragione principale sia l’educazione. Così, ho voluto capire come i testi scolastici rappresentino i Palestinesi”.

In “centinaia e centinaia” di libri, essa sostiene di non aver trovato una sola foto che illustri un Arabo come una “persona normale”.  La scoperta più importante nei libri che ha studiato – tutti autorizzati dal Ministero dell’Educazione – riguarda il racconto storico degli avvenimenti del 1948, l’anno in cui Israele ha fatto una guerra per crearsi come Stato indipendente, e centinaia di migliaia di Palestinesi sono fuggiti dal conflitto che ne è seguito.

“L’uccisione di Palestinesi viene descritta come qualcosa di necessario per la sopravvivenza del nascente Stato ebraico – essa afferma – non è che i massacri siano negati, essi sono presentati nei testi scolastici israeliani come qualcosa che a lungo termine è stato un bene per lo Stato ebraico. Per esempio, Deir Yassin (un villaggio palestinese ante-1948 vicino a Gerusalemme) è stato un massacro terribile da parte di soldati israeliani. Nei libri di testo vi si racconta che questo massacro ha dato inizio alla fuga massiccia di Arabi da Israele e ha permesso l’installarsi di uno Stato ebraico con maggioranza ebraica. Quindi, è stato a fin di bene. E’stato forse una sventura, ma, a lungo termine, le conseguenze sono state un bene per noi.”

I ragazzi, essa dice, crescono per servire nell’esercito e interiorizzano il messaggio che i Palestinesi sono “gente di cui si può fare a meno impunemente. E non solo, gente che deve diminuire di numero”.

Peled-Elhanan affronta l’argomento da un punto di vista politico radicale. Essa è la figlia del famoso generale Matti Peled, che si è convinto che l’avvenire di Israele stia in una pace onorevole con i Palestinesi. Dopo aver lasciato l’esercito, è diventato attivo nel movimento per la pace. La famiglia ha pubblicato un manifesto per una soluzione pacifica del conflitto, un manifesto che raffigurava l’unica figlia di Peled-Elhanan, Smadar. Il messaggio era che tutti i bambini meritano un futuro migliore. Nel 1997, Smadar è stata uccisa in un attentato suicida palestinese, mentre faceva commissioni a Gerusalemme. Aveva 13 anni. Peled-Elhanan rifiuta di parlare della morte di sua figlia, salvo qualche riferimento alla “tragedia”.

Allora, aveva detto che quel fatto rafforzava la sua convinzione che senza una soluzione del conflitto e una coesistenza pacifica con i Palestinesi più bambini sarebbero morti. “Attacchi terroristici come questo sono la conseguenza diretta dell’oppressione, della schiavitù, dell’umiliazione e dello stato di assedio imposti ai Palestinesi” aveva detto ai giornalisti della TV, dopo la morte di Smadar.

La sua visione radicale ha avuto un costo dal punto di vista professionale. “Alcuni docenti universitari hanno smesso di invitarmi a tenere conferenze. E quando parlo, la reazione più comune è “Lei è antisionista”. Oggi in Israele, chiunque contesti la narrazione dominante – essa dice- è accusato in questo modo”.

Spera che il suo libro sia pubblicato in ebraico, ma è rassegnata a che sia scartato dal potere politico dominante.

Quando le è stato chiesto se i testi scolastici palestinesi riflettessero anch’essi un certo dogmatismo, Peled-Elhanan ha sostenuto che essi distinguono tra sionisti ed Ebrei. “Fanno ogni volta questa distinzione. Sono contro i sionisti, non contro gli Ebrei.”

Ma ammette che insegnare l’olocausto nelle scuole palestinesi è “un problema, una presa di posizione”. “Alcuni insegnanti (palestinesi) rifiutano di insegnare l’olocausto finché gli Israeliani non insegneranno la Nakba (la “catastrofe” palestinese del 1948)”.

Peled-Elhanan è profondamente pessimista per l’avvenire del suo paese, cosa probabilmente poco sorprendente in chi ha visioni così radicali. Dice che potrà esserci un cambiamento solo quando gli Americani smetteranno di fornire un milione di dollari al giorno per mantenere questo regime di occupazione, razzismo e supremazia.

Ha detto che all’interno di Israele vede “solo la strada aperta verso il fascismo. Ci sono 5,5 milioni di Palestinesi controllati da Israele che vivono in un’orribile condizione di apartheid, senza diritti civili e umani. E c’è l’altra metà che sono Ebrei, che stanno anch’essi per perdere i loro diritti in ogni momento” con riferimento a vari tentativi di limitare il diritto degli Israeliani di manifestare e di criticare il Governo.

Essa rifiuta la sinistra israeliana, sempre piccola e timida, ma soprattutto adesso. “Non c’è mai stata una vera sinistra in questo paese”. Crede che il sistema educativo contribuisca a perpetuare uno Stato ingiusto, non democratico e non durevole. Tutto quello che fanno, dall’asilo alla fine delle scuole superiori, è di nutrirsi in ogni maniera, con la letteratura e i canti e le vacanze e i divertimenti, di queste idee patriottiche scioviniste.

 * Questo articolo è stato rettificato il 7 agosto 2011. Il manifesto che raffigura Smadar, la figlia di Nurit Peled-Elhanan, la cui concezione era stata attribuita a Matti Peled, in realtà è stato elaborato dal padre Rami Alhanon.

 

 

 

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