Una testimone scampata all’esecuzione: decine di detenuti uccisi davanti ai miei occhi

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Gaza – Infopal. Il Centro Palestinese per la Difesa dei Detenuti ha confermato che le forze di occupazione israeliane, durante l’ultima aggressione contro la Striscia di Gaza, durata 23 giorni, hanno deliberatamente commesso crimini di guerra ai danni di decine di detenuti palestinesi.

In un suo rapporto, il Centro ha sottolineato come le testimonianze dei sopravvissuti confermino le sue tesi a riguardo: eliminazione fisica di detenuti ai quali spetta lo status di “detenuti di guerra”; violazione degli accordi e dei trattati internazionali da parte delle forze di occupazione, che non li hanno considerati come detenuti di guerra, ma li hanno giustiziati, insieme a bambini di pochi mesi, donne e civili.

 


La testimonianza di Maisa as-Sammuni

Maisa Fawzi as-Sammuni, una ragazza di 19 anni residente nel quartiere az-Zaitun, a sud della città di Gaza, ha riferito che i soldati l’hanno presa con la sua bambina di nove mesi, insieme ad alti trenta membri della sua famiglia, e li hanno messi in casa di un loro parente. Ha poi così proseguito: «I soldati ci hanno ordinato di seguirli in casa di Wael as-Sammuni, di 40 anni, la cui abitazione è di circa 200 metri quadrati. All’inizio eravamo trenta, poi siamo diventati settanta. Siamo rimasti fino al giorno dopo senza acqua né cibo. La mattina seguente, più o meno alle sei, i soldati hanno sparato contro le persone che cercavano di lasciare il posto. Dopo pochi istanti, un carro armato israeliano ha sparato una bomba contro la casa. Quando è caduta la bomba mi sono buttata in terra, sopra la mia bambina. Si sono sollevati fumo e polvere, io sentivo grida e pianti. Quando la polvere è calata, mi sono guardata intorno e ho visto dalle venti alle trenta persone morte e una ventina di feriti».

La ferita di Maisa è leggera, ma ha detto di aver perso suo marito, i suoi suoceri e altri sette parenti di primo grado. La sua bambina di nove mesi ha perso invece tre dita.

La Commissione Internazionale della Croce Rossa ha accusato l’esercito israeliano di aver ostacolato l’arrivo dei soccorritori ad az-Zaitun, impedendo alle sue ambulanze di raggiungere diverse case nel quartiere – dove sono stati uccisi i detenuti palestinesi.

La Commissione Internazionale ha riferito che i suoi soccorritori hanno assistito 18 feriti e prelevato 12 cadaveri da una casa del quartiere, giudicando inaccettabile «il ritardo nel concedere il permesso ai soccorritori di raggiungerli». Ha quindi definito la scena «scioccante».

Le Nazioni Unite, da parte loro, hanno dichiarato che l’esercito israeliano ha ucciso, in un bombardamento, 30 civili tra i 110 cittadini palestinesi raccolti in una sola abitazione nella città di Gaza. Nafi Bilai, delegata per i diritti umani, ha invitato a effettuare «indagini indipendenti e credibili» sulle violazioni delle leggi internazionali per i diritti dell’uomo.

L’ufficio delle Nazioni Unite che coordina le attività umanitarie ha fatto sapere in un comunicato che, secondo tutte le testimonianze, i soldati israeliani «il quattro gennaio hanno riunito 110 cittadini palestinesi, di cui metà bambini, in una sola casa del quartiere az-Zaitun e hanno ordinato loro di rimanerci dentro».

 


L’episodio più grave

Il comunicato prosegue: «Dopo 24 ore le forze di occupazione israeliane hanno bombardato la casa più volte, intenzionalmente, uccidendo 30 persone. Quelli che si sono salvati, sono riusciti a camminare per due chilometri, raggiungendo la via Salah Iddin, da dove sono stati trasferiti negli ospedali con macchine private. Un bimbo di soli cinque mesi è morto appena giunto in ospedale». Nel comunicato si afferma che «è l’episodio più grave dall’inizio dell’aggressione israeliana contro la Striscia di Gaza, il 27 dicembre 2008».

 

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