UNCTAD: COVID-19, le misure di occupazione israeliana devastano l’economia in frantumi della Palestina

Ginevra-Wafa. Il COVID-19 e le misure messe in atto dall’occupazione israeliana hanno aggravato le già terribili condizioni economiche nei Territori Palestinesi Occupati (oPt), secondo l’ultimo rapporto dell’UNCTAD.

La pandemia ha colpito in un momento particolarmente angosciante per la Palestina. Già prima che si diffondesse il Covid-19, le previsioni per l’economia palestinese nel 2020 e 2021 erano fosche, con il PIL pro capite previsto in diminuzione dal 3% al 4,5%.

Erano presenti alti tassi di povertà e disoccupazione e il PIL pro capite è diminuito per il terzo anno consecutivo mentre l’economia palestinese ha continuato a scivolare nel 2019 e nella prima metà del 2020, afferma il rapporto.

Nel 2019 il PIL reale era cresciuto di meno di un punto percentuale, non migliore dei due anni precedenti. La Cisgiordania ha registrato il suo tasso di crescita più basso dal 2012 (1,15%), mentre la crescita di Gaza è stata praticamente nulla poiché non è riuscita a riprendersi dalle due contrazioni consecutive del PIL del -7,7% e -3,5% rispettivamente nel 2017 e nel 2018.

L’UNCTAD valuta e riferisce regolarmente sui costi economici dell’occupazione israeliana per il popolo palestinese, come richiesto da diverse risoluzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Le restrizioni e la perdita di risorse fiscali continuano a minare l’economia palestinese. L’UNCTAD aveva stimato al 3,7% del PIL o al 17,8% del gettito fiscale totale la perdita annuale di risorse fiscali palestinesi a favore del Tesoro israeliano.

Inoltre, nel marzo di quest’anno è stata introdotta una nuova detrazione annuale di 144 milioni di dollari dai proventi dei gettiti fiscali palestinesi, equivalente ai pagamenti effettuati dall’Autorità nazionale palestinese (ANP) alle famiglie dei palestinesi nelle carceri israeliane o uccisi in attacchi o presunti attacchi contro israeliani.

La situazione di stallo fiscale pesa enormemente sull’economia e limita la crescita del PIL. L’impatto della perdita fiscale a favore dell’occupazione è stato aggravato dal sostanziale calo del sostegno dei donatori all’ANP. Il sostegno al bilancio dei donatori è sceso dal 32% del PIL, nel 2008, al 3,5% nel 2019.

Le misure imposte da Israele, il calo del sostegno dei donatori e il conseguente scarso rendimento economico hanno portato a un significativo deterioramento delle condizioni socioeconomiche nei Territori palestinesi occupati, osserva il rapporto.

Il tasso di disoccupazione, a livello di depressione, è aumentato dal 31%, nel 2018, al 33%, nel 2019, mentre il livello di povertà è passato dal 25,8% al 29,2% tra il 2011 e il 2017 e da allora è peggiorato.

A Gaza, l’80% della popolazione dipende da un’assistenza internazionale instabile, è carente dal punto di vista della sicurezza alimentare, delle risorse igieniche, dell’assistenza sanitaria, dell’elettricità e dell’acqua potabile.

Le misure di blocco per controllare il COVID-19, da quando è stato segnalato negli oPt, all’inizio di marzo, hanno avuto gravi implicazioni fiscali. Appena un mese dopo lo scoppio, le entrate raccolte dall’ANP dal commercio, dal turismo e dai trasferimenti sono scese ai livelli più bassi degli ultimi 20 anni.

L’impatto fiscale è accentuato dalla spesa aggiuntiva per la salute, il benessere sociale e il sostegno al settore privato resa necessaria dalla pandemia.

Inoltre, l’economia palestinese è fortemente dipendente dai trasferimenti ufficiali e privati. Entrambi, tuttavia, dovrebbero diminuire all’indomani della pandemia. Si prevede che il sostegno dei donatori nel 2020 scenderà a circa 266 milioni di dollari, il più basso in oltre un decennio.

Varie stime sul costo della pandemia indicano una perdita economica compresa tra il 7% e il 35% del PIL, a seconda delle ipotesi di previsione sulla gravità e la durata della stessa. Le entrate fiscali dovrebbero crollare in tandem con il PIL.

Sotto l’occupazione, l’ANP non dispone dello spazio politico e degli strumenti di politica economica per affrontare l’enorme sfida posta dalla pandemia. Non ha accesso a prestiti esterni, nessuna valuta nazionale, nessuna politica monetaria indipendente e nessuno spazio fiscale.

“La comunità internazionale dovrebbe raddoppiare con urgenza il sostegno al popolo palestinese per consentirgli di far fronte alle ricadute economiche della pandemia. Non c’è alternativa al sostegno dei donatori per garantire la sopravvivenza dell’economia palestinese”, ha dichiarato il Segretario generale dell’UNCTAD, Mukhisa Kituyi.

Il rapporto evidenzia la situazione delle donne palestinesi sotto occupazione. Sostiene che le dinamiche dell’occupazione influenzano i gruppi demografici e regionali in modi diversi, con le donne, i giovani e Gaza che soffrono maggiormente.

Sotto occupazione, il settore agricolo è diminuito con la continua perdita di terra e acqua. La sua quota nel PIL è scesa dal 35% nel 1972 al 4% negli ultimi anni.

Le donne palestinesi hanno pagato il costo più alto, poiché il declino del settore agricolo le ha private di opportunità nel loro settore tradizionale di occupazione, senza che emergano alternative nell’era post-occupazione.

Inoltre, le donne sono influenzate in modo diverso da altre pratiche occupazionali come la demolizione di case e le barriere alla circolazione, che limitano la loro partecipazione all’istruzione e al mercato del lavoro.

In alcune zone, i genitori esitano a mandare le bambine a scuola in modo permanente o durante le crisi di sicurezza. Ciò si traduce in una bassa frequenza e alti tassi di abbandono. Gli effetti cumulativi espongono le donne a un rischio maggiore di povertà ed emarginazione.

Colonie israeliane. Alla fine del 2018, c’erano 150 insediamenti e 128 avamposti in Cisgiordania che, secondo le risoluzioni 2334 e 476 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, costituiscono flagranti violazioni del diritto internazionale.

Il rapporto UNCTAD avverte che l’incombente annessione de jure degli insediamenti da parte della potenza occupante, se dovesse procedere, darebbe un colpo devastante alla soluzione dei due Stati e minerebbe le prospettive di pace nella regione.

Nel 2019 e all’inizio del 2020, la potenza occupante ha accelerato la costruzione di insediamenti anche se sono illegali secondo il diritto internazionale.

Demolizioni. Per fare spazio all’espansione degli insediamenti, il regime israeliano di “zonizzazione e pianificazione” rende quasi impossibile per i palestinesi ottenere i permessi per costruire nella propria terra per qualsiasi scopo. I palestinesi sono così costretti a costruire senza permesso con il rischio di demolizioni punitive a proprie spese.

Nel 2019 Israele ha demolito o sequestrato 622 strutture palestinesi in Cisgiordania, di cui 127 destinate all’assistenza umanitaria.

La demolizione è un’esperienza traumatica che si traduce in povertà, sfollamento, perdita di alloggi, separazione familiare, disagio psicologico e privazione dei servizi di base come l’assistenza sanitaria e l’istruzione.

Nel frattempo, dal 2000 al 2019, più di 1 milione di alberi produttivi palestinesi sono stati distrutti dall’occupazione.

Traduzione per InfoPal di Alice Conte.