Vertice (americano) arabo in Arabia saudita.

Da www.ilmanifesto.it del 28 marzo

Vertice (americano) arabo in Arabia saudita
La Lega araba si riunisce oggi a Riyadh marcata stretta dalla signora Rice. Palestina-Israele al primo punto. Posizioni ferme su confini e profughi. Ma…

Michele Giorgio
Il vertice arabo che si apre oggi a Riyadh non passerà alla storia per aver cancellato la risoluzione 194 dell’Onu che sancisce il diritto al ritorno nei luoghi di origine per i profughi palestinesi della guerra del 1948. La bozza di risoluzione riferita ieri dalla stampa ribadisce la legittimità di quel diritto che Usa e, soprattutto, Israele hanno tentato far eliminare dal testo della risoluzione finale del summit.
Non solo, ma ribadisce che la strada che porta alla soluzione del conflitto in Medio Oriente passa per l’accettazione da parte del governo di Ehud Olmert della iniziativa araba del 2002, ovvero per il ritiro totale dello Stato ebraico dai territori siriani (Golan) e palestinesi che ha occupato nel 1967, in cambio della pace con l’intero mondo arabo. Afferma anche che la parte araba di Gerusalemme sarà la capitale dello Stato di Palestina che non potrà avere confini «provvisori», come vorrebbero americani e israeliani.
La fermezza espressa nella bozza troverà, a meno di clamorose sorprese dell’ultima ora, conferma nel testo della risoluzione finale. Si tratta però solo di dichiarazioni perché sul terreno le cose potrebbero andare in una direzione diversa, alla luce degli interessi contrastanti tra i leader arabi. Sta peraltro emergendo la volontà degli alleati più stretti di Washington di prendere le redini della situazione e di parlare e agire a nome dell’intero mondo arabo. Prende corpo l’ipotesi di formare un «comitato ministeriale» – incaricato di avviare negoziati – in cui la parte del leone la farà il cosiddetto Quartetto arabo (Egitto, Giordania, Arabia saudita ed Emirati), che si muoverà in pieno coordinamento con il Quartetto sul Medio Oriente (Usa, Russia, Onu, Ue). L’amministrazione Bush quindi avrà un controllo ancora più ampio del Medio Oriente, anche se gestito meno in prima persona e più attraverso i suoi alleati.
L’amministrazione Bush allo stesso tempo ha bisogno di qualche risultato, anche simbolico, per poter affermare di aver riavviato il suo «impegno per la pace» e il segretario di Stato Condoleezza Rice ritiene di aver raggiunto l’obiettivo con l’annuncio fatto ieri a Gerusalemme che il premier israeliano Olmert e il presidente palestinese Abu Mazen si sono messi d’accordo per incontrarsi ogni due settimane, al fine di discutere di questioni «quotidiane», ma anche di «prospettive politiche» per un futuro accordo di pace. Una fonte governativa israeliana ha però precisato che il governo Olmert accetterà di discutere di temi importanti – come i confini del futuro Stato di Palestina – solo quando sarà liberato il caporale Gilad Shalit (da giugno in mani palestinesi).
Con la questione palestinese in primo piano, oggi a Riyadh gli altri temi scottanti sul tappeto – Libano, Iraq e l’Iran – avranno inevitabilmente meno attenzione.

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